{"id":3948,"date":"2004-07-30T00:00:00","date_gmt":"2004-07-30T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=3948"},"modified":"2015-06-30T13:21:26","modified_gmt":"2015-06-30T11:21:26","slug":"arricchire-ma-davanti-a-dio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/arricchire-ma-davanti-a-dio\/","title":{"rendered":"Arricchire, ma davanti a Dio"},"content":{"rendered":"

La parabola lucana del lezionario odierno \u00e8 veramente efficace. Esclusivamente del terzo vangelo, breve, concentrata solo in cinque versetti (12,16b-20), \u00e8 perfettamente incorniciata da due insegnamenti (12,15: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perch\u00e9 anche se uno \u00e8 nell’abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni”; 12,21: “Cos\u00ec \u00e8 di chi accumula tesori per s\u00e9, e non arricchisce davanti a Dio”). L’occasione per cui \u00e8 raccontata \u00e8 la provocazione di quell’anonimo della folla che chiede a Ges\u00f9 di intercedere per lui su questioni di eredit\u00e0. Ges\u00f9 non fornisce qualche consiglio di giurisprudenza, ma piuttosto si orienta verso la parenesi, ricordando che la vita non si misura sulla quantit\u00e0 di beni posseduti: se ci poteva aspettare un intervento puntuale di Ges\u00f9 sul caso sottopostogli, ci troviamo invece di fronte a un insegnamento che vale in generale e per tutti.<\/p>\n

La parabola fa parte del genere “racconto per esempi”, tipico della fonte propria di Luca, e – lo si nota subito – lo sfondo della parabola \u00e8 sapienziale e veterotestamentario. Una parentela stretta, ad esempio, si ritrova con un versetto dal libro del Siracide (Sir<\/em> 11,19): “(il ricco) mentre dice: ‘Ho trovato riposo; ora mi godr\u00f2 i miei beni’, non sa quanto tempo ancora trascorrer\u00e0; lascer\u00e0 tutto ad altri e morir\u00e0”, anche se la differenza di prospettiva risiede nel fatto che per la parabola lucana il ricco \u00e8 considerato come uno stolto, mentre, al contrario, in Sir il godere dei beni \u00e8 visto positivamente, come \u00e8 premesso qualche versetto prima (Sir<\/em> 11,17: “Il dono del Signore \u00e8 assicurato ai pii e il suo favore li rende felici per sempre”). Ci\u00f2 non toglie che il Siracide<\/em> sia un vero modello letterario per la nostra parabola.<\/p>\n

La parabola funziona in modo semplice. L’uomo ricco \u00e8 anonimo, come l’uomo della folla che si rivolge a Ges\u00f9, e come i personaggi del genere letterario parabolico o sapienziale, ed \u00e8 rappresentato dai verbi a lui attribuiti in quanto soggetto: possiede terra (12,16) e molti beni (12,19), ragiona tra s\u00e9, dice. Nei pensieri del ricco il verbo dominante \u00e8 “fare” (12,17.18), “raccogliere” (12,17.18; cfr. il v. 17, nell’originale greco: “non ho dove raccogliere i miei frutti”), “demolire”; vi sono poi una sequenza di verbi (riposarsi, mangiare, bere, stare allegro) che indicano un futuro di gioia. Ed ecco che, come avviene sempre nel genere parabolico, una “svolta” improvvisa (il turning point), un avvenimento inaspettato modifica gli eventi. Se prima l’uomo diceva tra s\u00e9, ora a parlare \u00e8 Dio stesso: “Ma Dio gli disse: Stolto…” (12,20). Le parole divine, poi, riprendono un vocabolo importante che l’uomo aveva detto tra s\u00e9 (“anima mia”; anima-psyche), e giocano sulla polisemanticit\u00e0 di questo termine, tradotto infatti dalla Cei in due modi diversi (“anima mia”, 12,19; “Questa notte stessa ti sar\u00e0 richiesta la tua anima”; Cei: vita, 12,20).<\/p>\n

Dio parla all’uomo ricco. Lo ammonisce, e gli pone una domanda a cui, probabilmente, se la parabola finisce con la morte del ricco (ma questo \u00e8 solo alluso), egli non potr\u00e0 rispondere. La domanda di Dio, allora, rimane sospesa, “aperta”, e non ha altro interlocutore possibile se non gli ascoltatori di quel tempo, quelli a cui Ges\u00f9 si rivolge, tra cui l’anonimo che cerca un giudice sulla questione di eredit\u00e0, e gli ascoltatori di oggi. \u00c8 come se a noi – lettori e ascoltatori del brano che ora ci viene proposto – venisse chiesto: “E quello che hai preparato di chi sar\u00e0?” (Lc<\/em> 12,20). Qui sta la forza del linguaggio parabolico: “la parabola, trasportando l’uditore in un altro mondo, gli permette di distaccarsi dalle sue idee preconcette, di slegarsi da ci\u00f2 che lo tiene avvinto, e di giudicare sanamente, liberamente” (Aletti).<\/p>\n

In conclusione: nella parabola lucana “in questione non sono i beni n\u00e9 il loro godimento, ma l’illusione di cercare nel loro accumulo la sostanza della vita, il punto d’appoggio, cio\u00e8 il senso e la sicurezza” (Maggioni). Un altro dettaglio resta da ricordare, e riguarda la finale della parabola: Ges\u00f9 dice che “cos\u00ec \u00e8 di chi accumula tesori per s\u00e9, e non arricchisce davanti (per-eis) a Dio” (12,21). “L’espressione per Dio \u00e8 in greco un moto a luogo: quindi, non a vantaggio di Dio, ma in direzione di Dio. Con discrezione viene cos\u00ec suggerita un’idea importante: non si tratta di offrire i beni a Dio, ma di usarli nella sua direzione, secondo la sua logica” (Maggioni). Il Signore ci conceda di essere “come olivi verdeggianti nella casa di Dio”, e di non dovere ascoltare mai, rivolte a noi, le parole di coloro che deridono lo stolto e dicono: “Ecco l’uomo che non ha posto in Dio la sua difesa, ma confidava nella sua grande ricchezza” (Sal<\/em> 52,9).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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