{"id":6647,"date":"2008-05-09T00:00:00","date_gmt":"2008-05-08T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=6647"},"modified":"2015-07-24T11:13:31","modified_gmt":"2015-07-24T09:13:31","slug":"lo-spirito-che-da-la-vita","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/lo-spirito-che-da-la-vita\/","title":{"rendered":"Lo Spirito che d\u00e0 la vita"},"content":{"rendered":"
La liturgia di oggi ci presenta un duplice dono dello Spirito santo: quello del giorno di Pasqua e quello del giorno di Pentecoste cinquanta giorni dopo (“Pentecoste” in greco significa “cinquantesimo giorno”). Anche nella vita di Ges\u00f9 uomo c’\u00e8 una duplice venuta dello Spirito: una che ha consentito l’incarnazione nel grembo di Maria (Lc<\/em> 1,35), l’altra che ha segnato l’inizio della vita pubblica sulle rive del Giordano (Lc<\/em> 3,22). Quella duplice venuta ha segnato tutta la vita e la missione di Cristo. I racconti che oggi ascoltiamo sono ricchi di simbolismo, perci\u00f2 \u00e8 necessario saperli interpretare bene, anche perch\u00e9 dentro quelle pagine c’\u00e8 anche la nostra storia personale, il cammino di fede di ciascuno di noi. Molti cristiani ignorano che anche loro hanno ricevuto una doppia effusione dello Spirito: quella del battesimo e quella della cresima.<\/p>\n Lo Spirito che si riceve in ambedue i sacramenti \u00e8 lo stesso, ma la misura e la funzione sono diverse. Potremmo dire che i due sacramenti ricalcano la duplice effusione che interess\u00f2 gli apostoli. Il giorno di Pasqua essi ricevettero in forma simbolica il dono dello Spirito, che comunic\u00f2 loro la vita divina del Risorto, sia come remissione dei peccati sia come presenza vivificante dello Spirito; a Pentecoste ricevettero in forma pi\u00f9 chiara la missione e la forza di annunciare e testimoniare il Vangelo al mondo intero. Proprio come accade a noi nei due sacramenti dell’iniziazione cristiana: nel battesimo diventiamo figli di Dio mediante la purificazione dal peccato e il dono della vita divina; nella confermazione riceviamo la forza dello Spirito per essere annunciatori coraggiosi e testimoni del Vangelo nella vita e nel mondo. In questi due ambiti \u00e8 compresa tutta la nostra vita cristiana. Ascoltiamo ci\u00f2 che ci dice allora la Parola.<\/p>\n Il Vangelo di Giovanni<\/em> ci riporta alla sera di Pasqua, quando Ges\u00f9 risorto entr\u00f2 a porte chiuse nel cenacolo e comparve improvvisamente vivo tra i suoi, che lo aspettavano trepidanti fin dal mattino, quando avevano ricevuto dalla donne l’annuncio della sua risurrezione. Il suo primo saluto fu anche un dono che solo il Risorto poteva assicurare: “Pace a voi”. Egli aveva ristabilito la pace tra cielo e terra con la sua morte e risurrezione. Proprio come aveva promesso durante la cena, quando aveva detto: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la d\u00e0 il mondo, io la do a voi” (Gv<\/em> 14,27). \u00c8 la pace di Dio che perdona, fornisce sicurezza interiore e stabilisce l’armonia di amore tra i suoi discepoli, divenuti figli, e il Padre di Ges\u00f9 e loro. Quella pace \u00e8 la condizione nuova che nasce dal dono della vita di Dio che Ges\u00f9 comunica ora con parole e gesti ricchi di significato: “Alit\u00f2 si di loro e disse: ricevete lo Spirito santo”.<\/p>\n Nella lingua ebraica di Ges\u00f9 e degli apostoli la parola ruah<\/em> significa sia vento (soffio) che Spirito. La Bibbia, che conoscevano bene, presentava lo Spirito di Dio come un alito di vento che aveva soffiato sulle acque del caos primordiale e aveva creato il mondo (Gn<\/em> 1,2). Nella creazione del primo uomo, ritroviamo lo stesso gesto compiuto da Ges\u00f9 nel cenacolo: “Il Signore Dio plasm\u00f2 l’uomo con polvere del suolo e soffi\u00f2 nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente” (Gn<\/em> 2,7). Dentro le mura del cenacolo sta dunque avvenendo una seconda creazione dell’uomo. Il Figlio di Dio ha infuso nei discepoli una nuova vita, quella di figli come lui, ha comunicato la pienezza dello Spirito che era in lui. Il Battista aveva annunciato: “Egli vi battezzer\u00e0 in Spirito santo e fuoco”: lo Spirito che d\u00e0 la vita, il fuoco che purifica. Ges\u00f9 aveva spiegato a Nicodemo in un colloquio notturno: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito non pu\u00f2 entrare nel regno di Dio” (Gv<\/em> 3,5).<\/p>\n Questo \u00e8 il momento della nuova nascita, che Nicodemo non riusciva ad immaginare. Forse per questa novit\u00e0 assoluta, nel Vangelo di Giovanni Ges\u00f9 chiama i discepoli suoi “fratelli” solo dopo la sua risurrezione (Gv<\/em> 20,17). Prima di allora li ha chiamati solo amici (Gv<\/em> 15,14-15). Li pone cos\u00ec in continuit\u00e0 con lui, come suo prolungamento nella storia: “Come il Padre ha mandato me, cos\u00ec io mando voi”. Ora che ha comunicato loro la sua vita di figlio, dona anche il suo potere di rimettere i peccati (Mc<\/em> 2,5-12). Quel perdono sar\u00e0 come una specie di contagio di vita divina da comunicare ad altri. Il secondo racconto di Pentecoste ci \u00e8 fornito dal libro degli Atti. L’abbiamo udito nella prima lettura, come a dare tono alla festa di oggi. Salendo al cielo Ges\u00f9 aveva assicurato ai discepoli: “Avrete forza dallo Spirito santo e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At<\/em> 1,8).<\/p>\n Ora, dieci giorni dopo, quella promessa si attua: i discepoli ricevono forza e coraggio per annunciare il Vangelo nel mondo intero. Questo \u00e8 il significato globale dei simboli usati nel racconto. A ben vedere appartengono al repertorio dei racconti biblici che descrivono la presenza e l’azione del Dio invisibile nella storia della salvezza. Il vento impetuoso, che come un terremoto scuote la casa, \u00e8 il segno sensibile della presenza dello Spirito che sta invadendo rumorosamente il mondo, cominciando da Gerusalemme. \u00c8 come il vento di una nuova creazione pi\u00f9 straordinaria della prima. Il fuoco \u00e8 il segno della potenza irresistibile di Dio, che brucia nel cuore dei discepoli e ne fa un roveto ardente, come quello dell’Oreb visto da Mos\u00e8, fuoco che arde e non consuma (Es<\/em> 3,2-6). Lo Spirito che riempie gli astanti si manifesta e trabocca nell’ardore della predicazione estatica dei discepoli, scambiati per ubriachi di primo mattino (At<\/em> 2,13).<\/p>\n Quel fuoco che si divide in tante lingue quanti sono i presenti, e si posa su ognuno di loro, \u00e8 il segno della predicazione cristiana diretta ad ogni popolo e lingua. Lo conferma il fatto che, all’esplodere di quel frastuono cos\u00ec strano, accorsero i pellegrini giudei che erano venuti da ogni parte del mondo per celebrare la festa di Pentecoste nella Citt\u00e0 santa. Tutti furono in grado di capire nella loro lingua l’annuncio delle grandi opere di Dio fatto dagli apostoli usciti in strada. Luca ci fornisce un elenco dettagliato di popoli e lingue rappresentate quel giorno a Gerusalemme. \u00c8 un giro d’orizzonte che abbraccia tutto il mondo allora conosciuto. Da quel momento la Chiesa fu abilitata e attrezzata spiritualmente ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura.<\/p>\n Il Vangelo \u00e8 per tutti, non si pu\u00f2 nascondere o tacere. Ogni cristiano, battezzato e cresimato, \u00e8 abilitato a portalo agli altri, senza paura e senza rispetto umano. Tutti dovremmo essere missionari. Lo Spirito \u00e8 la nostra forza, la spinta interiore che ci muove. Proprio da questo compito, portato avanti dai ministri ordinati e da umili fedeli, \u00e8 nata la Chiesa che annuncia Ges\u00f9 salvatore nelle lingue di tutti i popoli della terra. La Pentecoste \u00e8 stata la cura che Dio ha dato al mondo per porre fine alla Babele di odio, di divisione e di incomprensione che attanaglia il mondo (Gn<\/em> 11,1-9). Siamo chiamati a contribuire a questo compito, perch\u00e9 tutti abbiamo ricevuto lo Spirito santo di Pasqua e di Pentecoste.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La liturgia di oggi ci presenta un duplice dono dello Spirito santo: quello del giorno di Pasqua e quello del giorno di Pentecoste cinquanta giorni dopo (“Pentecoste” in greco significa “cinquantesimo giorno”). 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