{"id":45578,"date":"2016-03-03T20:19:23","date_gmt":"2016-03-03T18:19:23","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=45578"},"modified":"2022-03-26T22:10:09","modified_gmt":"2022-03-26T20:10:09","slug":"parole-della-quaresima-carita","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/parole-della-quaresima-carita\/","title":{"rendered":"Parole della Quaresima: carit\u00e0"},"content":{"rendered":"
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Un Emporio Caritas<\/figcaption><\/figure>\n

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Giubileo della Carit\u00e0<\/strong><\/p>\n

Una giornata di ritiro per coloro che operano nel servizio della carit\u00e0 \u00e8 quanto ha chiesto di fare Papa Francesco in questo anno del Giubileo della misericordia. Una giornata da svolgersi nel corso della Quaresima lasciando alle singole realt\u00e0 locali la scelta del momento e le modalit\u00e0 pi\u00f9 opportune, prendendo spunto dal materiale che il Pontificio consiglio \u201cCor Unum\u201d ha predisposto. Anche le diocesi umbre hanno accolto l\u2019invito, alcune stabilendo un appuntamento diocesano (come Spoleto con la giornata del 5 marzo al santuario del Beato Bonilli a Cannaiola di Trevi), altri (come Perugia) con appuntamenti articolati per unit\u00e0 pastorali.Publichiamo una riflessione di don Paolino Trani, direttore della Caritas diocesana di Citt\u00e0 di Castello.<\/p>\n

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La carit\u00e0, intesa come attenzione concreta nei confronti del prossimo bisognoso, \u00e8 la destinazione autentica di ogni percorso quaresimale, diciamo pure di ogni percorso di fede. La stessa misericordia, se non arriva ad aiutare concretamente le persone in difficolt\u00e0, \u00e8 solo un buon sentimento ricevuto o donato. Ma il sentimento, si sa, se non fa i conti con la realt\u00e0 cos\u00ec come essa \u00e8, rischia di essere una grande illusione. D\u2019altra parte, nella \u201csera della vita\u201d saremo giudicati sull\u2019attenzione concreta all\u2019affamato, al malato, al carcerato, allo straniero, perch\u00e9 il Signore reputa come data a Lui questo tipo di attenzione, senza che noi lo sapessimo (Mt 25,37-40).<\/p>\n

Se tutte le nostre porte sante, pellegrinaggi, celebrazioni eucaristiche e penitenziali, adorazioni e indulgenze non portano i cristiani a riconoscere il Signore Ges\u00f9 nelle persone affamate, malate, carcerate, straniere, anche quando sono petulanti, sporche e ingannatrici, persino criminali – perch\u00e9 in carcere queste ci sono -, sono tutte manifestazioni religiose a cui manca qualcosa di importante. Certo c\u2019\u00e8 un amore sano per se stessi che riguarda la propria conversione, il cercare di far pace con se stessi, cercare di comporre i conflitti, le lacerazioni, le fragilit\u00e0, le ferite, i fallimenti che ogni persona si porta dentro. Per questo ci sono percorsi individuali e comunitari che la tradizione popolare cristiana offre da sempre ai credenti. Poi per\u00f2 bisogna uscire, come dice Papa Francesco, andare incontro al fratello sofferente, soprattutto quello scartato e rifiutato. Visto da una certa prospettiva, il Vangelo pu\u00f2 essere letto anche come la storia di un \u201cgran rifiuto\u201d. Ges\u00f9 \u00e8 stato rifiutato, dalla nascita nella grotta di Betlemme, fino alla morte in croce fuori della citt\u00e0. Solo la potenza di Dio lo ha risuscitato, confermando la divinit\u00e0 della sua persona e del suo messaggio. Ma da parte degli uomini ha ricevuto violenza, abbandono, indifferenza fino al disprezzo.<\/p>\n

Stiamo attenti che questa emigrazione di massa – che interpella tutti noi, perch\u00e9 avviene nel tempo in cui viviamo, con tutti i problemi, le difficolt\u00e0 che comporta – non ci porti fino al rifiuto o all\u2019indifferenza, invece che all\u2019accoglienza. Nel Mediterraneo, e non solo nel Mediterraneo, si sta consumando un nuovo sterminio. Su questo si preferisce glissare, parlare della gravit\u00e0 del problema e alla fine rimanere paralizzati. E l\u2019Europa, che si vorrebbe \u201ccristiana\u201d, non sembra esprimere nel suo complesso atteggiamenti accoglienti. Anzi stanno diventando minoritari gli Stati e le persone che sanno vedere le sofferenze e i disagi degli immigrati senza andar dietro alle paure o all\u2019assurda affermazione: \u201cPrima i nostri, poi loro\u201d. Si nota inoltre la fatica a far s\u00ec che le opere di carit\u00e0 siano anche un fatto d\u2019insieme, comunitario. Si tende al gesto individuale, all\u2019elemosina, che tutto sommato hanno un\u2019efficacia limitata anche se possono tranquillizzare le coscienze.<\/p>\n

Oggi pi\u00f9 che mai \u00e8 urgente una carit\u00e0 organizzata, con pi\u00f9 persone che osservano attentamente le situazioni di disagio per interventi coordinati, che possono essere pi\u00f9 efficaci e a volte risolutivi. \u00c8 una forma di carit\u00e0 anche lavorare insieme, confrontarsi sulle cose da fare, cercare di raggiungere pazientemente un accordo che dia spazio all\u2019azione e all\u2019intervento. Come \u00e8 importante fare qualche pellegrinaggio insieme nei luoghi della sofferenza, come case per anziani, case famiglia per persone in difficolt\u00e0. Quanto alla carit\u00e0, credo che ancora ci sia molto da fare e da confrontarsi all\u2019interno delle comunit\u00e0 cristiane. Ci aiuteremmo un po\u2019 tutti, soprattutto ci guadagnerebbero i poveri e affronteremmo meglio le situazioni disagiate.<\/p>\n

Concludo queste considerazioni con le parole di Papa Francesco al n. 49 dell\u2019Evangelii gaudium, parole che sono diventate un \u2018mantra\u2019 e che dovremmo ripetere continuamente: \u201cPreferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodit\u00e0 di aggrapparsi alle proprie sicurezze\u201d. E ancora: \u201cPi\u00f9 della paura di sbagliare, spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c\u2019\u00e8 una moltitudine affamata e Ges\u00f9 ci ripete senza sosta: \u2018Voi stessi date loro da mangiare\u2019 (Mc 6,37)\u201d.<\/p>\n

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