{"id":6928,"date":"2008-09-12T00:00:00","date_gmt":"2008-09-12T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=6928"},"modified":"2015-06-18T15:08:37","modified_gmt":"2015-06-18T13:08:37","slug":"nella-croce-e-la-nostra-salvezza","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/nella-croce-e-la-nostra-salvezza\/","title":{"rendered":"Nella Croce \u00e8 la nostra salvezza"},"content":{"rendered":"
Dovette apparire strano, scandaloso, addirittura macabro, nei primi secoli della nostra \u00e8ra, che la nuova religione cristiana adottasse come segno distintivo la croce, da tutti conosciuta come il pi\u00f9 crudele strumento di morte. Farebbe meno impressione se oggi una religione prendesse come vessillo una forca da impiccati, con tanto di cappio. Di questa strana anomalia troviamo un’eco nella Prima lettera di Paolo ai cristiani di Corinto: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, pazzia per i pagani”(1 Cor<\/em> 1,23). Per noi la croce \u00e8 ormai divenuta un ornamento, quando non un ciondolo d’oro da esibire anche sul petto di chi non ci crede affatto. Quanti calvari ha cambiato la nostra croce lungo i secoli! Quanti eserciti ha guidato, non solo nella terra dove fu piantata, ma anche tra le nazioni cristiane, per combattere e sterminare fratelli di fede!<\/p>\n I primi cristiani l’avevano scelta come segno di vita, ma ritorn\u00f2 presto ad essere segno di morte anche nella storia cristiana. Con la festa di oggi la riscopriamo come strumento insostituibile della nostra salvezza, perci\u00f2 parliamo di “esaltazione”. Cos\u00ec l’aveva vista Ges\u00f9, che la imporpor\u00f2 del suo sangue con una morte straziante. Giovanni ce ne spiega la ragione nel brano del Vangelo di oggi. Siamo riportati a Gerusalemme, nella notte in cui un timido fariseo, di nome Nicodemo, autorevole membro del Sinedrio, and\u00f2 a trovare Ges\u00f9 per conoscere meglio la sua dottrina cos\u00ec originale. Ges\u00f9 lo accolse con simpatia e amicizia e gli spieg\u00f2 che per entrare nel regno di Dio, da lui annunciato, bisognava nascere un’altra volta. S\u00ec, bisognava nascere per opera dello Spirito santo nel battesimo; questo consentiva di cambiare il modo di pensare umano, grazie alla fede nelle sue parole: “Quel che \u00e8 nato dalla carne \u00e8 carne, quel che \u00e8 nato dallo Spirito \u00e8 spirito” (3,6).<\/p>\n La logica umana cio\u00e8 non basta, bisogna accettare il modo di pensare di Dio. L’insegnamento di Ges\u00f9 non \u00e8 una filosofia inventata dagli uomini, \u00e8 una rivelazione portata dal cielo, e siccome “nessuno \u00e8 mai salito in cielo, fuorch\u00e9 il Figlio dell’uomo che \u00e8 disceso dal cielo”, l’uomo deve impararla da lui. Egli \u00e8 venuto da Dio per annunciarla, viverla e spiegarla agli uomini. Si tratta del progetto che Dio ha concepito per la salvezza del mondo, progetto che Egli aveva gi\u00e0 annunciato nell’Antico Testamento con parole e segni profetici. Paolo lo spiegher\u00e0 in maniera quasi brutale, cos\u00ec: “Dio ha dimostrato stolta la sapienza di questo mondo. Poich\u00e9 infatti nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, \u00e8 piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. Mentre i giudei chiedono i miracoli e i greci cercano la filosofia, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani” (1 Cor<\/em> 1,21-23).<\/p>\n Il Ges\u00f9 di Giovanni aveva espresso questo concetto con un esempio tratto della Bibbia ebraica, pi\u00f9 adatto a far capire a Nicodemo e ai giudei, primi destinatari del messaggio, lo scandalo di cui parla Paolo: “Come Mos\u00e8 innalz\u00f2 il serpente nel deserto, cos\u00ec bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo”. L’episodio ci \u00e8 raccontato nel libro dei Numeri<\/em> (21,4-9) come abbiamo sentito nella prima lettura di oggi. Mos\u00e8 fece innalzare una specie di stendardo in cui la figura del serpente, strumento di morte, diventava segno di vita. Gli ebrei dell’Esodo si erano portati dietro quel trofeo e lo avevano collocato nel tempio di Salomone come ricordo e ammonimento; fu distrutto dal re Ezechia nel 716 a.C., perch\u00e9 era diventato una specie di totem, davanti al quale si bruciava incenso (2 Re<\/em> 18,4).<\/p>\n Giovanni utilizza quel simbolo tipologico per dire tre cose: per indicare la decisione misteriosa di Dio, l’elevazione di Ges\u00f9 sulla croce e la sua potenza salvatrice. Il paragone sta tutto qui: la crocifissione annunciata da Ges\u00f9 \u00e8 vista come “elevazione” che dona salvezza, secondo un preciso disegno di Dio che deve attuarsi. La croce \u00e8 considerata come “elevazione” di Cristo, perch\u00e9 da qui ha inizio il suo dominio salvifico sul mondo. Lo ripeter\u00e0 ancora pi\u00f9 chiaramente lo stesso Ges\u00f9 alla vigilia della sua passione: “Ora \u00e8 il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sar\u00e0 cacciato fuori. Io, quando sar\u00f2 elevato da terra, attirer\u00f2 tutti a me” (Gv<\/em> 12,31). Non bisogner\u00e0 aspettare la risurrezione per vincere lo scandalo della croce: il trionfo di Ges\u00f9 \u00e8 gi\u00e0 nella sua morte di croce, che manifesta tutto il suo potere salvifico. \u00c8 l’ora fissata dal Padre per il passaggio doloroso dal mondo al cielo (Gv<\/em> 13,1), l’ora in cui si manifesta tutta la sua gloria di salvatore del mondo, perch\u00e9 “chiunque crede in lui ha la vita eterna”.<\/p>\n La vita divina racchiusa in lui ci viene donata, alla maniera di quella del chicco di grano che muore nella terra per dare esistenza alla spiga; qui la morte \u00e8 condizione indispensabile di vita (Gv<\/em> 12.23-24). Questo messaggio ha la sua radice nell’incomprensibile amore che il Padre nutre nei confronti del mondo: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito”. Egli colma in questo modo l’abisso aperto dal peccato tra Lui e l’uomo. Giovanni lo ripete nella sua Prima lettera: “Dio \u00e8 amore! In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma \u00e8 lui che ha amato noi per primo, e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv<\/em> 4,10). La croce ha la sua ultima ragione nell’amore che Dio ha per il mondo. Non poteva dare di pi\u00f9. Qualunque padre o madre darebbe la propria vita al posto di quella del figlio. Dio, che non poteva morire, ha dato di pi\u00f9: ha fatto diventare uomo suo Figlio e lo ha sacrificato, con immenso strazio, per tutti noi con una morte tra le pi\u00f9 crudeli inventate dalla cattiveria umana.<\/p>\n Con questo, Dio ha dimostrato inequivocabilmente di volere la salvezza, non la rovina del mondo; la salvezza di tutti, non solo di alcuni. Dio non vuole affatto condannare, vuole solo salvare. La rovina di alcuni sta nella loro libera scelta. Il sole sorge per tutti, ma ci si pu\u00f2 nascondere e rifiutare la sua luce e il suo calore. Il giudizio di salvezza e di condanna ciascuno se lo confeziona nel proprio cuore con l’accettazione o il rifiuto dell’immenso dono di Dio. La condanna \u00e8 un’autocondanna, perch\u00e9 \u00e8 rifiuto consapevole della salvezza. Dio ha fatto tutto ci\u00f2 che poteva e molto di pi\u00f9, ma la sua salvezza \u00e8 una proposta, non un’imposizione che distruggerebbe la libert\u00e0 umana. La croce \u00e8 questa grande lezione d’amore e di gloria che Dio ci ha donato.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Dovette apparire strano, scandaloso, addirittura macabro, nei primi secoli della nostra \u00e8ra, che la nuova religione cristiana adottasse come segno distintivo la croce, da tutti conosciuta come il pi\u00f9 crudele strumento di morte. Farebbe meno impressione se oggi una religione prendesse come vessillo una forca da impiccati, con tanto di cappio. 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