{"id":5233,"date":"2006-06-23T00:00:00","date_gmt":"2006-06-23T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5233"},"modified":"2006-06-23T00:00:00","modified_gmt":"2006-06-23T00:00:00","slug":"cultura-spalanca-le-porte-a-cristo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/cultura-spalanca-le-porte-a-cristo\/","title":{"rendered":"‘Cultura, spalanca le porte a Cristo!’"},"content":{"rendered":"
Si \u00e8 tenuto presso la ‘Casa di ospitalit\u00e0 Nazareno’ di Spoleto, nel pomeriggio di domenica 18, l’incontro regionale dei gruppi Meic (Movimento ecclesiale di impegno culturale) dell’Umbria. Il tema scelto era quello di ‘Cultura e comunicazione. Il Meic verso Verona 2006’. Il relatore, mons. Elio Bromuri, assistente del gruppo Meic di Perugia, ha sviluppato la sua riflessione in diversi punti che hanno evidenziato in primo luogo il senso del cammino della Chiesa italiana, visto che siamo oggi di fronte ad una svolta che consiste nella ‘conversione pastorale’ presentata e proposta a Palermo nel Convegno ecclesiale del 1995. Si tratta di rendere la Chiesa pi\u00f9 aperta, propositiva, missionaria: andare incontro al mondo per annunciare il Cristo come salvatore, sulla scorta delle parole che hanno fatto da sottofondo al lungo pontificato di Giovanni Paolo II: ‘Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo. Egli sa”. Questo monito \u00e8 stato in qualche modo ripreso anche da Benedetto XVI nell’omelia della messa di inizio del suo ministero papale (24 aprile 2005): ‘Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla e dona tutto. Chi si dona a lui riceve il centuplo. S\u00ec, aprite, spalancate le porte a Cristo e troverete la vera vita’. Questa prospettiva \u00e8 anche presentata efficacemente nel documento della Cei sugli orientamenti pastorali del decennio in corso: Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Per questo, ha sottolineato don Elio Bromuri come secondo punto, si rende necessario ‘ricentrare’ su Cristo la fede e la prassi ecclesiale, non secondo schemi astratti, ma attraverso la contemplazione del volto del Risorto, perch\u00e9 da questa contemplazione nasce la forte adesione a Cristo, nasce la forte identificazione personale del cristiano adulto e maturo, consapevole di s\u00e9 come credente. Ovvero da questa appartenenza nasce in terzo luogo lo ‘zelo’, la missionariet\u00e0, la spinta all’annuncio, senza ricorrere ad un’identit\u00e0 aggressiva o ad un fondamentalismo ottuso tipico di sette e nuovi movimenti religiosi. Mons. Bromuri ha evidenziato, come quarto punto, che \u00e8 a partire da questo che si pongono i problemi della cultura e della comunicazione, perch\u00e9 la Chiesa in questa prospettiva \u00e8 chiamata a diffondere il Vangelo ad ogni creatura, ma se si perde il contatto vivo con il Cristo si genera soltanto la confusione oggi esistente sulla persona di Ges\u00f9: da chi lo nega nella sua stessa esistenza, a chi lo considera soltanto un rabbi (visione ebraica) o un impostore insieme a Mos\u00e9 e Maometto, o un prodotto di Giuda, il vero salvatore vittima del disegno di Dio (Il vangelo di Giuda), o marito di Maria di Magdala (Codice da Vinci), o santo profeta precursore di Maometto (Corano), o entit\u00e0 paradigmatica della spiritualit\u00e0 esoterica insieme agli ‘avatara’ dell’induismo e cos\u00ec via. Quali sono allora gli orizzonti attorno ai quali si muove il cammino della Chiesa? Essi, secondo il relatore, sono i seguenti: a) l’ascolto di se stessi, degli altri, dei fratelli, degli avversari e oppositori in dialogo con il mondo che cambia; b) dare spazio all’iniziazione e all’educazione alla fede, poich\u00e9 nel pluralismo delle opinioni e delle opzioni si deve saper educare all’intelligenza della fede, cio\u00e8 ad una mentalit\u00e0 di fede autenticamente cristiana; c) dare spazio alla inculturazione della fede in senso antropologico, calando la fede nella vita, nel modo di sentire, nello stile dei comportamenti, nell’ispirazione delle scelte personali e collettive. Pertanto l’inculturazione della fede e l’evangelizzazione della cultura sono grandi temi che non dovrebbero essere accantonati poich\u00e9 una loro non adeguata impostazione ha portato in passato a esperienze dolorose, di cui la Chiesa nel Giubileo del Duemila ha chiesto perdono, e potrebbe indurre di nuovo a conseguenze negative.In conclusione, i punti restanti proposti dal relatore si possono schematicamente sintetizzare affermando che una fede che non diventa cultura non \u00e8 efficace e non entra nella profondit\u00e0 della vita dei singoli e dei popoli; la cultura oggi non \u00e8 mai disgiunta dai mezzi della comunicazione sociale; la comunicazione della fede avviene in un mondo che cambia; il cambiamento implica un sempre maggiore pluralismo culturale, religioso, etico. A Verona quindi il Meic \u00e8 chiamato a divenire consapevole della chiamata ad essere ‘testimoni del Cristo risorto speranza del mondo’ nelle luci ed ombre del nostro tempo. Tuttavia, come si \u00e8 evidenziato nel dibattito tra i partecipanti, la delusione per le mancate conquiste del Novecento inducono il cristiano a non perdere il contatto con il Risorto e a considerare la speranza cristiana come una virt\u00f9 teologale che deve essere credibilmente testimoniata con la ‘differenza’ della vita dei cristiani, che la traccia per Verona ha indicato in modo particolare nei cinque ambiti della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilit\u00e0 umana, della tradizione, della cittadinanza. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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