{"id":6070,"date":"2007-08-31T00:00:00","date_gmt":"2007-08-30T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=6070"},"modified":"2015-07-21T14:41:15","modified_gmt":"2015-07-21T12:41:15","slug":"dallaltare-una-voce-profetica","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/dallaltare-una-voce-profetica\/","title":{"rendered":"Dall’altare una voce profetica"},"content":{"rendered":"
Chi pensasse che la liturgia, tutto sommato, \u00e8 una bella ma innocente coreografia, \u00e8 stato smentito dal segretario generale della Cei mons. Giuseppe Betori durante l’omelia tenuta nel duomo di Spoleto il 29 agosto, nell’ambito della 58a Settimana liturgica nazionale. Mons. Betori, partendo dal fatto che il 29 agosto si ricorda il martirio di san Giovanni Battista, ha infatti annodato strettamente il senso del celebrare alla presenza cristiana nel mondo: che ha lo scopo di consolare, certo, ma che \u00e8 fondamentalmente una ‘presenza scomoda’, come dimostra la sorte toccata ai profeti, al Battista e allo stesso Cristo. Questa dinamica, tra consolazione e giudizio di verit\u00e0 contro il mondo, ‘attraversa l’azione liturgica – ha detto il segretario Cei – che ne condivide le difficolt\u00e0 e per cos\u00ec dire l’inattualit\u00e0, proprio perch\u00e9 essa consiste nel porre in essere gesti e parole che sono ‘oltre’ il dato fenomenico. Non si tratta quindi tanto di immettere la storia del momento nel tempo sacro, inseguendo percorsi di ingenuo adattamento, ma di rendere manifesta la carica innovativa che la liturgia ha in s\u00e9, e quindi la sua capacit\u00e0 di riassumere nei segni di sempre l’oggi del contrasto tra Vangelo e mondo… Questa carica profetica che sta nella liturgia – prosegue Betori – \u00e8 ci\u00f2 che la rende sempre attuale per ogni gioia e speranza, sofferenza e aspirazione dell’umanit\u00e0’. Una voce critica. ‘Un ben celebrare – ha quindi ribadito il segretario della Cei – contribuisce in modo essenziale a dire come il Vangelo si ponga sempre in alternativa a ogni provvisoria realizzazione umana e sia sempre voce critica di ogni assetto sociale e culturale nel cammino verso la pienezza del Regno. Non si tratta di inseguire l’attualit\u00e0, ma di dare rilievo nella verit\u00e0 della celebrazione alla sua dimensione escatologica, e quindi profetica e critica del presente. Non possiamo dimenticare come la persecuzione ha spesso preso le forme della proibizione del culto e ha colpito i credenti nella libert\u00e0 della loro azione liturgica. Essere fedeli alla lode di Dio \u00e8 per se stesso affermazione di verit\u00e0 e fonte di contrasto con assetti culturali e sociali disumanizzanti e quindi avversi a Dio. Impegnarsi per una buona prassi liturgica significa impegnarsi per la verit\u00e0 del Vangelo, nella fedelt\u00e0 al Signore’. Giovanni e Ges\u00f9. In questo modo mons. Betori fa confluire il tema della Settimana nella memoria liturgica del martirio di san Giovanni Battista, precursore del Messia anche e soprattutto nella morte ingiusta che dovette subire a opera dei poteri forti del tempo. Il figlio di Elisabetta, annota Betori, precede Ges\u00f9 nella nascita miracolosa e nell’annuncio della conversione, ma in particolare ‘eccoci al terzo atto di questa vicenda di precorrimento, che vede il Battista sottoposto per primo al rifiuto, alla condanna e alla morte, anticipando nel suo essere consegnato alla violenza del potere di Erode Antipa la consegna che verr\u00e0 fatta di Ges\u00f9 alla violenza del potere dei sommi sacerdoti e del procuratore romano di Giudea’. ‘In questo destino – continua – Giovanni non solo anticipa il Cristo, ma completa una storia di rigetto e di sofferenza che ha sempre accompagnato i profeti in Israele… La parola di Dio che risuona nel mondo attraverso le parole di un profeta ha in s\u00e9 una carica di inevitabile contrasto con il modo vigente di pensare e di guidare gli eventi, in forza della novit\u00e0 la contraddistingue. Vale per Geremia come per il Battista, e la pagina evangelica lo esemplifica in modo netto. Vale soprattutto per Ges\u00f9, come per chiunque accetta di farsi suo discepolo, profeta oggi della sua parola per gli uomini’. ‘Lungi da noi – ne conclude Betori – pensare che la parola del Vangelo possa risuonare nel tempo senza generare opposizione e rifiuto. \u00c8 una condizione da accogliere come garanzia di autenticit\u00e0 del nostro servizio alla verit\u00e0, anche se comporta il prezzo dell’emarginazione culturale e sociale e, ancora per tanti cristiani nel mondo, oppressione e persecuzione violenta’. Realismo, non irenismo. In definitiva, ‘questa natura antitetica del Vangelo, che si preannuncia in Giovanni e che si compie in Ges\u00f9, non pu\u00f2 essere sottaciuta in nome di un vago e pericoloso irenismo, che, magari nel nome di un malinteso dialogo o di una falsa tolleranza, va cercando mediazioni improponibili. Non si tratta certo di una ricerca masochistica della sofferenza, ma – ribadisce il prelato – di un realismo che non permette commistioni indebite o attenuazioni della verit\u00e0. Non vogliamo fare del vittimismo, ma siamo consapevoli che anche oggi la fedelt\u00e0 alla parola di Dio pu\u00f2 comportare incomprensioni e condanne sociali. Male faremmo a scoraggiarci o a cercare impossibili vie di mezzo. Ci \u00e8 chiesta una parola di giudizio, che sappiamo bene deve accompagnarsi alla parola di consolazione, ma questa non significa la diminuzione di quella, al contrario. Il ‘non ti \u00e8 lecito’ \u00e8 un giudizio che nel suo implicito invito alla conversione \u00e8 gi\u00e0 una prospettiva di possibile consolazione per chi ascolta. Questa consolazione diverr\u00e0 ancora pi\u00f9 chiara sulle labbra di Ges\u00f9, non meno deciso nel giudizio di verit\u00e0 e rivelatore di Dio Padre che avvolge del suo amore ogni uomo. Fare unit\u00e0 di giudizio e consolazione, senza sconti e senza dimenticanze, \u00e8 quanto oggi ci \u00e8 chiesto con fedelt\u00e0 e coraggio, libert\u00e0 e franchezza’. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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