{"id":4852,"date":"2005-12-09T00:00:00","date_gmt":"2005-12-09T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=4852"},"modified":"2005-12-09T00:00:00","modified_gmt":"2005-12-09T00:00:00","slug":"i-primi-40-anni-del-concilio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/i-primi-40-anni-del-concilio\/","title":{"rendered":"I primi 40 anni del Concilio"},"content":{"rendered":"
Mi trovo a scrivere queste righe lo stesso giorno, il 7 dicembre, in cui quarant’anni fa si concludeva il Concilio Vaticano II. Mi risulta spontaneo e mi sembra giusto ricordare l’evento con le parole del Papa di allora, Paolo VI: ‘Noi concludiamo quest’oggi il Concilio Vaticano II. Lo concludiamo nella pienezza della sua efficienza ‘ Questo concilio consegna alla storia l’immagine della Chiesa cattolica raffigurata da quest’aula, piena di Pastori professanti la medesima fede, spiranti la medesima carit\u00e0, associati alla medesima comunione di preghiera, di disciplina, di attivit\u00e0, e – ci\u00f2 che \u00e8 meraviglioso – tutti desiderosi di una cosa sola, di offrire se stessi, come Cristo nostro Maestro e Signore, per la vita della Chiesa e per la salvezza del mondo’. Quei pastori erano circa duemilacinquecento, provenienti da tutti i continenti. Un grande spettacolo. Il mondo ne \u00e8 rimasto sorpreso e in qualche modo coinvolto. Il prestigio indiscusso della Chiesa cattolica, durante questi quarant’anni, \u00e8 dovuto anche a questa immagine che \u00e8 perdurata. Anche oggi i pastori della Chiesa sparsi nel mondo, e non solo essi, non manifestano immagine difforme e non nutrono diverso desiderio. Il seme del Concilio non \u00e8 morto e continua a portare frutti. Una nota particolarmente accentuata sul significato ‘religioso’ del Concilio secondo Paolo VI (discorso del 7 dicembre 1965) \u00e8 costituita da ‘l’interesse e lo studio del mondo’. ‘Mai, forse, come in questa occasione – confessa il Papa – la Chiesa ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la societ\u00e0 circostante, e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento’. \u00c8 un’affermazione che a Paolo VI sar\u00e0 attribuita in negativo come una esagerazione (‘In ginocchio davanti al mondo’, sar\u00e0 detto da un suo amico). Ma non \u00e8 una nota teologica, n\u00e9 una captatio benevolentiae per poter consegnare con efficacia al mondo i suoi prodotti dottrinali, quanto un sincero amore e una passione per l’uomo, per ogni uomo e per la sorte dell’umanit\u00e0. La Chiesa di allora era ben consapevole di dover andare alla ricerca di un mondo perduto, di popoli allontanati, di nazioni imprigionate nel falso ideologico e nella dittatura della menzogna. Paolo VI descrive come la scena di un dramma l’incontro dell’uomo con i Padri, il suo ingresso nell’aula conciliare: ‘Tutto l’uomo rivestito degli abiti delle sue innumerevoli apparenze, si \u00e8 quasi drizzato davanti al consesso dei Padri conciliari, essi pure uomini, tutti pastori e fratelli, attenti perci\u00f2 e amorosi: l’uomo tragico dei suoi propri drammi, l’uomo superuomo di ieri e di oggi e perci\u00f2 sempre fragile e falso, egoista e feroce’. L’uomo misterioso, complesso e contraddittorio, ignoto pure a se stesso e tuttavia ricercato con l’ansia del pastore, il buon pastore, che cerca la pecora smarrita. Agli uomini e donne del nostro tempo la Chiesa consapevole di potersi chiamare ‘ancella dell’umanit\u00e0’, l’8 dicembre festa dell’Immacolata di quarant’anni fa, nella conclusione solenne, lancia al mondo messaggi di speranza chiamando tutti alla responsabilit\u00e0: governanti, uomini di pensiero e di scienza, artisti, donne, lavoratori, poveri, ammalati, tutti coloro che soffrono, giovani. In questi messaggi \u00e8 delineata una specie di Chiesa in concilio ‘permanente’, a servizio ‘permanente’ del mondo, in cui c’\u00e8 un posto per tutti. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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