{"id":5485,"date":"2006-11-03T00:00:00","date_gmt":"2006-11-02T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5485"},"modified":"2015-07-21T12:08:29","modified_gmt":"2015-07-21T10:08:29","slug":"donna-artigiana-tra-due-fuochi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/donna-artigiana-tra-due-fuochi\/","title":{"rendered":"Donna artigiana tra due fuochi"},"content":{"rendered":"

Si sono conclusi la scorsa settimana, a Roma, i lavori del III Osservatorio sull’imprenditoria femminile artigiana in Italia, nel corso dell’ottava convention nazionale di Confartigianato Donne impresa. Sono 80 mila le piccole e medie imprese italiane gestite da donne. Per le donne a capo di imprese artigiane, i problemi sono doppi: ci sono quelli da imprenditrice e quelli legati alla famiglia. Eccone qualcuno del primo tipo. A parlare \u00e8 la presidente del gruppo Donne impresa di Terni, Carla Coletti, 57 anni, due figli, ternana. Nel 1978, insieme al marito, fond\u00f2 la legatoria industriale Coletti, che confeziona libri; ha una filiale anche a Viterbo. Artigiane: i problemi da impresa”La nuova Finanziaria ci penalizza: troppe tasse – afferma Coletti. – Indirizzare poi il trattamento di fine rapporto (Tfr) verso la previdenza complementare \u00e8 una mossa del Governo che toglie troppa liquidit\u00e0 alle nostre aziende artigiane, e che penalizza quelle con pi\u00f9 dipendenti. Siamo alle solite: l’artigiano non \u00e8 protetto, anche se noi artigiani portiamo molte risorse allo Stato. La grande industria – continua l’imprenditrice ternana – ha pi\u00f9 aiuti, usa con facilit\u00e0 la cassa integrazione e riesce a risanare i bilanci, mentre per le nostre aziende c’\u00e8 solo il 15 per cento di finanziamento a fondo perduto, ma solo se facciamo forte innovazione tecnologica. Cosa che non sempre ci conviene: anche i nostri macchinari vanno ammodernati, ma spesso non serve sostituirli del tutto: sarebbe solo uno spreco’. ‘ e quelli da mammaEcco invece un esempio di problemi del secondo tipo, di quelli legati alla famiglia. Ancora la signora Coletti: ‘Discutiamo da anni sulla necessit\u00e0 dei servizi per l’infanzia nelle zone industriali – spiega – che sarebbero fondamentali per tutte le donne in attivit\u00e0, imprenditrici e lavoratrici. Invece niente, continuiamo solo a parlarne, anche nei nostri incontri. Eppure sarebbe molto importante che lo Stato ci desse almeno la possibilit\u00e0 di scaricare i costi delle baby sitter a cui molte di noi affidano i propri bambini, e lo stesso potrebbe essere fatto per le badanti straniere che assistono i nostri anziani. Se questo avvenisse, si potrebbero creare anche nuovi posti di lavoro e in regola. Per ora, per\u00f2, sono solo chiacchiere e questi costi ricadono direttamente sempre e solo su noi donne’. Secondo i dati diffusi da Confartigianato, in Italia sono 364.885 le imprenditrici artigiane: operano soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, dove si concentra la maggior parte delle piccole e medie imprese al femminile. Il 51,2% ha iniziato l’attivit\u00e0 per continuare la tradizione familiare avviata dai genitori o da altri parenti. Il 34,5% ha fondato direttamente l’impresa, il 14,3% ha rilevato l’azienda o ne \u00e8 diventata socia. Il 57% delle artigiane vorrebbe lasciare l’attivit\u00e0 ai figli: il 46,7% la lascerebbe in eredit\u00e0 al maschio, perch\u00e9 ‘ha pi\u00f9 possibilit\u00e0 di carriera’, mentre il 40% alla femmina, perch\u00e9 ritenuta ‘pi\u00f9 affidabile’. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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