{"id":60178,"date":"2021-04-15T19:26:06","date_gmt":"2021-04-15T17:26:06","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=60178"},"modified":"2021-04-15T19:26:06","modified_gmt":"2021-04-15T17:26:06","slug":"lumbria-vede-ancora-un-calo-di-praticanti-che-fare","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/lumbria-vede-ancora-un-calo-di-praticanti-che-fare\/","title":{"rendered":"L’Umbria vede ancora un calo di praticanti. Che fare?"},"content":{"rendered":"

La secolarizzazione e l\u2019indifferentismo religioso non sono realt\u00e0 nuove nella dimensione di fede occidentale, e a confermarlo ora sono i dati Istat 2019 sulla pratica religiosa in Italia.<\/p>\n

L\u2019analisi sociologica mostra una nazione che attraversa un processo di secolarizzazione, in linea con tutto l\u2019Occidente; e l\u2019Umbria – terra che nel corso della storia ha donato i natali a diversi santi – si ritrova tra le Regioni connotate dal calo di fedeli.<\/p>\n

Anche se i dati Istat riguardano le diverse confessioni religiose presenti in Italia, ci si potrebbe comunque chiedere: cosa pu\u00f2 fare la Chiesa per invertire il processo?<\/p>\n

Chiese sempre pi\u00f9 vuote. Che fare?<\/h2>\n

A tal proposito \u00e8 interessante la lettura che Pier Giorgio Gawronski<\/strong> offre della Chiesa di Gerusalemme (At 2,42-47), pubblicata sull\u2019Osservatore Romano<\/em><\/a> il 22 febbraio. Per Gawronski la prima comunit\u00e0 cristiana \u201cperseverava in quattro cose: la trasmissione del messaggio di Cristo; l\u2019unione fraterna, stare, mangiare insieme; condividere i beni materiali \u2018secondo il bisogno di ciascuno\u2019; l\u2019eucaristia, frequentare insieme il tempio\u201d. Proprio a partire da questi quattro cardini della Chiesa gerosolimitana si possono trovare alcuni antidoti al fenomeno della secolarizzazione.<\/p>\n

Trasmettere il messaggio di Cristo\u2026<\/h2>\n

Anzitutto, afferma Gawronski, \u201cla pratica religiosa delle Chiese moderne \u00e8 incentrata sulla liturgia domenicale, che privilegia fortemente il primo punto, la trasmissione del messaggio di Cristo.<\/p>\n

\u2026 coltivare la relazione umana<\/h2>\n

Ma gi\u00e0 quando si passa al secondo, si nota una profonda divaricazione: nella pratica religiosa moderna manca la relazione umana. I membri della prima Chiesa cristiana socializzavano, erano amici, o stavano dentro a un meccanismo che favoriva l\u2019amicizia a priori\u201d. Perci\u00f2, il recupero della dimensione amicale tra appartenenti della stessa comunit\u00e0 pu\u00f2 essere annoverato tra questi antidoti.<\/p>\n

\u2026la condivisione dei beni\u2026<\/h2>\n

Antidoto, come lo \u00e8 la condivisione dei beni, terzo cardine della Chiesa di Atti: \u201cLe relazioni umane e spirituali fra i primi cristiani rendevano pi\u00f9 naturale la risposta al bisogno anche materiale dell\u2019altro: la condivisione non era un obbligo ma un atto d\u2019amore. E come dice san Paolo, puoi fare qualsiasi cosa, ma se non lo fai per amore non vale niente (e spesso fai bene a non farla). Al contrario, la carit\u00e0 oggi \u00e8 diventata anch\u2019essa una transazione anonima poco attraente\u201d.<\/p>\n

\u2026 la preghiera comune \u2026<\/h2>\n

Infine, si legge nel contributo, in riferimento al quarto punto (pregare insieme) c\u2019\u00e8 \u201cla sensazione che i fedeli domenicali preghino da soli; che, pur partecipando insieme alla messa, pur recitando le stesse preghiere nello stesso momento, si sentano fondamentalmente soli. Anche l\u2019eucaristia, pur chiamandosi \u2018comunione\u2019, \u00e8 purtroppo spesso vissuta come un accesso individuale alla grazia, con la presenza pi\u00f9 o meno casuale di altri che, simultaneamente ma per conto proprio, ricevono il medesimo sacramento\u201d.<\/p>\n

\u2026per uscire dall’individualismo<\/h2>\n

Gawronski allora conclude: \u201cStando cos\u00ec le cose, la migliore risposta alla secolarizzazione non \u00e8 n\u00e9 inseguire n\u00e9 respingere la modernit\u00e0, bens\u00ec di reagire all\u2019individualismo, all\u2019atomizzazione, all\u2019evanescenza delle relazioni nelle Chiese. La vita non pu\u00f2 essere tenuta al margine della Chiesa, solo commentata, giudicata, o perdonata dal clero. I cristiani hanno bisogno di esplorare, riflettere, e parlare fra loro del loro essere cristiani\u201d.<\/p>\n

I DATI – Vent\u2019anni fa andava in chiesa un umbro su tre. Ora, uno su cinque. <\/span><\/h3>\n

I dati Istat 2019 sulla pratica religiosa in Italia<\/strong>, rielaborati nel rapporto \u201cMediacom043\u201d curato dall\u2019agenzia di Big Data Mediacom diretta da Giuseppe Castellini, mostrano una diminuzione della pratica religiosa in Umbria. Nel 2019 si riscontra un lieve incremento dei fedeli assidui (i dati si riferiscono a tutte le confessioni religiose presenti nel territorio nazionale), dopo che nel 2018 il numero dei non praticanti aveva superato quello dei praticanti.<\/p>\n

L\u2019agenzia afferma che nel 2019 \u201cil numero delle persone da 6 anni in su che frequentano un luogo di culto almeno una volta a settimana in Italia \u00e8 cresciuto per la prima volta dal 2001, da quando cio\u00e8 l\u2019Istat monitora annualmente il fenomeno attraverso l\u2019indagine campionaria, passando dai 14,264 milioni del 2018 a 14,354 milioni del 2019 (+ 90 mila, +0,6%)\u201d.<\/p>\n

Quindi, si continua a leggere nel rapporto, \u201cla percentuale di persone da 6 anni e pi\u00f9 che frequentano un luogo di culto almeno una vola a settimana \u00e8 passato – sul totale di questa fascia d\u2019et\u00e0 – dal 24,9% del 2018 al 25,1% del 2019\u201d. Al contempo, tuttavia, se gli assidui sono aumentati del +0,6%, anche il numero di coloro che non frequentano mai un luogo di culto cresce: 760 mila persone in pi\u00f9 rispetto al 2018, cio\u00e8 15,43 milioni di unit\u00e0 (+5,2%) nel 2019.<\/p>\n

Dato, quest\u2019ultimo, che segue l\u2019andamento gi\u00e0 osservato dal 2001 al 2018: \u201cIl numero dei non praticanti \u00e8 cresciuto da 8,51 ad appunto 15,43 milioni, con un incremento dell\u201981,4%, pari a oltre 6,9milioni di persone in pi\u00f9\u201d (Mediacom043). Le Regioni interessate dall\u2019aumento dei praticanti assidui sono: Valle d\u2019Aosta, Campania, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Molise e Puglia; mentre nelle restanti Regioni, tra cui la nostra, il numero decresce ulteriormente.<\/p>\n

L\u2019Umbria,<\/strong> si legge nel rapporto, \u201ccontinua (insieme ad altre 12 Regioni) anche nel 2019 a mostrare un calo (-5,1% rispetto al 2018, pari a -9 mila persone a fronte del +0,6% dell\u2019Italia), con la flessione 2001-2019 che si allarga a -27,6% (-64mila praticanti assidui), pi\u00f9 del -26,3% del dato nazionale\u201d. Questa diminuzione nella nostra Regione segue la direzione del quasi ventennio 2001 – 2019: \u201cIl tasso di praticanti attivi sul totale della popolazione da 6 anni in su in Umbria \u00e8 sceso dal 29,7% al 20% (-9,7 punti percentuali).<\/p>\n

In pratica, oggi \u00e8 praticante assiduo un umbro su cinque, rispetto a quasi uno su tre nel 2001 (il dato nazionale \u00e8 del 25,1%, mentre l\u2019Umbria \u00e8 sostanzialmente in linea con il Centro, attestato al 20,4%).<\/p>\n

Tra le regioni della circoscrizione centrale, \u00e8 la Toscana a presentare la minore percentuale di praticanti (17%, tre punti sotto l\u2019Umbria), mentre Marche (28,1% di praticanti assidui) e Lazio (20,7%) presentano valori superiori a quello umbro\u201d (Mediacom043).<\/p><\/blockquote>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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