{"id":6785,"date":"2008-07-04T00:00:00","date_gmt":"2008-07-04T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=6785"},"modified":"2008-07-04T00:00:00","modified_gmt":"2008-07-04T00:00:00","slug":"massa-martana-i-romani-cerano-davvero","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/massa-martana-i-romani-cerano-davvero\/","title":{"rendered":"Massa Martana: i romani c’erano davvero!"},"content":{"rendered":"

Un antico insediamento romano che restituisce vetri, monetine d’et\u00e0 imperiale, piccoli monili, lucerne, frammenti di vasellame d’uso quotidiano. Ci sono voluti gli americani della Drew University di Madison (New Jersey) – un’ora di distanza da New York – per riportarlo alla luce. Fino ad oggi \u00e8 stato scavato un terzo di ettaro, l’area indagata \u00e8 di circa due. L’ultimo ritrovamento, di tre-quattro giorni fa, sono stati dei grandi muri. Ma che l\u00ec, appena dietro la chiesa romanica di Santa Maria in Pantano, a Massa Martana, ci fosse stato un antico abitato romano, lo sapevano tutti. Per primi gli agricoltori che hanno lavorato quei terreni, dove spesso i loro aratri incocciavano contro i resti dell’et\u00e0 romana. Il Comune di Massa Martana, che ora finanzia gli scavi insieme all’ateneo statunitense (in totale, circa 45 mila euro per un mese di lavoro) si era sempre disinteressato dell’area, snobbata anche dalla Soprintendenza archeologica dell’Umbria. Nonostante prove evidenti: il passaggio dell’antica Flaminia proprio su quei terreni, la vicinanza delle uniche catacombe cristiane dell’Umbria, un’ex abbazia benedettina del IX secolo, ricca di testimonianze ed edificata su preesistenti edifici romani, il lavoro di alcuni appassionati e storici locali fondatori del Museo Flaminio massetano. I quali andavano – come fece per anni l’ideatore dello stesso museo, Ottorino Caramazza – a raccattare dai contadini reperti gi\u00e0 trasformati in reggivaso, sedili, architravi e soprammobili ‘di seconda linea’. ‘Nel 2007 abbiamo sondato il terreno – spiega il direttore del cantiere, docente di Studi classici della Drew Univerisity, John Muccigrosso – ma gi\u00e0 dalle foto aeree percepivamo le strutture romane. Poi, grazie alle prospezioni geomagnetiche (sorta di ecografia del terreno, ndr) realizzate dal Centro di eccellenza del dipartimento Uomo e territorio dell’Universit\u00e0 di Perugia, siamo stati in grado di andare a colpo sicuro. Dunque, sappiamo gi\u00e0 dove e per cosa scavare. Ci\u00f2, naturalmente, evita di sprecare tempo e soldi’. Le prime strutture rinvenute (quelle pi\u00f9 in superficie) risalgono al IV-V secolo dopo Cristo, le ultime probabilmente al III o gi\u00e0 al II. ‘Non c’\u00e8 dubbio che questo scavo ha riportato alla luce il Vicus Martis – continua il professor Muccigrosso -, un insediamento per stazione di sosta e deposito di merci in arrivo e in partenza per Roma. Gi\u00e0 nell’adiacente chiesa di Santa Maria in Pantano troviamo iscrizioni che ne parlano chiaramente’. Fino ad ottobre e nei prossimi anni, gli studiosi cercheranno di raggiungere strati di terreno che racconteranno una storia ancora pi\u00f9 antica. ‘Scavando ‘fino’ al 220 avanti Cristo, stesso anno del monumentale ponte Fonnaia, sarebbe possibile sostenere che i cristiani delle vicine catacombe (appena 3 chilometri lungo l’antica Flaminia, ndr) abitavano qui’, afferma Carlo Zoccoli, il portavoce dell’Intrageo, impresa archeologica tudertina che ha creato la positiva sinergia fra il Comune di Massa Martana, la Soprintendenza archeologica e la Drew University. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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