{"id":4498,"date":"2005-05-27T00:00:00","date_gmt":"2005-05-27T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=4498"},"modified":"2015-06-29T15:40:14","modified_gmt":"2015-06-29T13:40:14","slug":"il-pane-della-vita","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-pane-della-vita\/","title":{"rendered":"Il pane della vita"},"content":{"rendered":"
Per questa celebrazione del Corpus Domi<\/em>ni, la Chiesa ci offre la conclusione del racconto della moltiplicazione dei pani secondo Giovanni.Questo miracolo \u00e8 l’unico narrato da tutti i vangeli; anzi, Matteo e Marco lo raccontano addirittura due volte. Le narrazioni sono simili, ma ciascuna conserva alcune caratteristiche proprie. Il racconto di Giovanni, in particolare, non sembra essere una espansione di quello dei sinottici, non sembra cio\u00e8 sia stato messo insieme con brani presi dagli altri vangeli; appare come una composizione originale basata su una tradizione indipendente, che Giovanni ha raccolto e conservato. Nel racconto di Giovanni della moltiplicazione c’\u00e8 un orientamento teologico particolare, che emerge soprattutto dal brano proposto dal lezionario di oggi.<\/p>\n Questo potrebbe essere considerato la sezione eucaristica o sacramentale del racconto. Anche nelle altre cinque versioni dei sinottici vi \u00e8 un forte motivo eucaristico, ma questo \u00e8 pi\u00f9 esplicito in Giovanni, che \u00e8 il Vangelo pi\u00f9 lontano dagli avvenimenti narrati: “via via che il racconto della moltiplicazione veniva tramandato nella tradizione dottrinale della comunit\u00e0 cristiana, veniva riconosciuta la sua connessione col cibo speciale del popolo di Dio, l’eucaristia […] Il linguaggio dei racconti della moltiplicazione si colorava delle liturgie eucaristiche familiari alle varie comunit\u00e0” (Brown). Ora, noi sappiamo bene che il Quarto Vangelo non riporta il racconto dell’istituzione dell’eucaristia nel cenacolo, come invece gli altri Vangeli, ma \u00e8 proprio qui che si legge, in filigrana, la tradizione viva della Chiesa di Giovanni che celebrava la memoria di quell’ultima cena. Facciamo solo alcuni esempi.<\/p>\n Nel racconto, in Gv<\/em> 6,11.23, appare per due volte il verbo eucharistein<\/em> (ringraziare, rendere grazie); sempre in 6,11 Ges\u00f9, dopo aver reso grazie, distribuisce i pani ai discepoli, proprio come fece nell’ultima cena; infine, l’espressione “quando furono saziati” (6,12), “riecheggia la liturgia eucaristica, poich\u00e9 essa appare anche nel racconto della cena eucaristica nella Didach\u00e8<\/em>” (Brown), un testo cristiano del II secolo. Nel nostro Vangelo emerge particolarmente il tema della carne e del sangue. \u00c8 qui che si scontra l’incredulit\u00e0 dei Giudei, segno ideale della nostra stessa incredulit\u00e0. Se possiamo accettare di sentir parlare di un Dio che sfama i suoi e moltiplica il pane per loro, pi\u00f9 difficile \u00e8 pensare che Dio offra il suo corpo da mangiare. Possiamo al limite accettare la beneficenza, pi\u00f9 difficile \u00e8 credere che la solidariet\u00e0 si spinga fino al dono della stessa vita di Dio. Eppure nel brano di oggi si parla proprio di vita e di morte. Il pane disceso dal cielo (vi \u00e8 un ovvio richiamo al tema della manna di Es 16), che comunque ha dato modo agli ebrei di sopravvivere nel deserto, non era un pane che avesse in s\u00e9 la vita: di questo “mangiarono i padri vostri e morirono” (Gv<\/em> 6,58).<\/p>\n La morte non pu\u00f2 essere ingannata da un semplice alimento quale il pane. Anche se tutti i giorni si sopravvive grazie al pane, non si ha comunque la vita. Si deve mangiare per vivere, e senza mangiare si muore. Il cibo altro non \u00e8 che il segno pi\u00f9 profondo di una enorme dipendenza e di una estrema fragilit\u00e0. Anche se il mangiare porta a momenti di grande comunione (come quelli dello stare insieme, dello scambiarsi i cuori mentre si siede a tavola), anche se pu\u00f2 esprimere i valori pi\u00f9 alti dell’amore (quali il condividere il pane con chi ha fame), il cibo che si mangia dice che ci manca qualcosa: non abbiamo in noi la vita. Non possiamo vivere se non dipendendo dal cibo e non siamo vivi se non perch\u00e9 per anni – quando eravamo bambini – siamo stati nutriti.<\/p>\n L’accettare di non avere in noi la vita significa allora accettare di non poterci salvare da soli. Infine, nonostante i vani tentativi, il pane che possiamo fare con le nostre mani non serve se non per poco tempo: come la manna, \u00e8 destinato a deperire (cfr. Es<\/em> 16,20: “alcuni ne conservarono fino al mattino; ma vi si generarono vermi e imputrid\u00ec”). Solo il pane che ci rimanda con la mente e con il cuore al sacrificio di Cristo \u00e8 per la vita. Spezzato nell’ultima cena, il suo significato \u00e8 riposto nel gesto di amore che con esso \u00e8 stato compiuto. Mangiarlo, significa accettare che Uno \u00e8 morto per noi, quando eravamo ancora peccatori (cfr. Rm<\/em> 5,8). Spezzarlo ancora oggi, impegna la nostra stessa vita perch\u00e9 sia donato anche a chi non ha pane (quello di tutti i giorni), e non sa ancora che il Padre, che ha la vita, ha mandato il suo Figlio per noi (cfr. Gv<\/em> 6,57).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Per questa celebrazione del Corpus Domini, la Chiesa ci offre la conclusione del racconto della moltiplicazione dei pani secondo Giovanni.Questo miracolo \u00e8 l’unico narrato da tutti i vangeli; anzi, Matteo e Marco lo raccontano addirittura due volte. Le narrazioni sono simili, ma ciascuna conserva alcune caratteristiche proprie. 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