{"id":5957,"date":"2007-06-15T00:00:00","date_gmt":"2007-06-14T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5957"},"modified":"2015-07-13T15:32:54","modified_gmt":"2015-07-13T13:32:54","slug":"non-esiste-piu-litalia-centrale-o-forse-si","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/non-esiste-piu-litalia-centrale-o-forse-si\/","title":{"rendered":"Non esiste pi\u00f9 l’Italia centrale, o forse s\u00ec"},"content":{"rendered":"

L’Italia del Centro \u00e8 cambiata da quando Nemetria organizz\u00f2 il primo dei suoi Colloqui (Assisi, 2001). Sei anni dopo, giunti al III Colloquio sull’Italia centrale dal titolo ‘Un passato importante. Un futuro possibile’, svoltosi nel fine settimana al teatro Torti a Bevagna, lo stesso concetto di una macroregione socio-economicamente omogenea e avanzata fra Umbria, Marche, Toscana, Alto Lazio, Abruzzo e Molise viene messo in dubbio. ‘L’imprenditoria delle Marche ha preso la via dell’internazionalizzazione’, ha notato il segretario generale del Censis e presidente di Nemetria, Giuseppe De Rita, ‘la loro filiera \u00e8 quella delle imbarcazioni di lusso e delle calzature grandi firme’. L’Umbria e la Toscana hanno seguito una strada diversa. ‘\u00c8 quella del turismo di alto livello: si tratta di due regioni ‘patrie mondiali’ del vino, dell’olio, dei casali, del bel vivere. Dobbiamo prendere atto che, sulla solidariet\u00e0 fra regioni – ha concluso De Rita – ha vinto la forza delle rispettive filiere dominanti’. Queste regioni poi, per dirla ancora con De Rita, non hanno avuto in dono ‘il bene della relazione’. E se c’\u00e8 tuttora molta ‘diffidenza’ fra Roma e l’Abruzzo, fra il Molise e la Toscana, anche l’Umbria – costruendo un modello di potere piuttosto arroccato – non ha mai ricercato un vero rapporto di scambio con le regioni vicine. Tutto negativo, dunque? L’idea di un’Italia del Centro \u00e8 ormai da buttare? No, perch\u00e9 nonostante tutte le differenze regge alla grande quel modello economico fondato sulle piccole e medie imprese e sull’artigianato. ‘\u00c8 in queste regioni che si \u00e8 montato l’ingranaggio dello sviluppo dell’intero Paese – ha sottolineato De Rita – copiato in primo luogo dal Nord-Est d’Italia ma non con lo stesso successo di tenuta nel tempo’. Infatti, quando l’azienda stenta, i veneti la vendono al miglior offerente. Invece umbri, toscani e marchigiani la trasformano, la cambiano, la aggiornano al tempo della globalizzazione. Prima difendono le loro ‘creature’ con le unghie e coi denti, poi le tengono coriacemente vive sui mercati e, nei casi migliori, le impongono a livello internazionale. Ecco perch\u00e9 le banche restano fortemente attratte dalle regioni dell’Italia centrale (e anche la presenza al convegno di Bevagna dell’amministratore delegato e direttore generale di Banca Intesa, Mario Ciaccia, ha testimoniato tale attenzione). Il presidente emerito della Corte costituzionale e docente dell’universit\u00e0 Luiss, Antonio Baldassarre, ha per\u00f2 voluto scoprire una piaga delle regioni dell’Italia centrale e, in particolar modo dell’Umbria: ‘In Umbria – ha detto – c’\u00e8 stata finora la prevalenza del ciclo politico dell’economia: nel senso che \u00e8 stata la politica, con le sue esigenze di consenso, a determinare il ciclo economico. Cos\u00ec si sono ingigantiti i servizi pubblici e il settore delle costruzioni, utili soprattutto ai politici’. Per questa ragione, secondo Baldassarre, l’Umbria non sarebbe cresciuta adeguatamente. Situazione aggravata, secondo l’analisi dell’ex presidente della Corte costituzionale, con il passaggio dai partiti di massa a quelli attuali ‘dei quadri’, composti da politici dalle logiche assolutamente autoreferenziali. ‘Ha ragione Massimo D’Alema – ha chiosato Baldassarre – quando afferma che dopo lo shock traumatico del ’92 (‘Tangentopoli’, ndr) il sistema politico italiano ha reagito andando nella direzione opposta a quella giusta. Ecco, anche il sistema politico dell’Umbria lo ha fatto, se oggi, anche qui, lo stipendio di un presidente di Provincia \u00e8 mediamente tre volte maggiore di quello di un professore universitario’. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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