{"id":52983,"date":"2018-09-29T12:00:16","date_gmt":"2018-09-29T10:00:16","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=52983"},"modified":"2018-09-27T13:05:08","modified_gmt":"2018-09-27T11:05:08","slug":"siria-hanna-jallouf-frati-rimasti-idlib","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/siria-hanna-jallouf-frati-rimasti-idlib\/","title":{"rendered":"SIRIA. Parla il francescano Hanna Jallouf, uno dei due frati rimasti ad Idlib"},"content":{"rendered":"

\u201cRingraziamo il Signore che ancora siamo vivi!\u201d. La voce di padre<\/span> Hanna Jallouf<\/strong>, 66 anni, francescano siriano della Custodia di Terra Santa, \u00e8 quella dei cristiani che vivono nei villaggi di Knayeh, Yacoubieh e Gidaideh nella zona di Idlib<\/a>, nel nord della Siria, ultimo bastione degli oppositori al presidente siriano Assad e dei terroristi islamisti.<\/span><\/p>\n

Qui, a poca distanza dal confine turco, si sono concentrati in questi anni di guerra decine di migliaia di combattenti<\/strong>, anche stranieri, del fronte<\/span> Hayat Tahrir al-Sham (gruppo jihadista di ideologia salafita, affiliato ad Al-Qaeda ed erede del meglio conosciuto<\/span> Jabhat Al Nusra ) decisi a non arrendersi all\u2019esercito regolare siriano e ai suoi alleati russi e iraniani.<\/span><\/p>\n

Nei giorni scorsi si era parlato di un\u2019imminente attacco<\/strong> volto alla riconquista della roccaforte jihadista; poi rientrato in seguito al vertice di Sochi, sul Mar Nero, durante il quale il presidente russo Putin e il leader turco Erdogan hanno trovato un accordo per creare, intorno a questa area contesa, una zona demilitarizzata. L\u2019accordo dovrebbe portare al \u201critiro di tutti i combattenti radicali\u201d da Idlib, scongiurando una crisi umanitaria di vaste proporzioni, dal momento che nell\u2019area vivono anche due milioni e mezzo di siriani, molti dei quali sfollati interni. <\/span><\/p>\n

L\u2019accordo ha fatto tirare un sospiro di sollievo a padre Hanna e al suo confratello Luai Bsharat, gli unici religiosi cristiani rimasti a Knayeh e Yacoubieh, nei conventi di San Giuseppe e di Nostra Signora di Fatima. Allontanato per ora lo spettro di nuovi combattimenti, sul terreno restano i problemi di sempre e \u201ccondizioni di vita sempre pi\u00f9 dure man mano che sale la tensione\u201d.<\/span><\/p>\n

\u201cNon sappiamo come andr\u00e0 a<\/span><\/strong> finire \u2013 dice padre Hanna<\/strong>, che \u00e8 parroco latino di Knayeh. – I ribelli non intendono n\u00e9 arrendersi n\u00e9 ritirarsi. Se lo facessero, tutti noi che viviamo qui, cristiani e musulmani, ne trarremmo giovamento. Anche i nostri fratelli musulmani soffrono molto. Vengono costretti ad andare in moschea e a seguire pratiche che sono solo nella mente di questi fanatici\u201d. <\/span><\/p>\n

Dal canto loro i cristiani di Knayeh e Yacoubieh vivono rintanati in casa terrorizzati. \u201cLa paura \u00e8 enorme per le nostre comunit\u00e0, gi\u00e0 povere – dichiara il frate. – Gli aiuti non arrivano come un tempo, e sono iniziati i rapimenti. Non conosciamo gli autori di questi<\/span> crimini, se siano semplici malviventi o membri delle milizie che controllano la zona. Alcuni giorni fa \u00e8 stato rapito il nostro avvocato e la famiglia ha dovuto sborsare circa 50 mila dollari per il suo rilascio. Una cifra enorme\u201d.<\/span><\/p>\n

Anche padre Hanna ha vissuto l\u2019esperienza del rapimento<\/strong>: venne prelevato da miliziani del fronte Jahbat Al-Nusra nell\u2019ottobre del 2014, con 16 parrocchiani. (Continua a leggere gratuitamente sull’edizione digitale de La Voce<\/em><\/a>).<\/span><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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