{"id":5177,"date":"2006-05-26T00:00:00","date_gmt":"2006-05-26T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5177"},"modified":"2015-06-25T13:06:52","modified_gmt":"2015-06-25T11:06:52","slug":"seduto-alla-destra-del-padre","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/seduto-alla-destra-del-padre\/","title":{"rendered":"Seduto alla destra del Padre"},"content":{"rendered":"
La liturgia abbandona per una domenica il quarto Vangelo (lo riapriremo col lezionario di Pentecoste), e ritorna oggi a Marco, che segna le tappe del presente anno. Mentre l’evento dell’ascensione di Ges\u00f9 sar\u00e0 narrato compiutamente nella prima lettura, anche nella cosiddetta ‘finale lunga’ di Marco, nel penultimo versetto che ascolteremo, \u00e8 conservata la tradizione dell’ascensione di Ges\u00f9: questi, dice il testo, dopo aver parlato agli Undici, “fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio” (Mc<\/em> 16,19).<\/p>\n Queste brevi parole sono tratte, dicevamo, dalla “finale”, che possiamo chiamare anche “conclusione canonica” o “anonima”. In origine, il Vangelo pi\u00f9 antico non finiva cos\u00ec, e lo deduciamo dal fatto che i migliori testimoni testuali si fermano al v. 8 del sedicesimo capitolo, quando l’autore sacro commenta sbigottito come al mattino di Pasqua le donne – pur avendo udito dall’angelo l’annuncio della risurrezione di Ges\u00f9 – “non dissero niente a nessuno, perch\u00e9 avevano paura”. La finale marciana \u00e8 senza dubbio una compilazione dei racconti della risurrezione tramandati dagli altri tre vangeli, una specie di “catechismo pasquale” (Gnilka), e non aggiunge nulla a quanto noi gi\u00e0 sapessimo, ma insiste, come anche Luca, sull’idea che Ges\u00f9 lasci i suoi per tornare al Padre.<\/p>\n Il verbo che descrive l’ascensione di Ges\u00f9, “fu assunto in cielo”, serve, nel Primo Testamento, ad illustrare la stessa sorte toccata ad Elia, che “sal\u00ec al cielo in un turbine” (2 Re<\/em> 2,11; cfr. 1 Mac<\/em> 2,58), ma anche quella del misterioso personaggio – poi molto importante per gli apocrifi giudaici – che \u00e8 Enoch, il quale appunto “fu rapito dalla terra” (Sir<\/em> 49,14). Lo stesso verbo si trova anche a conclusione della bella formula di fede di Paolo, nella sua Prima lettera a Timoteo<\/em>: “Egli si manifest\u00f2 nella carne, fu giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria” (1 Tm<\/em> 3,16).<\/p>\n Il titolo che viene dato a Ges\u00f9, abbinato a quello di Signore, “Signore Ges\u00f9”, vede qui la sua unica occorrenza nei Vangeli, anche se Paolo lo conosce bene, come anche Luca, che lo usa nel suo secondo scritto. Colui che lascia i suoi e sale a Dio non \u00e8 solo il Ges\u00f9 che i discepoli hanno conosciuto, ma \u00e8 il Kyrios<\/em>-Signore, il Risorto che oramai \u00e8 entrato in una realt\u00e0 completamente nuova, e per questo pu\u00f2 sedere alla destra di Dio, cos\u00ec come era stato detto dell'”altro” “Signore” nel Sal<\/em> 110, uno dei pi\u00f9 importanti salmi messianici (“Siedi alla mia destra!”). Descritto brevemente il dato biblico della scena, cerchiamo ora di andare al suo senso, appoggiandoci alla teologia che troviamo nel Catechismo della Chiesa cattolica ai parr. 662-667.<\/p>\n Qui si dice che Ges\u00f9 sale al cielo per poterne aprire la porta agli uomini: “Lasciata alle sue forze naturali, l’umanit\u00e0 non ha accesso alla Casa del Padre (Gv<\/em> 14,2), alla vita e alla felicit\u00e0 di Dio. Soltanto Cristo ha potuto aprire all’uomo questo accesso ‘per darci la serena fiducia che dove \u00e8 lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria’ (Messale romano<\/em>, prefazio dell’Ascensione<\/em>, I)”. Si vuole dire, se capisco bene, che nonostante il desiderio di conoscere Dio, e lo sforzo per poterlo incontrare, solo Dio pu\u00f2 rivelarsi a chi lo cerca. Ci\u00f2 \u00e8 possibile in particolare dopo la passione e risurrezione del Messia. Stefano, il primo martire, annuncia infatti che quella porta, che il Signore Ges\u00f9 ha spalancato, rimane aperta e non si chiude pi\u00f9: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio” (At\u00a0<\/em>7,56).<\/p>\n \u00c8 da l\u00ec, da quello stesso cielo, come profetizzato nell’Apocalisse, che discender\u00e0 poi la Gerusalemme nuova, quella citt\u00e0 dove l’agnello \u00e8 il Signore che tutti riconosceranno, e nella quale non si udranno pi\u00f9 pianti e lamenti e non vi sar\u00e0 pi\u00f9 il male (cfr. Ap<\/em> 21). Ad entrare in questo nuovo cielo – in questa nuova “terra” – \u00e8 Ges\u00f9 nella sua umanit\u00e0, scrive il Catechismo, anzi, \u00e8 proprio “la sua umanit\u00e0” ad addentrarsi nella gloria divina. Non sale al Padre un Ges\u00f9 liberato dal peso del suo corpo o della sua storia (visione gnostica, questa, riportata ad es. nell’apocrifo Vangelo di Giuda da poco tornato in auge coi mass media), anzi, \u00e8 proprio l’opposto, e allo stesso modo saremo salvati anche noi.<\/p>\n San Leone Magno, a proposito, spiega che con l’ascensione di Ges\u00f9 “la nostra povera natura umana \u00e8 stata portata da Cristo sopra tutti i cieli, sopra tutti i suoi abitanti, sopra tutte le schiere angeliche, al trono stesso di Dio Padre” (Sermone<\/em> 74). Cosa significa, infine, che Ges\u00f9 \u00e8 “alla destra del Padre”? Tale espressione, oltre ad indicare la dignit\u00e0 e la gloria che gli sono dovute, come Figlio nella sua divinit\u00e0, lascia intendere che l\u00ec, accanto al Padre, il Signore Ges\u00f9 pu\u00f2 presentargli le nostre preghiere, e per noi pu\u00f2 intercedere: “In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, essendo egli sempre vivo per intercedere a favore di quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio (Eb<\/em> 7,25). Come sommo sacerdote dei beni futuri (Eb<\/em> 9,11) egli \u00e8 il centro e l’attore principale della liturgia che onora il Padre nei cieli” (CCC<\/em> 662).<\/p>\n “Ges\u00f9 Cristo, essendo entrato una volta per tutte nel santuario del cielo, intercede incessantemente per noi come il mediatore che ci assicura la perenne effusione dello Spirito santo” (667).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La liturgia abbandona per una domenica il quarto Vangelo (lo riapriremo col lezionario di Pentecoste), e ritorna oggi a Marco, che segna le tappe del presente anno. 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