{"id":42057,"date":"2015-08-06T11:18:43","date_gmt":"2015-08-06T09:18:43","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=42057"},"modified":"2015-08-06T11:18:45","modified_gmt":"2015-08-06T09:18:45","slug":"in-fuga-dallorrore","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/in-fuga-dallorrore\/","title":{"rendered":"In fuga dall\u2019orrore"},"content":{"rendered":"
\"Profughi<\/a>
Profughi in fuga dagli attacchi dell\u2019Isis<\/figcaption><\/figure>\n

Un anno fa, 120 mila cristiani abbandonavano la Piana di Ninive in fuga dall\u2019Isis. \u201cNei primi otto mesi dall\u2019invasione dello Stato islamico, abbiamo perso dodici consorelle. Il loro cuore non \u00e8 riuscito a sopportare tanta sofferenza\u201d.<\/p>\n

Cos\u00ec suor Justina<\/strong>, delle Domenicane di santa Caterina da Siena, riassume ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) il dramma vissuto da tante religiose costrette a fuggire dal sedicente Califfato.<\/p>\n

Suor Justina \u00e8 rientrata in Iraq dall\u2019Italia un anno e mezzo fa. Il convento dove viveva vicino a Pisa \u00e8 stato chiuso e lei \u00e8 tornata ad Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana di Erbil, capoluogo del Kurdistan iracheno.<\/p>\n

Appena in tempo per assistere all\u2019esodo di 120 mila cristiani che nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014 hanno abbandonato la Piana di Ninive per trovare rifugio in Kurdistan.<\/p>\n

\u201c\u00c8 impossibile descrivere – dice – quanto \u00e8 accaduto in quei giorni. Intere famiglie hanno perso tutto\u201d. Assieme ai profughi, alla casa delle Domenicane di Ankawa sono giunte anche molte consorelle fuggite dalle citt\u00e0 e dai villaggi caduti in mano all\u2019Isis. Tra loro suor Lyca<\/strong>, che racconta le dieci interminabili ore di viaggio verso Erbil.<\/p>\n

Per tutta la giornata del 6 agosto, mentre molti altri abitanti di Qaraqosh erano gi\u00e0 fuggiti, le religiose sono rimaste nel villaggio cristiano per sostenere i fedeli terrorizzati. \u201cSperavamo che la minaccia sarebbe durata soltanto alcuni giorni – ricorda – ma quando i peshmerga<\/em> hanno smesso di difenderci, abbiamo capito che non c\u2019era pi\u00f9 alcuna speranza\u201d.<\/p>\n

Le religiose hanno lasciato il convento alle 11.30 di sera. In condizioni normali sarebbe stata sufficiente un\u2019ora per raggiungere Erbil, ma le strade erano invase da macchine e famiglie in fuga e le religiose hanno camminato fino al mattino seguente, senz\u2019acqua e con una temperatura di oltre 40 gradi.<\/p>\n

\u201cIn marcia ai bordi della strada vi erano migliaia e migliaia di persone, mentre ogni macchina ospitava almeno dieci passeggeri\u201d. Nonostante lo shock, appena giunte ad Ankawa le suore si sono messe al servizio dei rifugiati: dall\u2019assistenza nei campi profughi alla gestione dei dispensari, alla pastorale giovanile.<\/p>\n

Alcune di loro vivono in uno dei container donati da Acs ai profughi cristiani. \u201cCi impegniamo soprattutto – dichiara suor Diana<\/strong> – a garantire un\u2019educazione ai ragazzi. Facciamo del nostro meglio, ma purtroppo non \u00e8 abbastanza. L\u2019Isis sta uccidendo il nostro futuro, perch\u00e9, se questa generazione non ricever\u00e0 un\u2019istruzione, non ve ne sar\u00e0 un\u2019altra\u201d.<\/p>\n

Nei giorni scorsi la Fondazione Acs ha approvato due nuovi progetti: un contributo di 2 milioni di euro per finanziare sei mesi affitto di alloggi per i rifugiati cristiani, e uno di 690 mila euro per l\u2019acquisto di pacchi viveri per 13 mila famiglie cristiane in Kurdistan.<\/p>\n

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