{"id":4151,"date":"2004-11-19T00:00:00","date_gmt":"2004-11-18T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=4151"},"modified":"2015-06-10T15:29:43","modified_gmt":"2015-06-10T13:29:43","slug":"laudacia-dei-piccoli-passi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/laudacia-dei-piccoli-passi\/","title":{"rendered":"L’audacia dei piccoli passi"},"content":{"rendered":"

Il 21 novembre 1964, il Concilio Vaticano II promulgava il Decreto sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio. Fin dall’introduzione il documento afferma che “da Cristo Signore la Chiesa \u00e8 stata fondata una ed unica”, che la divisione si oppone alla volont\u00e0 del Signore, \u00e8 “di scandalo al mondo e danneggia la pi\u00f9 santa delle cause: la predicazione del Vangelo”. E aggiunge che “promuovere il ristabilimento dell’unit\u00e0 fra tutti i cristiani \u00e8 uno dei principali intenti del sacro Concilio ecumenico Vaticano II”. Da allora sono trascorsi esattamente 40 anni durante i quali il documento ha avuto ripercussioni senza precedenti, il cui impatto si \u00e8 esteso ben al di l\u00e0 della Chiesa cattolica. Da allora sino ad oggi il cammino compiuto \u00e8 stato enorme e deve restare un punto di non ritorno. Ma non \u00e8 scontato: anzi restare fermi significa tornare indietro. Per questo \u00e8 necessaria l’audacia dei piccoli passi che senza sosta continuino il cammino. In questo orizzonte si pone anche la recente visita ad Assisi e a Terni del metropolita Filarete di Minsk, uno dei pi\u00f9 alti rappresentanti della Chiesa Ortodossa di Mosca. Ma tante altre sono state le iniziative che hanno visto protagoniste le nostre Chiese in questo campo. Se vogliamo guardare il futuro dell’ecumenismo con speranza non c’\u00e8 dubbio che bisogna ritornare a cogliere lo spirito che \u00e8 sgorgato dal Concilio e che animava i primi protagonisti: cercare ci\u00f2 che unisce prima di quello che divide. Lo disse con passione Giovanni XXIII quando apr\u00ec il Concilio; fu anche la ragione che quarant’anni fa spinse Paolo VI a Gerusalemme per abbracciare il Patriarca di Costantinopoli Atenagora. Fu anche quello che mosse il Metropolita Nikodim ad incontrare Giovanni Paolo I, ed \u00e8 quello che muove tanti altri capi di Chiese per significativi incontri. Giovanni Paolo II ha fatto suo questo spirito. Ha detto: “Papa Giovanni XXIII … era solito dire che ci\u00f2 che ci divide come confessori di Cristo \u00e8 molto minore di quanto ci unisce. In questa affermazione \u00e8 contenuta l’essenza stessa del pensiero ecumenico. Il Concilio Vaticano II \u00e8 andato nella medesima direzione … Esistono dunque le basi per un dialogo, per l’estensione dello spazio dell’unit\u00e0, che deve andare di pari passo con il superamento delle divisioni, in grande misura conseguenza della convinzione del possesso esclusivo della verit\u00e0”. Purtroppo per\u00f2 questo spirito ecumenico rischia di essere appannato dal clima culturale contemporaneo che spinge singoli, gruppi e nazioni a sottolineare la propria identit\u00e0 a scapito dell’universalit\u00e0. Dove invece lo spirito del Concilio e quello dei fondatori dell’ecumenismo continua a spirare noi vediamo verificarsi veri e propri miracoli. Li abbiamo visti e continuiamo a vederli anche nella nostra Umbria. C’\u00e8 da sottolineare, tuttavia, che deve ancora crescere molto in tutti la coscienza che noi cristiani, lo vogliamo o no, siamo tutti fratelli e sorelle. Ciascun cristiano perci\u00f2 restando radicato nella propria Chiesa non solo pu\u00f2, ma deve respirare con l’intera cristianit\u00e0. Ed in effetti da quando i cristiani hanno imparato a respirare cos\u00ec, ossia a guardarsi in modo diverso, si \u00e8 avuta una svolta storica nei loro rapporti, prima inimmaginabile. E se oggi c’\u00e8 qualche raffreddamento lo si pu\u00f2 scorgere da quando le Chiese hanno ripreso a camminare ognuna incurante dell’altra, magari in nome di un’identit\u00e0 confessionale che temeva di perdere. Questo ripiegamento delle Chiese su se stesse, questa autoreferenzialit\u00e0 rischia di sopprimere lo spirito di fraternit\u00e0. \u00c8 necessario e urgente che i cristiani riprendano ad incontrarsi e ad amarsi. Del resto \u00e8 da come ci ameremo che gli altri ci riconosceranno. Questo significa che il dialogo della carit\u00e0 resta la via centrale dell’ecumenismo, e non \u00e8 una via laterale o parallela ad altre, come ad esempio a quella teologica. Al contrario \u00e8 l’alveo che le fonda e le raccoglie tutte. \u00c8 una via ampia che richiede oggi soprattutto coraggio, creativit\u00e0 e audacia. Se la carit\u00e0 si affievolisce \u00e8 facile tornare a sottolineare quello che divide. Ecco perch\u00e9 l’ecumenismo va sempre pi\u00f9 compreso nell’orizzonte dell’amore evangelico che, in certo modo, fa vivere l’unit\u00e0 in anticipo, come se fosse gi\u00e0 perfetta, malgrado le mancanze e le diversit\u00e0.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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