{"id":66399,"date":"2022-04-25T18:40:11","date_gmt":"2022-04-25T16:40:11","guid":{"rendered":"https:\/\/www.lavoce.it\/?p=66399"},"modified":"2022-09-08T19:30:58","modified_gmt":"2022-09-08T17:30:58","slug":"25-aprile-i-cattolici-nelle-resistenze-europee","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/25-aprile-i-cattolici-nelle-resistenze-europee\/","title":{"rendered":"25 aprile. I cattolici nelle Resistenze europee"},"content":{"rendered":"

Scrivere una storia comparata della presenza dei cattolici nelle Resistenze dei vari Paesi europei: un\u2019impresa complessa, cui si \u00e8 dedicato a lungo\u00a0Giorgio Vecchio<\/strong>, gi\u00e0 professore ordinario di Storia contemporanea all\u2019Universit\u00e0 di Parma, presidente del Comitato scientifico dell\u2019Istituto Alcide Cervi e di quello della Fondazione Don Primo Mazzolari. Vecchio ha speso anni di studio sulla Resistenza in Italia, con una specifica attenzione al contributo dei cattolici. Ora vede la luce, alla vigilia del 25 aprile,\u00a0Il soffio dello Spirito. Cattolici nelle Resistenze europee\u00a0<\/em>(Ed. Viella). Un volume basato su un\u2019ampia storiografia in pi\u00f9 lingue e sulla rilettura della stampa clandestina, oltre che di svariate testimonianze: ne emergono le vicende di Paesi come Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Cecoslovacchia, Polonia, e naturalmente Italia.<\/p>\n

Professore, la Resistenza, anzi le Resistenze sono state studiate e raccontate dai primi anni del dopoguerra fino a oggi. Quale la specificit\u00e0 di questo suo libro?
\n<\/strong>\u00c8 vero, possediamo biblioteche intere sulle diverse forme di Resistenza contro l\u2019occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale. Per\u00f2, quasi tutte non superano i rispettivi confini nazionali. In pi\u00f9, esistono gli ostacoli linguistici. Io mi sono concentrato sul comportamento dei cattolici e sulle loro scelte resistenziali. Per questo motivo ho considerato unitariamente i Paesi con una consistente o maggioritaria presenza di popolazione cattolica: quelli dell\u2019Europa occidentale (Francia, Belgio, Paesi Bassi) e dell\u2019Europa orientale (Polonia, Cecoslovacchia). A essi ho aggiunto l\u2019Italia, ma anche Germania e Austria, dove la Resistenza antinazista non ha avuto per lo pi\u00f9 risvolti armati, ma si \u00e8 mossa sul piano politico e morale.<\/p>\n

\u00c8 possibile, storiograficamente, \u201ccomparare\u201d le forze resistenziali al nazi-fascismo che hanno operato nei diversi Paesi europei?
\n<\/strong>La comparazione \u00e8 sempre possibile e per\u00f2 deve tener conto di molti fattori. Anzitutto un fattore cronologico, determinato dalle fasi dell\u2019occupazione tedesca: la Polonia \u00e8 invasa nel 1939, l\u2019Europa occidentale nel 1940, l\u2019Urss nel 1941, l\u2019Italia nel 1943\u2026 Esiste poi una cronologia resistenziale differente: i polacchi cercano di organizzare subito uno Stato clandestino, di straordinario rilievo; in Francia, Belgio e Paesi Bassi bisogna aspettare la svolta del 1942-1943, quando l\u2019imposizione del lavoro obbligatorio nelle fabbriche tedesche impone di scegliere tra il sostegno diretto e personale al nemico o il passaggio alla clandestinit\u00e0. In Italia, la Resistenza inizia con l\u20198 settembre 1943. Bisogna poi considerare i differenti comportamenti dei tedeschi, determinati da motivi razziali: l\u2019occupazione \u00e8 molto\u00a0soft\u00a0in Danimarca e inizialmente anche in Olanda e nelle Fiandre, mentre \u00e8 spietata in Polonia e poi in Urss dove assume connotati di snazionalizzazione e di sterminio. I nazisti, inoltre, variano da politiche che lasciano vivere le strutture dello Stato esistente ad altre di diretta occupazione militare, mentre tentano altrove la strada dei governi \u201cfantoccio\u201d: la repubblica di Vichy in Francia, la Repubblica sociale italiana, il regime di mons. Tiso in Slovacchia o quello di Paveli\u0107 in Croazia.<\/p>\n

Cattolici e Resistenza in Europa, il tema specifico di questa ricerca: quali le motivazioni che spinsero ad opporsi al nazismo?
\n<\/strong>Le motivazioni sono diverse e muovono per lo pi\u00f9 dalla comprensione del pericolo del nazismo, anche se in tutti i Paesi occupati esiste una componente cattolica, fortunatamente marginale, che ritiene possibile una convivenza positiva con il nazismo. Invece, i cattolici pi\u00f9 avvertiti ritengono che ci\u00f2 \u00e8 impossibile e contrario alla fede. Molti di loro hanno studiato a fondo l\u2019enciclica di Pio XI del 1937,\u00a0Mit brennender Sorge<\/em>, e sono consapevoli dei pericoli. Penso in particolare al gruppo di gesuiti, tra cui il padre de Lubac, e di laici che in Francia d\u00e0 vita ai \u201cCahiers du T\u00e9moignage chr\u00e9tien\u201d, che sono quaderni monografici ricchissimi di documentazione e di \u201ccontro-informazione\u201d. La motivazione \u2013 diciamo cos\u00ec \u2013 religioso-morale \u00e8 poi rafforzata dai convincimenti patriottici e da quelli democratici, che una parte dei cattolici europei possiede.<\/p>\n

Nel libro lei solleva la questione dell\u2019uso delle armi: perch\u00e9?
\n<\/strong>Perch\u00e9 contesto le letture che sono state fatte negli ultimi decenni. Sommariamente, dico questo: dapprima la Resistenza \u00e8 stata interpretata come un atteggiamento esclusivamente armato e a larga guida comunista; poi si sono rivalutate le forme di Resistenza \u201ccivile\u201d e \u201cnon armata\u201d (per esempio con l\u2019opera di salvataggio di ebrei e perseguitati). Al punto, per\u00f2, che questa seconda interpretazione \u2013 molto consona per i cattolici \u2013 ha confinato nel limbo le forme di lotta armata.In verit\u00e0, i cattolici della prima met\u00e0 del Novecento erano stati tutti educati all\u2019uso delle armi. La dottrina della \u201cguerra giusta\u201d era pacificamente accettata e, semmai, ogni Stato e ogni episcopato la volgeva a proprio vantaggio. Perci\u00f2 non esistevano e non potevano esistere forme di non-violenza o di obiezione di coscienza. Non \u00e8 un caso che opposizioni del genere si siano sviluppate all\u2019interno del Reich, dove una Resistenza armata contro Hitler era impensabile. Non solo i ragazzi della Rosa Bianca, ma anche preti come Max Josef Metzger \u2013 che uomo straordinario! \u2013 o laici come i beati Franz J\u00e4gerst\u00e4tter e Josef Mayr-Nusser ci hanno lasciato un\u2019eredit\u00e0 inestimabile. Il vero problema di coscienza, allora, non era quello sull\u2019uso delle armi, ma sulla liceit\u00e0 o meno di usarle in mancanza di un\u2019autorit\u00e0 politica legittima. Ci\u00f2 vale soprattutto per gli italiani e per i francesi, mentre altrove l\u2019esistenza di un governo clandestino o in esilio non poneva questo problema. Anche figure leggendarie (e mitizzate) come Teresio Olivelli le armi le usavano o, quanto meno, le raccoglievano per farle usare da altri. Mi viene da sorridere, in questi giorni, nel pensare che Olivelli dirigeva i tiri dei cannoni italiani per uccidere i nemici russi: ovviamente lo ricordo come un\u2019amara battuta, visto che allora era l\u2019Italia il Paese aggressore. Aggiungo ancora che, in tutta l\u2019Europa occupata, conventi e canoniche nascondevano armi, senza porsi troppi scrupoli morali.<\/p>\n

C\u2019\u00e8 una \u201cspecificit\u00e0 italiana\u201d, e del cattolicesimo italiano, nella vicenda resistenziale?
\n<\/strong>La specificit\u00e0 \u00e8 data dalla nostra storia: quella appunto di uno Stato aggressore (l\u2019elenco dei Paesi che abbiamo aggredito \u00e8 bello lungo\u2026), sconfitto sul campo e poi soggetto a un brusco cambio di regime e a una duplice occupazione straniera. La presenza cattolica nella Resistenza italiana \u00e8 molto pi\u00f9 vasta e numerosa di quel che di solito si pensa: paghiamo il prezzo di troppe rimozioni degli stessi cattolici e di troppi tentativi monopolistici da parte soprattutto comunista. Esistono ampie aree del Paese dove le formazioni cattoliche erano predominanti, mescolandosi magari con resistenti provenienti dal Regio Esercito, specie dai reparti alpini. Bisogna anche uscire dagli schematismi: nelle stesse brigate Garibaldi esistevano comandanti marcatamente cattolici (Aldo Gastaldi \u201cBisagno\u201d in Liguria o Luigi Pierobon \u201cDante\u201d in Veneto, per dirne solo due).Le differenze tra cattolici e comunisti emergevano \u2013 non solo in Italia \u2013 nelle modalit\u00e0 di conduzione della lotta armata, nel maggior o minore grado di ferocia da usare o nella valutazione dei rischi di coinvolgimento della popolazione civile. La formula fortunata dei \u201cribelli per amore\u201d \u00e8 per\u00f2 stata spesso distorta, quasi che i cattolici partigiani non volessero usare le armi. Identificava invece un atteggiamento diverso nei confronti del nemico, che andava combattuto, ma non odiato e, se possibile, salvato, oltre che un riferimento alle motivazioni anzitutto morali della Resistenza, prima che politiche.<\/p>\n

Gianni Borsa
\n<\/strong>(Fonte: Agensir<\/a>)<\/em><\/p>\n

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