{"id":4091,"date":"2004-10-22T00:00:00","date_gmt":"2004-10-22T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=4091"},"modified":"2004-10-22T00:00:00","modified_gmt":"2004-10-22T00:00:00","slug":"maestro-di-vita-oltre-il-monastero","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/maestro-di-vita-oltre-il-monastero\/","title":{"rendered":"Maestro di vita oltre il monastero"},"content":{"rendered":"
Il 24 ottobre 1964, Paolo VI proclamava san Benedetto da Norcia “principale Patrono di tutta l’Europa”. Di quell’atto ci interessa cogliere, dopo quaranta anni, la dimensione profetica, che \u00e8 ancora pi\u00f9 evidente, dopo i mutamenti istituzionali avvenuti nello scenario internazionale. Nell’opera del Patriarca umbro ci piace sottolineare almeno tre principali elementi: il contributo alla ricerca della libert\u00e0 della persona, la mediazione culturale, l’edificazione della citt\u00e0 dell’uomo sul modello della citt\u00e0 di Dio. La ricerca della libert\u00e0 della personaIn questo tempo di forti transizioni culturali giova ricordare che libert\u00e0 \u00e8 decidere che cosa fare; non, invece, fare quel che si vuole. \u00c8 arcaico ritenere che la differenza tra il fare e il voler fare sia una questione strettamente filosofica; o almeno un empirico elemento volontaristico. Il nostro tempo, infatti, dell’arte di influenzare i comportamenti di massa ne ha fatto una scienza. San Benedetto ci insegna a puntare sulla persona. Affermare la libert\u00e0 come divino esercizio della dignit\u00e0 dell’uomo \u00e8 pratica sempre meno raccomandata nel nostro tempo, ma sempre pi\u00f9 necessaria. Il Patriarca di Norcia insegna ai suoi monaci, ma anche a ciascuno di noi, che darsi una regola \u00e8 sublime esercizio di libert\u00e0: \u00e8 come il fiume che, per correre veloce, ha bisogno degli argini: altrimenti si impaluda e va poco lontano. La Regula Monachorum \u00e8 un manuale di libert\u00e0: meglio, un metodo per acquisire la libert\u00e0, per diventare signori di se stessi. Sarebbe utile riflettere che, come nelle scienze positive dall’esperienza si risale alla legge, qualcosa del genere avviene anche nello spirito. Se molti nei secoli, praticando la regola benedettina, si sono distinti per essere uomini liberi e forti, forse darsi una regola di vita potrebbe essere anche oggi la strada per recuperare il senso della vita. La nostra storia pare non tanto segnata dal pensiero debole, quanto dall’incertezza dei riferimenti e dal relativismo dei giudizi assurto a principio fondante, a pensiero comune. Il Patronato di san Benedetto riafferma le radici cristiane dell’Europa: \u00e8 come una sorta di brindisi alla libert\u00e0 della persona e alla dignit\u00e0 dell’uomo, che sono i frutti pi\u00f9 prelibati del pensare europeo attraverso i secoli. La mediazione culturaleMi ha sempre colpito nei pennacchi della cupola della basilica di San Benedetto a Norcia la raffigurazione della nota vicenda di Benedetto che fa recuparare al “goto” il falcetto; che \u00e8 come dire, in questo tempo di globalizzazione, la rivalorizzazione del lavoro altrui: al di l\u00e0 della lingua, della cultura, dell’etnia di chi lavora. In fondo si sta dicendo assai poche volte che san Benedetto da Norcia, applicando i principi del Vangelo, ha inventato una struttura comunitaria dove barbari e romani non solo convissero insieme, ma sperimentarono la vicendevole fraternit\u00e0. Di qualcosa del genere abbiamo bisogno anche oggi. I padri antichi dell’Umbria impararono a considerare eroi da imitare, dopo i Martiri, oscuri personaggi che si erano impegnati ad eccellere appunto nella pacifica convivenza. Mi \u00e8 facile ricordare, tra i nostri, san Beroto, san Cenere, accanto all’abate Eleuterio e al monaco Santolo. Che la pratica quotidiana della pace valga quanto il martirio mi sembra intuizione davvero profetica, di cui questo tempo ha particolarmente bisogno. \u00c8 l’antica convinzione cristiana che ogni diversit\u00e0 \u00e8 ricchezza, dono dello Spirito santo per il bene comune; ogni divisione \u00e8 opera del Maligno. La comunit\u00e0 benedettina a nessuno che si presenta al monastero chiede da dove venga; ma a tutti propone una meta dove andare – la Gerusalemme del Cielo – che si raggiunge soltanto praticando la carit\u00e0 sulla terra. Questa \u00e8 una delle forti identit\u00e0 dell’Umbria, che ha viaggiato per l’Europa intera, rendendo possibile convivenze di etnie diverse, assai spesso persino nemiche. L’edificazione della citt\u00e0 dell’uomoChe il monastero sia palestra dello spirito \u00e8 certo antica esperienza ascetica. Che invece sia un microcosmo dove sperimentare e apprendere le virt\u00f9 necessarie per edificare il mondo pi\u00f9 grande \u00e8 consapevolezza specifica benedettina. Questo millennio, al cadere delle Torri Gemelle, ha recuperato d’improvviso la paura, che credeva di avere esorcizzato con dogmatica fiducia nella scienza. San Benedetto insegna ai suoi monaci che occorre pregare ogni giorno per recuperare da Dio il coraggio di operare con le nostre mani e la nostra intelligenza, per porre rimedio ai mali del mondo. Tra preghiera e azione non vi \u00e8 antinomia: l’una dimensione \u00e8 funzionale all’altra. Forse non \u00e8 umbro il preferire la concretezza alle vane parole di chi si astiene dal cercare i rimedi a quello che ci affligge? Rivendichiamo questa dimensione come squisitamente benedettina, ma anche come umbra: forse sarebbe interessante approfondire gli studi per sapere se fu l’Umbria a insegnarla a san Benedetto, o i monaci a insegnarla agli umbri. Ci \u00e8 facile ricordare da noi i gesti antichi dei monaci: canalizzare le paludi del fiume Sordo assicur\u00f2 a Norcia foraggi freschi anche d’inverno, nelle “marcite” della valle di Santa Scolastica. Furono i monaci a scavare un percorso parallelo al Clitunno, per liberare gli uomini dalla fatica di fare a mano la molitura delle olive. Ai figli di san Benedetto si devono i rudimenti della medicina medievale, nella coltivazione delle erbe officinali. Ma soprattutto a loro l’Umbria deve la scuola: ossia il gusto di inventare un laboratorio dove anche i figli dei poveri potessero recuperare il senso delle cose: imparare a leggere, scrivere e pensare. In quegli antichi sciptoria nacque quel volgare umbro che \u00e8 tra le fonti della lingua italiana. Comunicare e far comunicare, dialogo e pace; ma anche la cultura di dare un senso alla fatica e la speranza al futuro sono alcuni maturi frutti nati in monastero e percepiti ancor oggi come caratteri essenziali della nostra cultura. Degli attuali novantadue comuni della regione Umbria ben cinquantasei conobbero sul loro territorio istituzioni benedettine. Riconoscere san Benedetto patrono d’Europa \u00e8 identificare e riproporre quello spirito principale che ha edificato la nostra convivenza: \u00e8 dire, con semplicit\u00e0 e fierezza, che l’Umbria, pur piccola regione nel contesto del Continente, \u00e8 una sorta di morula fecondata da cui \u00e8 nata una parte irrinunciabile della nostra identit\u00e0 Europea.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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