{"id":477,"date":"2012-01-16T11:09:00","date_gmt":"2012-01-16T11:09:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=477"},"modified":"2012-04-18T07:40:54","modified_gmt":"2012-04-18T07:40:54","slug":"le-potenzialita-positive-della-crisi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/le-potenzialita-positive-della-crisi\/","title":{"rendered":"Le potenzialit\u00e0 positive della crisi"},"content":{"rendered":"
Cos\u2019\u00e8 che preoccupa di pi\u00f9 in questa crisi che il nostro Paese, insieme con l\u2019Europa, sta attraversando? Certo, \u00e8 la gravit\u00e0 oggettiva di essa. Certo, sono le conseguenze che dovremo attenderci per le nostre societ\u00e0, e soprattutto per i ceti pi\u00f9 deboli. Certo, \u00e8 il futuro, sempre meno chiaro, dell\u2019unit\u00e0 europea. Ma si pu\u00f2 dire che queste preoccupazioni esauriscano il quadro? Penso che non si possa proprio dirlo.
\nIl perch\u00e9 non \u00e8 poi cos\u00ec difficile da vedere. Tutti, o quasi tutti, dai politici ai \u201ctecnici\u201d, ai commentatori di vario indirizzo culturale, ai comuni cittadini, riflettono sulla fase attuale come se fosse da leggere tutta e solo in negativo; come se fosse unicamente una partita in totale, irreparabile perdita, come se fossimo caduti in una depressione senza ritorno.
\nMa non \u00e8 cos\u00ec. In questa crisi molto perderemo, molto pagheremo, molto dovremo dare, e anche soffrire. Ma molto, se volessimo, potremmo acquistare, guadagnare. Cosa? La possibilit\u00e0 di capire che il modello di vita cui ci eravamo adattati, e in cui la maggioranza degli uomini e delle donne si trovavano decisamente a proprio agio (lasciando, in moltissimi casi, che i poveri se la vedessero da loro), \u00e8 un modello sbagliato. \u00c8 (era) fondato sul consumo ad oltranza, sull\u2019esibizione del proprio status materiale di vita, sul narcisismo, sulla logica dell\u2019apparire. Implicava l\u2019enfasi sull\u2019individuo come fine assoluto e sulla corsa al successo come obiettivo fondamentale dell\u2019esistenza.
\nSi badi bene: al successo in attivit\u00e0 di cui non contava la sostanza, ma ci\u00f2 che esse potevano offrire per elevare il tenore di vita, la ricchezza, la possibilit\u00e0 di trasformare tutto in mia propriet\u00e0. Non una propriet\u00e0 stabile, ma in continua crescita, fondata sulla possibilit\u00e0 di spendere, di acquisire senza mai sosta. Quindi una propriet\u00e0 costantemente consumata, in cui l\u2019uso valeva soprattutto per ostentazione, in attesa di acquisire beni che potessero essere ostentati pi\u00f9 vistosamente. Auto, moto, vestiti, abitazione, televisori, computer: tutto l\u00ec, pronto per noi, fino a che nuovi modelli e nuove proposte non venivano a farci desiderare di avere una nuova auto, una nuova moto, un nuovo vestito, ecc. A costo, spesso, di debiti, di piccoli prestiti che si accumulavano fino a non poter spesso essere pagati. E allora nuovi prestiti per estinguere quelli vecchi, in una catena senza fine (o talvolta con fini tragiche).
\nIl punto centrale di tutto questo? La chiave di tutto? Forse \u00e8 quella che si potrebbe definire la societ\u00e0 dell\u2019imitazione. Ma il modello da imitare era l\u2019attore, la modella, il personaggio televisivo di successo, il manager (non per quello che effettivamente \u00e8, ma per quello che di lui ci appariva dai tanti film ad esso dedicati, un po\u2019 alla Pretty Woman, insomma). Tutto il resto andava lentamente, ma inesorabilmente, scomparendo: il valore della vera cultura, della formazione alle virt\u00f9 civili, l\u2019importanza della condivisione, il senso della moderazione e della misura, la percezione dell\u2019importanza che ha il conservare le cose, l\u2019avere cura degli oggetti, il trattare le persone come prossimo e non come avversari nella pista della concorrenza sul mercato. E il tutto veniva legittimato da quanto trasmetteva la televisione: l\u00ec vedevamo riflessi i modelli cui la maggior parte di noi si atteneva nella vita, l\u00ec vedevamo i nostri ideali, i nostri grandi o piccoli \u201cfratelli\u201d. Cosa non avremmo dato per apparire al loro fianco! Per vincere in poco tempo, in un gioco, migliaia di euro, per far fortuna senza fatica, per essere \u201cmiracolati\u201d dal conduttore di turno, in un mondo in cui ai miracoli veri non crediamo quasi pi\u00f9.
\nE allora: se questa transizione che stiamo vivendo, che siamo costretti a vivere (e a pagare), provassimo a considerarla anche un\u2019occasione per riflettere su questo nostro modo di vita cos\u00ec futile, cos\u00ec povero, cos\u00ec vuoto? Se pensassimo che ogni crisi non ha soltanto aspetti negativi, ma contiene anche potenzialit\u00e0 positive? Che \u00e8 una sfida, non un resa annunciata ancora prima di cominciare a combattere?
\nLa possiamo affrontare in modo \u201cdepresso\u201d, con la magra speranza di poter tornare a fare tutto come prima. O la possiamo fronteggiare cercando di capire che tornare a come stavamo prima non \u00e8 solo impossibile, ma sarebbe un male. Proviamo a sfruttare la crisi come momento di meditazione seria su chi siamo, almeno in maggioranza, e su chi potremmo diventare se la smettessimo di educare i nostri figli ai disvalori pi\u00f9 avvilenti, se recuperassimo per noi adulti e per loro un po\u2019 di seriet\u00e0, di consapevolezza dei limiti, di senso della parsimonia, di gusto per la custodia dei beni che ci sono stati affidati, materiali e immateriali, e che dovremo trasmettere alle generazioni che verranno dopo di noi.
\nLa Chiesa potrebbe dire molto su questo, facendo valere oggi quel che per anni ci ha insegnato sui guasti del consumismo. Meraviglia un po\u2019 che, per ora, non lo abbia fatto.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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