{"id":6615,"date":"2008-04-25T00:00:00","date_gmt":"2008-04-25T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=6615"},"modified":"2021-12-02T19:01:24","modified_gmt":"2021-12-02T17:01:24","slug":"chiaretti-vale-la-pena-fare-il-prete","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/chiaretti-vale-la-pena-fare-il-prete\/","title":{"rendered":"Chiaretti: ‘Vale la pena fare il prete!’"},"content":{"rendered":"

\u00c8 la prima cosa che ha fatto il 19 aprile, giorno del suo 75esimo compleanno: spedire la lettera di rinuncia all’ufficio di Arcivescovo della diocesi di Perugia – Citt\u00e0 della Pieve. ‘Non ho fatto altro che quanto prescrive il Codice di diritto canonico, al canone 401’ spiega mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia – Citt\u00e0 della Pieve. \u00c8 prassi, anzi dovere, di ogni vescovo che compia i 75 anni. Sar\u00e0 poi la Santa Sede, aggiunge, a decidere chi e quando nominare il successore. Inutile chiedergli chi sar\u00e0. ‘Non lo so’ risponde. Ma se anche sapesse non potrebbe dirlo perch\u00e9 vincolato dal segreto. Mons. Chiaretti lo incontriamo luned\u00ec nel suo studio al primo piano del palazzo arcivescovile. Non ci sono grandi cambiamenti rispetto all’ultima volta che ci siamo entrati tranne che per il tavolo, coperto di incartamenti, libri e riviste, che si \u00e8 aggiunto alla sua scrivania, anch’essa colma di fogli. Ci sono ancora le lettere con gli auguri pasquali giunti da ogni dove. Guarda tutto ci\u00f2 e, indicando anche l’altra stanza con il suo archivio personale, accenna a quando dovr\u00e0 lasciare quelle stanze al suo successore. In quelle carte c’\u00e8 la storia del suo episcopato a Perugia, documenti ufficiali accanto a lettere di semplici fedeli. Ma non ha bisogno di guardare l\u00ec per fare un bilancio dei suoi 75 anni. Ha nel cuore il volto di coloro che lo hanno accompagnato in questi anni, a cominciare dai preti. Ne ha persi cinque solo nell’ultimo mese, e la gioia dei quattro nuovi che quest’anno ordiner\u00e0 non basta a compensare la perdita. Ci sono anche molti sacerdoti che per et\u00e0 o salute chiedono aiuto e collaborazione per il servizio pastorale, ma non ci sono abbastanza nuovi preti per soccorrere tutte le situazioni. Un motivo di consolazione \u00e8 stato l’affetto della gente verso i preti che sono venuti a mancare. ‘C’\u00e8 desiderio di avere un sacerdote, e lo hanno espresso tutti, a prescindere dalle ideologie’ dice mons. Chiaretti sottolineando la validit\u00e0 del ‘modello italiano e umbro di parrocchia, di prete che sta tra la gente, che si fa animatore della comunit\u00e0 anche civile e sociale’. Si appassiona quando parla dei suoi preti. ‘Sono nato per fare il parroco e ho fatto il vescovo come parroco dei parroci’ ovvero stando in mezzo a loro. Cosa far\u00e0 quando sar\u00e0 ‘in pensione’ da vescovo, quando il suo nome si aggiunger\u00e0 a quello degli altri quattro vescovi emeriti umbri? Tornerebbe in una parrocchia? ‘Non andr\u00f2 in pensione, credo che nessuna persona dovrebbe andarci’ e aggiunge che s\u00ec, ‘quello che mi riuscirebbe pi\u00f9 gradevole sarebbe tornare a fare il parroco e non sarei il primo. Un cardinale \u00e8 tornato in terra di missione!’. Ma non anticipa. Anche qui non sar\u00e0 lui a decidere. E poi c’\u00e8 la sua passione per la storia che fin da giovane prete ha fatto convivere con la parrocchia. Per mons. Chiaretti \u00e8 un modo di esprimere l’amore per la Chiesa e per la comunit\u00e0 concreta in cui vive perch\u00e9, e ne \u00e8 profondamente convinto, ‘la storia \u00e8 fondamentale per entrare nella mentalit\u00e0 di un luogo e di un tempo. Se si conoscesse davvero la storia, e la storia della Chiesa, ci sarebbe meno scandalo di fronte a certi fatti del passato!’. Anche pensando alle situazioni difficili ‘non posso non avere una visione di speranza – dice mons Chiaretti – perch\u00e9, conoscendola dal di dentro, ho visto come la Chiesa cambi continuamente il suo volto, ed \u00e8 veramente ‘santa Madre Chiesa’!’. E aggiunge: ‘Ne parlo perch\u00e9 sono innamorato della Chiesa!’. \u00c8 nato per fare il parroco e ha finito per fare il vescovo. \u00c8 stato ordinato venticinque anni fa, il 15 maggio. Dal Papa \u00e8 gi\u00e0 arrivata la lettera gratularia per il suo venticinquesimo, rigorosamente in latino. Non ha esitazioni nel leggere quelle frasi, anche se ne ha affidato ad altri la traduzione. Una vita vissuta al servizio della Chiesa, e la domanda sorge spontanea: \u00e8 valsa la pena fare il prete? ‘Vale la pena fare il prete!’ E lo ripete, e aggiunge: ‘potrei dire anche che vale la pena fare il vescovo. Sono contento perch\u00e9 essere prete era la mia vocazione e lo \u00e8 rimasta fino alla fine. Dalla mia vita di sacerdote porto via gioia e non malinconia, anche se ci sono stati momenti difficili in questa diocesi, come nella precedente e anche nella mia vita di prete, ma ci sono stati tantissimi momenti di gratificazione, di allegria, di contentezza. Se devo mettere sulla bilancia l’uno e l’altro devo dire che vincono i momenti di gratificazione’. Molte cose sono cambiate da quando, nel 1955 viene ordinato sacerdote. Non ci sono pi\u00f9 le folle di credenti e la societ\u00e0 non si dice pi\u00f9 cristiana. Si potrebbe pensare che la Chiesa ha lavorato invano? Oggi si parla di nuova evangelizzazione e su questo punto mons. Chiaretti ha sempre sollecitato l’impegno pastorale della sua diocesi. In questi ultimi decenni il mondo \u00e8 cambiato, molto e in fretta, dice mons. Chiaretti. \u00c8 cambiato anche il modo di vivere la fede che da ‘fede vissuta per tradizione \u00e8 divenuta sempre pi\u00f9 fede per scelta in un tessuto sociale sempre pi\u00f9 pagano’. Occorre quindi ‘rifare il cristiano’ come all’inizio della storia della Chiesa. Su questo fronte da vescovo ha chiesto l’impegno di tutti i suoi collaboratori, preti in prima fila, e in questi anni \u00e8 cresciuta la consapevolezza. Dodici anni di episcopato lasciano il segno. Andando con la memoria alle cose fatte mons. Chiaretti inizia a ricordare, quasi timidamente, poi i ‘frutti’ dell’impegno pastorale di questa diocesi diventano una narrazione impetuosa. Sgorgano vivi dalla memoria come se fossero di ieri: il Congresso eucaristico diocesano, il Giubileo vissuto in diocesi, la visita pastorale. Folle di volti stanno dietro a parole come ministeri istituiti, scuola diocesana di teologia, oratori e non ultimo il Sinodo diocesano, l’ultimo evento pastorale voluto ‘per mettere a fuoco alcune emergenze sul tema di sempre, l’evangelizzazione’. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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