{"id":5774,"date":"2007-03-30T00:00:00","date_gmt":"2007-03-30T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5774"},"modified":"2007-03-30T00:00:00","modified_gmt":"2007-03-30T00:00:00","slug":"loggi-di-noi-in-cristo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/loggi-di-noi-in-cristo\/","title":{"rendered":"L”oggi’ di noi in Cristo"},"content":{"rendered":"
Tre giorni che vanno dalla sera del Gioved\u00ec santo alla sera della domenica di Pasqua costituiscono il triduo ‘della morte, sepoltura e risurrezione’ del Signore. Questo tempo breve \u00e8 il cuore della Settimana santa che, a sua volta, \u00e8 il cuore di tutto l’anno liturgico. Agli inizi, il venerd\u00ec e il sabato erano giorni vuoti, senza celebrazioni, di solo silenzio e digiuno, che preparavano alla domenica della gioia. L’unica, lunga e solenne celebrazione era quella della notte fra il sabato e la domenica, che per rimanere nella metafora rappresenta il cuore del triduo. In essa si celebra tutta la storia della salvezza e si compone di una celebrazione introduttiva della luce con il famoso canto dell”exultet’, una celebrazione della parola che ripercorre tutta la storia della salvezza, la celebrazione del battesimo, (se ci sono dei vatecumeni) e della rinnovazione delle promesse battesimali da parte di tutti i fedeli, e la celebrazione dell’eucaristia. La notte pasquale \u00e8 il passaggio dal digiuno alla gioia, come \u00e8 stato, per Cristo, il passaggio dalla morte alla vita. Il digiuno era considerato cos\u00ec importante di per se stesso che digiunare era equivalente a celebrare la Pasqua. Non \u00e8 un dato solo della storia; anche nella spiritualit\u00e0 riproposta dalla Costituzione sulla liturgia del Vaticano II si insiste sull’importanza di questo digiuno: ‘Sia religiosamente conservato il digiuno pasquale da celebrarsi ovunque il Venerd\u00ec della passione e morte del Signore e da protrarsi, se possibile, anche al Sabato santo, in modo da giungere con animo sollevato e aperto ai gaudi della domenica di Risurrezione’ (SC n. 110, b). Si potrebbe dire che il digiuno \u00e8 la vera liturgia dei due giorni santi, tra quella della santa Cena del Gioved\u00ec santo e quella della notte di sabato che si prolunga nella domenica di Pasqua. L’articolazione delle celebrazioni, come \u00e8 attualmente, si \u00e8 venuta formando nel tempo anche per rispondere alle richieste dei pellegrini convenuti a Gerusalemme, allo scopo di dare rilievo ai momenti distinti dell’evento della Passione. Nacquero cos\u00ec le celebrazioni eucaristiche del Gioved\u00ec santo e della domenica e la liturgia non-eucaristica del Venerd\u00ec santo. In questo senso i liturgisti parlano di ‘estensione’ (per anticipazione e per prolungamento) della liturgia della notte pasquale. L’eucaristia del Gioved\u00ec santo, che ha come tema centrale l’istituzione del sacramento stesso e il gesto di Ges\u00f9 che lava i piedi ai suoi discepoli, sullo sfondo del tradimento e dell’agonia, \u00e8 una celebrazione di per se stessa orientata alla consumazione del mistero pasquale e atta ad introdurre i fedeli alla sua celebrazione. Segue, al termine, l’adorazione del Santissimo Sacramento, dove deve essere favorita la meditazione silenziosa. La celebrazione non-eucaristica del Venerd\u00ec (liturgia della Parola, venerazione della croce e comunione) ha come scopo di far penetrare pi\u00f9 profondamente nella meditazione e nella partecipazione del mistero pasquale e di preparare alla veglia. Nella partecipazione ai riti essenziali di questo triduo, con lo spirito di cui \u00e8 profondamente intriso, la comunit\u00e0 cristiana \u00e8 in grado di vivere e annunciare al mondo la sua pi\u00f9 vera e autentica identit\u00e0, pi\u00f9 che con ogni altra pratica religiosa, devozionale e folkloristica con cui spesso si tende a riempire i presunti ‘vuoti’ delle celebrazioni. In questo triduo, come in ogni azione liturgica, non si tratta soltanto del ricordo di un fatto passato, per quanto sublime e suggestivo, ma si opera una trasformazione nell’identificazione del fedele con Cristo, con il quale si condividono passione, morte e risurrezione. Questo \u00e8 tanto pi\u00f9 vero quando nella celebrazione si annuncia hodie (oggi). Vuol dire che oggi il gesto celebrato, rievocato nel ricordo, si avvera ed \u00e8 rinnovato. Ci\u00f2 si pu\u00f2 dire dell’evento pasquale, e non si pu\u00f2 dire allo stesso modo nelle altre feste, ad esempio nel Natale. Non viene detto che dobbiamo partecipare alla nascita umana del Figlio di Dio, mentre dobbiamo partecipare al ‘passaggio del Signore da morte a vita’ passando anche noi, come nel battesimo e nella conversione, alla nostra rinascita spirituale in Cristo per opera del suo Spirito. Inoltre questo non \u00e8 un atto individuale ma comunitario, che trasporta nella vicenda del suo Capo tutto il corpo che \u00e8 la Chiesa che risorge, si trasforma in Cristo per la trasformazione e la risurrezione del mondo. Il triduo pasquale diventa, pertanto, nella coscienza dei cristiani, l’evento dell’anno pi\u00f9 importante e decisivo per l’affermazione e l’annuncio della propria fede. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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