{"id":52445,"date":"2018-07-22T10:00:13","date_gmt":"2018-07-22T08:00:13","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=52445"},"modified":"2018-07-18T17:12:58","modified_gmt":"2018-07-18T15:12:58","slug":"cuore-la-buccia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/cuore-la-buccia\/","title":{"rendered":"Il cuore e la buccia"},"content":{"rendered":"

di Angelo M. Fanucci\u00a0<\/strong><\/p>\n

Il punto di partenza \u00e8 riconoscere le differenze come rivelazione di Dio<\/em>, questa, secondo il preposto dei Gesuiti, \u00e8 la premessa necessaria per relazionarsi con quel mondo davanti al quale Dio ci ha collocati per lavorare alla crescita del Regno. Una posizione che lascia sconcertati tutti coloro che non hanno ancora introiettato uno dei punti chiave del Concilio ecumenico Vaticano II, e ragionano ancora con gli strumenti che ci ha messo a disposizione il Concilio di Trento. Nelle lettera settimanale che la mia associazione, il Gibbo, spedisce da poco meno di dieci anni, mi sono arrabattato a seguire passo passo il cammino che le fede della Chiesa ha percorso per acquisire quel principio del primato della coscienza che, a partire dal Rinascimento, le chiedeva la cultura laica, quella schietta, quella che \u00e8 davvero in ricerca, e non rifiuta di acquisire nuove verit\u00e0 anche se non \u00e8 stata lei a farle proprie. \u00c8 stato un cammino lungo e difficile, dal Sillabo<\/em> di Pio IX (1864) alla Gaudium et spes<\/em> del Vaticano II. Un cammino le cui luminose conclusioni teoriche, proprio perch\u00e9 esso \u00e8 costato tanta fatica, non sono digeribili come acqua di sorgente, e tanto meno assimilabili, capaci di inserirsi tra le categorie che noi credenti medio\/mediocri abitualmente utilizziamo per conoscere la verit\u00e0.<\/p>\n

La differenza come rivelazione di Dio<\/strong>. Dio non crea rapporti standard; non fa le cose in serie; la sua misericordia si rivela come infinita, ed \u00e8 letteralmente infinita. Soprattutto nel fatto che Egli, fin da quando decide di vararla \u201cne lo gran mar dell\u2019essere\u201d, con ogni sua creatura instaura un rapporto assolutamente unico, originale, irrepetibile, dotandola di una fisionomia che \u00e8 sua e solo sua. E io, Chiesa del Dio di Ges\u00f9, nel momento in cui incontro questa creatura, devo essere cosciente di non trovarmi di fronte a una tabula rasa<\/em>,ma a un soggetto che gi\u00e0 vive in osmosi con Dio.<\/p>\n

Come dicevano i teologi medievali, Dio crea in quanto comunica alla sua creatura l\u2019 unum<\/em>, il verum<\/em> e il bonum<\/em>: la forte coesione che la tiene insieme e la spinta altrettanto forte ad aprirsi alla verit\u00e0 che le viene da fuori e alla donazione che la fa uscire da s\u00e9.<\/p>\n

Papa Francesco<\/strong>, quando incontra uno shintoista, o un confuciano, o un animista, ecc., non gli dice quello che gli direbbe sant\u2019Agostino (\u201cconvertiti, ricevi il battesimo e salvati l\u2019anima; e se in giro non c\u2019\u00e8 nemmeno una goccia d\u2019acqua\u2026 mi dispiace per te\u201d), ma coglie quello che Dio, creandolo, ha deposto in lui.<\/p>\n

Certo, cos\u00ec il proselitismo ha fatto un passo indietro rispetto al riconoscimento delle differenze come rivelazione di Dio. \u00c8 stata una scelta sbagliata? No, era la scelta che i tempi chiedevano – i tempi di Dio, cio\u00e8 la maturazione degli approcci culturali. La scelta giusta.<\/p>\n

E chiss\u00e0 che avr\u00e0 provato Eugenio Scalfari, quando s\u2019\u00e8 reso conto che i decenni di militanza laica, con i quali pensava d\u2019avere colpito al cuore la Chiesa, ne avevano preso a calci la buccia!<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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