{"id":5056,"date":"2006-03-24T00:00:00","date_gmt":"2006-03-23T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=5056"},"modified":"2015-07-24T11:27:44","modified_gmt":"2015-07-24T09:27:44","slug":"il-serpente-innalzato","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-serpente-innalzato\/","title":{"rendered":"Il serpente innalzato"},"content":{"rendered":"
Il colloquio di Ges\u00f9 con Nicodemo si trova, nel piano narrativo del Vangelo giovanneo, appena al terzo capitolo, cio\u00e8 praticamente al suo inizio, ma i contenuti l\u00ec trasmessi sono gi\u00e0 carichi di presagi di morte. Forse per questa ragione – e anche perch\u00e9 il fariseo parla di segni\/miracoli gi\u00e0 compiuti da Ges\u00f9 e di cui \u00e8 a conoscenza (cfr. Gv<\/em> 3,2) – alcuni studiosi pensano che l’episodio del dialogo si trovasse originariamente pi\u00f9 avanti nel Vangelo, dopo il racconto dei miracoli compiuti a Gerusalemme.<\/p>\n La principale allusione alla futura passione \u00e8 quella dei vv. 14-15: “Come Mos\u00e8 innalz\u00f2 il serpente nel deserto, cos\u00ec bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perch\u00e9 chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. La coscienza di Ges\u00f9 di fronte alla sua morte, se vista nel contesto dell’inizio del quarto Vangelo, lascia ancor pi\u00f9 sbigottiti. Non siamo, cio\u00e8, alla conclusione del racconto, quando oramai l’evangelista ci ha detto degli scontri che Ges\u00f9 ha avuto coi suoi avversari; Ges\u00f9, a questo punto, ha appena iniziato il suo ministero. Certo, sappiamo gi\u00e0 dal prologo (che rappresenta una sorta di preparazione al Vangelo), che “i suoi” non l’hanno accolto (cfr. Gv<\/em> 1,11), ma qui Ges\u00f9 parla con molta pi\u00f9 chiarezza del suo destino. Sappiamo anche che poco prima del nostro colloquio con Nicodemo Ges\u00f9 ha cacciato i mercanti dal Tempio, e anche in quella occasione ha parlato della distruzione del suo corpo; ma qui Ges\u00f9 parla addirittura del suo innalzamento sulla croce.<\/p>\n Si tratta di una predizione della passione del tutto analoga a quelle tre che sono documentate nei Vangeli sinottici (cfr. Mc<\/em> 8,31; 9,31; 10,33-34), e infatti con quelle condivide alcuni caratteri. Anzitutto l’espressione “Figlio dell’uomo”, che viene usata proprio per descrivere colui che patisce la stessa sorte degli uomini. Vi \u00e8 poi un altro dettaglio, l’uso del verbo essere necessario (“dei”, in greco): questo verbo designa una necessit\u00e0 incondizionata, da attribuire alla stessa volont\u00e0 di Dio. In qualche modo, significa che quello che sta accadendo “era gi\u00e0 stato scritto”, e quindi profetizzato nei libri sacri (Balz-Schneider). Infatti, ecco che dietro le parole di Ges\u00f9 sul serpente ci sono proprio due testi dell’Antico Testamento. Il primo riferimento \u00e8 all’episodio narrato nel libro dei Numeri (21,6ss.).<\/p>\n Il popolo, nel deserto all’uscita dall’Egitto, si \u00e8 nuovamente ribellato contro Dio, lamentando la mancanza di acqua e di buon cibo. Mos\u00e8, per salvarlo dal castigo dei “serpenti che bruciano”, deve costruire un serpente e metterlo su un’asta. Dio gli dice: “Chiunque lo guarder\u00e0 rester\u00e0 in vita” (Nm<\/em> 21,8). L’idea, come si vede, \u00e8 molto vicina alle parole di Giovanni, per cui “chiunque crede in lui (il Figlio dell’uomo innalzato) ha la vita eterna” (Gv<\/em> 3,15). Il secondo collegamento \u00e8 con il libro del profeta Isaia. L\u00ec, al cap. 52, si parla di un misterioso personaggio, il Servo del Signore, che “avr\u00e0 successo, sar\u00e0 onorato, esaltato e molto innalzato. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo – cos\u00ec si meraviglieranno di lui molte genti” (Is<\/em> 52,13-15).<\/p>\n L’innalzamento di Ges\u00f9, anche in analogia con gli annunci della passione che si trovano nei sinottici, non significa allora soltanto la sua crocifissione. Certo, il Servo del Signore deve patire, e morire, ma anche essere innalzato. Qui abbiamo cos\u00ec un’anticipazione della futura glorificazione di Ges\u00f9, l’elevazione del Figlio che si avvicina cos\u00ec ancor pi\u00f9 al Padre, per potervi poi far ritorno, finalmente, l\u00ec da dove era venuto. Ecco confermato un dato che emerge molto chiaramente nella teologia del Vangelo di Giovanni<\/em>. Per questo Vangelo, la morte del Messia \u00e8 indissolubilmente legata alla sua risurrezione, e tutt’e due queste componenti formano la glorificazione del Signore Ges\u00f9. L’una e l’altra non possono essere separate. Guai a pensare ad una fine di sofferenza e di morte, senza esito di speranza. Allo stesso modo, anche negli annunci della passione nei sinottici, al dolore \u00e8 accompagnata la salvezza; Ges\u00f9 insegna, infatti, che il Figlio dell’uomo deve soffrire, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, “dopo tre giorni, risuscitare” (Mc<\/em> 8,31).<\/p>\n Ma guai anche a staccare la passione dalla risurrezione. La glorificazione \u00e8 data dal fatto che Ges\u00f9, con coraggio, offre la sua vita per i credenti, lasciandosi innalzare sulla croce, come il serpente \u00e8 stato innalzato per la salvezza del popolo di Israele. La vita eterna, allora, \u00e8 credere – come dice Giovanni – nel risorto, ma quello crocifisso (cfr. Gv<\/em> 3,15).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Il colloquio di Ges\u00f9 con Nicodemo si trova, nel piano narrativo del Vangelo giovanneo, appena al terzo capitolo, cio\u00e8 praticamente al suo inizio, ma i contenuti l\u00ec trasmessi sono gi\u00e0 carichi di presagi di morte. 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