{"id":6886,"date":"2008-08-08T00:00:00","date_gmt":"2008-08-08T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=6886"},"modified":"2015-06-18T15:34:21","modified_gmt":"2015-06-18T13:34:21","slug":"la-prima-professione-di-fede-della-chiesa","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/la-prima-professione-di-fede-della-chiesa\/","title":{"rendered":"La prima professione di fede della Chiesa"},"content":{"rendered":"

Ho visto in questi giorni, nella vetrina di un negozio di ricordi, una maglietta con su stampata l’immagine di Cristo che punta il dito verso un potenziale osservatore e porta scritta una domanda provocatoria: “Tu non sai chi sono io!”. Mi \u00e8 sembrato di vedervi l’interrogativo con cui si apre il vangelo di oggi. Tanti cristiani non sanno con precisione chi \u00e8 quel Ges\u00f9 nel quale dicono di credere. Sui mezzi di comunicazione di massa ne sentono di tutti i colori e bevono le pi\u00f9 strampalate opinioni come ultime novit\u00e0, magari scoperte recentemente su libri esoterici conosciuti da secoli. Sembra che molti cristiani siano impegnati a confezionarsi una religione su misura, minestroni di facile digeribilit\u00e0, che giustificano ogni comportamento. \u00c8 facile crearsi una religione personale, che per\u00f2 non \u00e8 pi\u00f9 quella di Ges\u00f9, ma la nostra. Da qui la necessit\u00e0 di porsi la domanda scritta su quella maglietta. La risposta ci aiuterebbe a verificare l’autenticit\u00e0 della nostra fede cristiana.<\/p>\n

Il vangelo di oggi si apre con una specie di inchiesta che Ges\u00f9 fa proprio per verificare quali opinioni circolino su di lui: “che dice la gente di me?”. Sappiamo dalle risposte dei discepoli intervistatori che gi\u00e0 allora c’erano le pi\u00f9 diverse convinzioni, anche se racchiuse nell’ambito dell’esperienza religiosa formatasi sulla Bibbia. La conclusione era riassunta dalla figura di un profeta al quale tutte le opinioni facevano riferimento. La stessa inchiesta, fatta oggi, rileverebbe figure di riferimento della cultura laicista dominante. Non meraviglia, perch\u00e9 molti, che pur si dicono cristiani, conoscono la Bibbia solo per sentito dire e hanno letto o ascoltato distrattamente qualche pagine del Vangelo, magari capita male. Cos\u00ec l’inchiesta di Ges\u00f9 oggi \u00e8 diretta proprio a noi: “Voi chi dite che io sia?”. Richiede una verifica seria che magari ci faccia costatare: “Credevo di credere!”. Siamo a Cesarea di Filippo, la capitale del regno di Erode Filippo, il pi\u00f9 settentrionale dei regni ereditati dai figli di Erode il Grande. La citt\u00e0 era in pieno territorio pagano, dove Ges\u00f9 non era conosciuto e quindi non attirava la curiosit\u00e0 della gente di Galilea.<\/p>\n

\u00c8 venuto fin quass\u00f9 per trovare un momento di pace nel frenetico impegno di predicazione e di miracoli. Intende stare da solo con i discepoli per istruirli e consentire loro di interiorizzare le esperienze fatte finora in maniera troppo tumultuosa. \u00c8 l’ambiente ideale per un ritiro spirituale di maturazione. I discepoli portano con loro le convinzioni incerte della gente, ma la loro vicinanza di vita con Ges\u00f9 li ha resi pi\u00f9 consapevoli e convinti. Ora \u00e8 il momento di esprimere questa convinzione pi\u00f9 chiara. Ges\u00f9 per loro non \u00e8 solo un profeta \u00e8 il “Messia” ( Il Cristo) atteso da Israele per tanti secoli. I tre primi evangelisti esprimono questa certezza in tre modi: Marco mette sulla bocca di Pietro la formulazione pi\u00f9 semplice: “Tu sei il Cristo” (Mc<\/em> 8,29); Luca aggiunge un ulteriore dettaglio: “Il Cristo di Dio” (Lc<\/em> 9,20), cio\u00e8 l’inviato di Dio annunciato e confermato; Matteo ci fornisce la formula pi\u00f9 completa: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.<\/p>\n

Ci si \u00e8 domandati quali siano state le autentiche parole di Pietro. Forse in quella occasione egli formul\u00f2 la sua professione di fede con le parole semplici e nude riferite da Marco, suo discepolo e interprete. Questo \u00e8 un problema di secondaria importanza, perch\u00e9 i vangeli non sono una nuda cronaca degli eventi accaduti, ma la riflessione matura della Chiesa dopo Pasqua, quando Ges\u00f9 aveva aperto la mente dei discepoli a comprendere pienamente il suo insegnamento (Lc<\/em> 24,45) e dopo Pentecoste, quando lo Spirito santo aveva guidato gli stessi discepoli “alla verit\u00e0 tutta intera” (Gv<\/em> 16,12). La Chiesa di Gerusalemme, per la quale Matteo scriveva, a pi\u00f9 di trenta anni dalla Pasqua di Ges\u00f9, professava questa fede ormai matura.<\/p>\n

L’evangelista aveva allora composto un montaggio letterario, unendo all’episodio di Cesarea un altro racconto che conteneva l’elogio per la fede di Pietro, divenuta ormai la fede della Chiesa. Il primo episodio \u00e8 ambientato a Cesarea e si svolse secondo il racconto di Marco e di Luca, che non riferiscono per\u00f2 l’elogio e la promessa fatta a Pietro; il secondo episodio avvenne in altra circostanza a noi sconosciuta. Forse non andremmo lontano, se lo collocassimo dopo Pasqua, qualche tempo prima del conferimento del primato allo stesso Pietro con l’immagine del pastore chiamato a pascere gli agnelli e le pecore di Cristo (Gv<\/em> 21,15-17). Pietro aveva acquisito una fede pi\u00f9 matura dopo le apparizioni di Cristo risorto. Ges\u00f9 era comparso per primo proprio a lui (Lc<\/em> 24,34; 1 Cor<\/em> 15,5) ed egli aveva potuto completare la prima professione fatta a Cesarea di Filippo, con l’aggiunta che Ges\u00f9 non era solo il Messia atteso da Israele, ma “il Figlio del Dio vivente”.<\/p>\n

Tommaso davanti al risorto aveva confessato: “Signore mio e Dio mio!” (Gv<\/em> 20,28). Pietro deve aver detto parole simili davanti al suo Signore tornato in vita, come aveva promesso. Lo riconosceva vivo perch\u00e9 “Figlio del Dio vivente”, sul quale la morte non ha potere. Del resto sul Tabor, pochi giorni prima, aveva ascoltato la rivelazione del Padre che, dalla nube, aveva detto: “Questi \u00e8 il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo” (Mt<\/em> 17,5). Durante l’ultima cena, rispondendo a Filippo, Ges\u00f9 aveva squarciato il mistero della sua personalit\u00e0 divina con parole chiare: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre…non credi che io sono nel Padre e il Padre \u00e8 in me?… Il Padre che \u00e8 in me compie le sue opere” (Gv<\/em> 14,9s).<\/p>\n

La mattina di Pasqua era venuta Maria di Magdala a riferire le parole del risorto: “Vai dai miei fratelli e di’ loro: io salgo al Padre mio e padre vostro, Dio mio e Dio vostro” (Gv<\/em> 20,17). Simon Pietro, figlio di Giovanni, ormai era certo: Ges\u00f9 era il Figlio del Dio vivente, disceso in terra per salvare gli uomini dal peccato e dalla morte. Ora Ges\u00f9 poteva spiegargli perch\u00e9 gli aveva cambiato nome il giorno in cui lo vide la prima volta. Allora, guardandolo negli occhi curiosi, gli aveva detto: “Tu sei Simone, il Figlio di Giovanni, ti chiamerai Kepha (che vuol dire Pietro)” (Gv<\/em> 1,42). Adesso gli chiariva: “Tu sei Petro, perch\u00e9 su questa pietra io edificher\u00f2 la mia Chiesa”. Ges\u00f9 intendeva dire innanzi tutto che sulla fede di Pietro, espressa sotto l’ispirazione del Padre che \u00e8 nei cieli, fondava la fede di tutta la chiesa nel presente e nel futuro. Ogni pietra viva, edificata sulla roccia di Pietro, deve confessare la fede che questi confess\u00f2. Siamo figli di quella fede, la fede apostolica. Non possiamo modificarla n\u00e9 ignorarla.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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