{"id":4136,"date":"2004-11-12T00:00:00","date_gmt":"2004-11-11T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=4136"},"modified":"2015-07-13T12:06:26","modified_gmt":"2015-07-13T10:06:26","slug":"con-il-progetto-uomo-per-ritrovare-la-fiducia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/con-il-progetto-uomo-per-ritrovare-la-fiducia\/","title":{"rendered":"Con il “progetto uomo” per ritrovare la fiducia"},"content":{"rendered":"
Il Ceis, come \u00e8 nato e cosa \u00e8 oggi. Ne abbiamo parlato con don Eugenio Bartoli, attuale presidente del Centro italiano di solidariet\u00e0 Ceis e la vicepresidente, Francesca Martani. Don Eugenio, com’era il Centro all’inizio? “Sono al Ceis sin dall’inizio e ho vissuto insieme al fondatore questa realt\u00e0, don Guerrino che nella canonica di Maiano fond\u00f2 questo centro. All’inizio era una casa d’accoglienza, ospitavamo stranieri, detenuti, ragazzi scappati di casa, alcolisti. Poi, a fine anni ’70, avvenne il passaggio al problema della tossicodipendenza, in quanto era pi\u00f9 opportuno orientarsi ad una realt\u00e0 specifica”. Signora Martani, ci pu\u00f2 dire come \u00e8 cambiato il Ceis dalla morte di don Rota? “Don Eugenio \u00e8 stato il naturale successore di don Guerrino: era il primo tra i suoi operatori e anche vicepresidente. Comunque la crescita del Ceis \u00e8 avvenuta nel tempo. Inizialmente si era allo stato ‘artigianale’ in quanto non esistevano delle normative specifiche per le strutture ed il personale. Ora, anche se abbiamo acquisito professionalit\u00e0, il nostro rimane pur sempre un cammino fatto insieme tra operatori e ragazzi”. Per avviare l’attivit\u00e0 terapeutica del Centro vi siete ispirati al modello di don Mario Picchi, perch\u00e9? “Don Guerrino andava alla ricerca di una realt\u00e0 specifica per i tossicodipendenti; cos\u00ec prese spunto per la metodologia da don Picchi, il quale si era ispirato ad un metodo americano, italianizzato come ‘Progetto uomo’. Fu una scelta di qualit\u00e0. Il progetto era gi\u00e0 sperimentato ma noi lo abbiamo dovuto incarnare nella nostra realt\u00e0. Il percorso \u00e8 stato faticoso ma l’entusiasmo ne ha facilitato l’applicazione”. In che rapporti siete con il centro di Roma? “Siamo rimasti sempre in ottimi rapporti con don Mario Picchi, pur se la nostra appartenenza \u00e8 alla Federazione italiana delle comunit\u00e0 terapeutiche ‘Progetto uomo’ (Fict). Siamo circa cinquanta centri, ognuno autonomo ma con la stessa filosofia e metodologia”. Spesso i genitori trovano difficolt\u00e0 nell’ammettere quello che sta accadendo ai propri figli. Come vi comportate con loro? “Con i genitori facciamo un lavoro parallelo a quello dei figli: le famiglie hanno i loro gruppi di auto aiuto, sono gruppi di messa in discussione, condivisione, ascolto. Ultimamente le famiglie si sono costituite in Associazione di volontariato ‘Il Gabbiano'”. Chi sono i collaboratori del Centro? “Molti operatori, insieme ai professionisti, sono persone che hanno fatto a loro volta la comunit\u00e0. Essi sono testimoni diretti, modelli per chi deve uscire dal problema. I giovani si trovano cos\u00ec davanti due esempi: chi ha svolto il programma terapeutico con ottimi risultati e chi non ha avuto nella vita alcun rapporto con le sostanze”.Quali sono le difficolt\u00e0 che lei, don Eugenio, trova a livello di pastorale, essendo anche parroco di Maiano? “La difficolt\u00e0 maggiore \u00e8 quella di aiutare i ragazzi a ritrovare la fiducia prima di tutto in se stessi. Li aiutiamo a sviluppare i valori della vita: l’onest\u00e0, il senso di responsabilit\u00e0, l’affettivit\u00e0, la famiglia, la spiritualit\u00e0; valori umani e cristiani nello stesso tempo. Chi vuole pu\u00f2 usufruire del servizio religioso nella parrocchia, per esempio catechesi, sacramenti…”.Cosa ha ricevuto da queste persone? “Questa esperienza negli anni ti arricchisce. \u00c8 sempre forte la consapevolezza del dare e del ricevere, aiuta ad acquisire la capacit\u00e0 di ascolto, di comprensione, di perdono e, nello stesso tempo, si d\u00e0, attraverso l’applicazione dell’amore responsabile, l’avvio ad un processo educativo e di crescita della persona. Nel Centro ognuno ha un ruolo da svolgere e le cose vanno bene nella misura in cui ognuno fa bene il suo compito. Ci\u00f2 che anima la nostra attivit\u00e0 \u00e8 lo spirito di servizio, di volontariato. Ci sforziamo tutti di dare il massimo perch\u00e9 la nostra finalit\u00e0 \u00e8 il raggiungimento della meta da parte dei ragazzi e delle loro famiglie”. Cosa c’\u00e8 nel futuro del Centro di solidariet\u00e0? “Non ci sono programmi specifici per il futuro. Puntiamo sulla continuit\u00e0 e il miglioramento dell’esistente. Nella quotidianit\u00e0, possono nascere piccoli progetti alternativi in quanto, lavorando con gli esseri umani, niente \u00e8 fisso e immutabile. Le periodiche riunioni degli operatori servono a monitorare il raggiungimento degli obiettivi”.Avete svolto incontri presso le scuole Superiori di Spoleto. Il progetto continua? “Stiamo portando a conclusione un progetto di ‘Peer education’, insieme con la Provincia, il Comune e la Asl: si tratta di una formazione fatta su alcuni studenti di classi delle Scuole superiori che, a loro volta, diventano formatori dei loro pari. Il progetto \u00e8 stato sviluppato in tre scuole: Liceo scientifico, Istituto alberghiero e Istituto tecnico Commerciale e per Geometri. Dovunque veniamo chiamati, mettiamo a disposizione la nostra esperienza di ‘recupero’ che, a sua volta, diventa ‘prevenzione.”<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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