{"id":5517,"date":"2006-11-17T00:00:00","date_gmt":"2006-11-17T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5517"},"modified":"2015-06-24T16:11:38","modified_gmt":"2015-06-24T14:11:38","slug":"le-ultime-cose","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/le-ultime-cose\/","title":{"rendered":"Le ultime cose"},"content":{"rendered":"

“Mentre usciva dal tempio, un discepolo disse a Ges\u00f9: ‘Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!’. Ges\u00f9 gli rispose: ‘Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarr\u00e0 qui pietra su pietra che non sia distrutta’. Mentre era seduto sul monte degli Ulivi, di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: ‘Dicci, quando accadr\u00e0 questo, e quale sar\u00e0 il segno che tutte queste cose staranno per compiersi?'”. \u00c8 questa situazione, al cap. 13 di Marco, che ci introduce al Vangelo di oggi. Ges\u00f9 non risponde subito alla domanda dei quattro discepoli, ma nel frattempo ha l’occasione per parlare delle ultime cose. Basta avere una buona edizione del Nuovo Testamento per rendersi conto che le parole di Ges\u00f9 che descrivono l’arrivare delle “cose ultime”, in “quei giorni”, sono una ripresa di testi profetici: Isaia, Gioele, Daniele. Chi li udiva sulla bocca del Messia, riusciva subito a comprenderne il senso; noi, dopo tanti anni di distanza, facciamo fatica a orientarci. In realt\u00e0, il linguaggio apocalittico non \u00e8 lontano dalla nostra cultura, anzi essa ne \u00e8 fortemente permeata.<\/p>\n

Basti pensare a certi film, in genere americani, che presentano gli scenari pi\u00f9 drammatici su nuove \u00e8re glaciali, stravolgimenti del magnetismo terrestre, improvvisi esplosioni vulcaniche nei centri delle citt\u00e0, arrivo di meteoriti enormi sul pianeta Terra. Ma \u00e8 veramente questo il significato dell’apocalittica cos\u00ec come l’ha usata Ges\u00f9? L’apocalittica \u00e8 un genere letterario, e, in quanto tale, secondo quanto insegna la Chiesa cattolica nella Dei Verbum, deve essere correttamente interpretato. Guai se venisse letto come si legge un racconto storico, oppure un trattato scientifico: ha una sua propria chiave che deve essere usata. In altre parole, non possiamo pensare che Ges\u00f9 volesse dire che la fine del mondo accadr\u00e0 proprio come l’ha descritta. E poi, siamo sicuri che Egli stesse parlando della fine del mondo? Perch\u00e9 dice che ‘questa generazione’ vedr\u00e0 quanto da lui annunciato? Il genere apocalittico giudaico ha forse origine dalla congiunzione di due correnti di pensiero, quella della sapienza e quella della profezia. Gi\u00e0 quando l’esperienza profetica finisce, e si attende ormai un profeta in Israele che venga a sistemare diverse cose (cfr. 1 Mac<\/em> 4,46), non manca per il popolo di Dio la riflessione sulle cose ‘piccole’, quotidiane, ordinarie, quelle appunto della sapienza dell’oggi.<\/p>\n

Ma lo spirito della profezia, animato dalla sua energia e dalle sue denunce e dal richiamo al futuro, questo non si esaurisce semplicemente. Lo sguardo apocalittico ne prende l’eredit\u00e0, e interpreta il presente con simboliche forti e dai toni drammatici, spesso tragici. La fine del mondo o l’inizio? Ma Ges\u00f9 allora non parla solo del futuro in quanto “fine del mondo”. Quel “giorno” a cui si riferisce (Mc<\/em> 13,24), per noi cristiani \u00e8 infatti gi\u00e0 arrivato, quando \u00e8 avvenuto un vero e proprio “inizio”. Se andiamo a vedere il modo in cui Marco descrive la morte del Messia, troviamo che alcuni segni che erano stati annunciati nel brano evangelico di oggi si compiono.<\/p>\n

Ges\u00f9 aveva detto che il sole si sarebbe oscurato (13,24), ed ecco che dopo la crocifissione di Ges\u00f9, “venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio” (15,33). Matteo, amplificando il racconto marciano, aggiunge poi che anche “la terra trem\u00f2 e le rocce si spaccarono” (Mt<\/em> 27,51), e questo ci richiama la frase di Ges\u00f9 per cui “gli astri si metteranno a cadere dal cielo” (Mc<\/em> 13,25). Ma ci impressiona soprattutto che le parole di Ges\u00f9 sul Figlio dell’uomo verranno riprese da lui in un’altra occasione, sempre nel racconto della Passione, ovvero davanti al Sinedrio. \u00c8 anzi questa una delle ragioni della condanna di Ges\u00f9.<\/p>\n

Il Figlio dell’Uomo \u00e8 la figura centrale del brano odierno. Come detto, l’espressione \u00e8 tratta dal libro del profeta Daniele<\/em>, al cap. 7, 13-14. L\u00ec \u00e8 descritta una visione che Daniele ebbe in sogno: “Guardando ancora nelle visioni notturne, ecco apparire, sulle nubi del cielo, uno simile ad un figlio di uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui, che gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere \u00e8 un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno \u00e8 tale che non sar\u00e0 mai distrutto”.<\/p>\n

Ges\u00f9 si descrive in tale modo, quando risponde al sommo sacerdote che gli domanda se \u00e8 lui il Messia. Ges\u00f9 dice: “Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo” (14,62). Quando accadr\u00e0 questa visione? Per noi che crediamo che Ges\u00f9 sia il Messia, il Cristo, ha gi\u00e0 avuto luogo. La potenza con cui il Figlio di Dio si \u00e8 mostrato \u00e8 quella della sua croce e della risurrezione. Il futuro \u00e8 realizzato, ma questo non ci distoglie dall’aspettarne il definitivo compimento. Anzi, noi cristiani sappiamo che il Regno \u00e8 gi\u00e0 qui, ma in esso dobbiamo ancora “entrare” pienamente, fino alla fine dei tempi.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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