{"id":5148,"date":"2006-05-12T00:00:00","date_gmt":"2006-05-11T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5148"},"modified":"2015-08-07T14:51:10","modified_gmt":"2015-08-07T12:51:10","slug":"il-piu-bel-frutto-della-vigna","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-piu-bel-frutto-della-vigna\/","title":{"rendered":"Il pi\u00f9 bel frutto della vigna"},"content":{"rendered":"

Lo storico ebreo Giuseppe Flavio, nel libro quindicesimo delle Antichit\u00e0 giudaiche, racconta che entrando nel Tempio di Gerusalemme, quello restaurato da Erode il Grande a sue spese tra il 23 e il 19 a.C., appena passate le porte d’ingresso al santuario, si poteva assistere ad uno spettacolo mozzafiato: “In cima a tutto, sotto i fregi, si estendeva una vite d’oro con grappoli pendenti, una meraviglia, per dimensioni e lavorazione, a vedere con quanto prezioso materiale l’opera era stata effettuata” (trad. M. Simonetti).<\/p>\n

Non dice la ragione di quel monumento, posto proprio l\u00ec, all’ingresso del santuario, ma possiamo facilmente immaginarci che la vite evocasse una simbolica ben comprensibile per i pellegrini che arrivavano alla citt\u00e0 santa.Israele infatti \u00e8 frequentemente rappresentata, nel Primo Testamento, come una vite (o una vigna): Osea scrive che Israele \u00e8 una “rigogliosa vite che d\u00e0 frutto abbondante” (10,1-2); il profeta Isaia parla del popolo di Dio come una vigna piantata su fertili colli (5,1-7); anche Geremia dice di una vigna scelta, ‘tutta di vitigni genuini’ (2,21); ed espressioni analoghe troviamo anche in Ezechiele.<\/p>\n

Un salmo, in particolare, il salmo<\/em> 80, dice che il Signore “ha divelto una vite dall’Egitto, per trapiantarla ha espulso i popoli. Le ha preparato il terreno, ha affondato le sue radici e ha riempito la terra”, esprimendo la cura con cui Dio si \u00e8 occupato del suo popolo, la stessa cura che un contadino ha per ci\u00f2 che gli fornisce di che vivere – come i campi o gli animali. \u00c8 strano per\u00f2 che ogni volta che Israele nell’Antico Testamento viene raffigurato, nelle sue vicissitudini storiche, come una vigna o una vite, quel popolo \u00e8 posto sotto il giudizio di Dio per la sua corruzione, e spesso perch\u00e9 – nonostante le attese di chi lo “coltiva” – non porta frutti buoni. Ecco perch\u00e9 “\u00e8 possibile che la descrizione di Ges\u00f9 come la vera vite sia pensata per contrastare il fallimento della vigna-Israele quando non ha adempiuto alla chiamata di Dio a portare frutti” (G.R. Beasley-Murray).<\/p>\n

Da questa affermazione possiamo trarre alcuni principi. Ges\u00f9, per noi cristiani, \u00e8 il pi\u00f9 bel frutto della vite che \u00e8 Israele. E qui bisogna essere, credo, precisi: quando Ges\u00f9 dice di essere la vera vite, di per s\u00e9 non nega che Israele sia la vite del Padre. Dice che la vite \u00e8 vera quando porta frutto, e questo Ges\u00f9 l’ha senza dubbio fatto. Ma la vite che \u00e8 Ges\u00f9 non nasce dal nulla, ha origine e si sviluppa in quel vigneto che \u00e8 il popolo dell’Alleanza. Fermiamoci un poco su questo punto.Con la cosiddetta terza ricerca sul Ges\u00f9 storico si \u00e8 in particolare sottolineato l’indissolubile legame che collega Ges\u00f9 col suo popolo. In un documento vaticano del 1985 (Sussidi per una corretta presentazione degli ebrei e dell’ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica) si afferma che “Ges\u00f9 \u00e8 ebreo e lo \u00e8 per sempre; il suo ministero si \u00e8 volontariamente limitato alle pecore perdute della casa d’Israele (Mt<\/em> 15,24). Ges\u00f9 \u00e8 pienamente un uomo del suo tempo e del suo ambiente ebraico palestinese del I secolo, di cui ha condiviso gioie e speranze. Ci\u00f2 sottolinea, come \u00e8 stato rivelato nella Bibbia, sia la realt\u00e0 dell’incarnazione che il significato stesso della storia della salvezza”.<\/p>\n

Nell’Osservatore Romano del 29 dicembre 2000 l’allora card. J. Ratzinger, in un articolo intitolato “L’eredit\u00e0 di Abramo dono di Natale” ebbe a scrivere che Ges\u00f9 di Nazareth \u00e8 il “dono supremo” che gli ebrei hanno fatto ai cristiani. Ges\u00f9, proprio per questa sua unit\u00e0 col popolo che lo ha generato, ne \u00e8 un rappresentante a pieno titolo, e anche la comunit\u00e0 che da lui viene, la Chiesa, pu\u00f2 essere annoverata tra i diversi giudaismi presenti nel I secolo d.C., come uno dei modi, cio\u00e8 \u00a0– che per noi pu\u00f2 essere sintetizzato nell’espressione \u00a0“nuovo Israele”, che si trova a fianco di quello “antico” – di vivere la fede di Abramo. In Ges\u00f9 si \u00e8 sicuri di portare frutto. Come egli porta frutto perch\u00e9 legato al Padre (il vignaiolo), cos\u00ec, anche per i cristiani, tanto quanto si \u00e8 uniti a Ges\u00f9, si pu\u00f2 combattere contro il fallimento, quello che spesso caratterizza l’esperienza umana, e si pu\u00f2 contrastare la triste possibilit\u00e0 di buttare via la vita, ed anzi, di essere ‘buttati via’ nel fuoco.<\/p>\n

Il nostro testo presenta davvero la realt\u00e0 per quella che \u00e8, senza sconti o illusioni: si pu\u00f2 perdere la vita in senso positivo, donandola agli altri attraverso Ges\u00f9, ma si pu\u00f2 anche perderla in senso tragico, buttandola cio\u00e8 “via”, sprecandola e facendola magari sprecare anche ad altri. Cos\u00ec \u00e8 detto in Mc<\/em> 8,34-35: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perch\u00e9 chi vorr\u00e0 salvare la propria vita, la perder\u00e0; ma chi perder\u00e0 la propria vita per causa mia e del vangelo, la salver\u00e0”.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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