{"id":3762,"date":"2004-04-30T00:00:00","date_gmt":"2004-04-29T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=3762"},"modified":"2015-07-24T12:32:29","modified_gmt":"2015-07-24T10:32:29","slug":"il-messia-pastore-e-la-vita-eterna","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/il-messia-pastore-e-la-vita-eterna\/","title":{"rendered":"Il Messia-pastore e la vita eterna"},"content":{"rendered":"
Solo quattro versetti del Vangelo di Giovanni<\/em>, ma ricchi di significati, per questa domenica di Pasqua. Rileggendo il quarto Vangelo si scopre che l’occasione per cui Ges\u00f9 si definisce pastore \u00e8 data da una polemica con quei giudei che si affollavano intorno a lui domandandogli di rivelarsi o meno come il Messia. Ges\u00f9 risponde loro: “Ve l’ho detto e non mi credete (…) perch\u00e9 non siete mie pecore” (Gv<\/em> 10,25-26). Per quale motivo Ges\u00f9 riprende l’immagine del pastore? Il Messia \u00e8 Ges\u00f9. Il Concilio Vaticano II, con la Lumen Gentium<\/em>, ci ricorda che dobbiamo usare simboli, figure, per dire realt\u00e0 pi\u00f9 profonde: la Chiesa, ad esempio, nel Nuovo Testamento \u00e8 paragonabile ad “un ovile, la cui porta unica e necessaria \u00e8 Cristo. \u00c8 pure un gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che ne sarebbe il pastore, e le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono per\u00f2 incessantemente condotte al pascolo e nutrite dallo stesso Cristo, il buon Pastore e principe dei pastori, il quale ha dato la vita per le pecore” (n. 6).<\/p>\n Ecco spiegati alcuni motivi che illuminano l’associazione Cristo-pastore. Ma \u00e8 soprattutto nel nostro contesto – quello del vangelo di Giovanni – che si rivela appieno questa immagine. Nello sfondo del Primo Testamento, infatti, il pastore era un simbolo per il re di Israele. Cos\u00ec, ad es., Ez<\/em> 34,23: “Susciter\u00f2 per loro un pastore che le pascer\u00e0, Davide mio servo. Egli le condurr\u00e0 al pascolo, sar\u00e0 il loro pastore”. Ges\u00f9 si sta proclamando Messia. Di che messianismo si tratti, lo sappiamo bene. Nel giudaismo del Secondo Tempio vi erano diversi modi di intendere il Messia: regale, appunto (come quello davidico), sacerdotale, profetico, celeste…; secondo Romano Penna, tra il 70 a.C. e il 70 d.C. sono riscontrabili una decina di concezioni diverse. Molte attese erano troppo “terrene”: il Cristo era visto principalmente come liberatore politico. Cos\u00ec non \u00e8 stato, e anzi, \u00e8 accaduto l’opposto. Ges\u00f9 \u00e8 il Messia ma con una novit\u00e0 imprevedibile rispetto alle attese di Israele: lo storico Jossa della Federico II di Napoli ci ricorda che “non sembra che per l’epoca di Ges\u00f9 si possa parlare di un’attesa messianica dei Giudei legata alla figura del servo sofferente di Jahv\u00e8 di Isaia”. Cio\u00e8, solo la lettura cristiana intravede nella morte di Ges\u00f9 un segno del suo essere Messia.<\/p>\n Dare la vita eterna. Chi altri pu\u00f2 avere una tale pretesa? Il pastore buono dice di poter dare s\u00ec qualcosa, ma che \u00e8 addirittura eterno, ed \u00e8 la stessa vita. Espressione amata da Giovanni – che la usa pi\u00f9 di qualsiasi altro scritto del Nuovo Testamento – “vita eterna” ricorre molte altre volte nel suo vangelo: \u00e8 il risultato della morte del Messia, innalzato affinch\u00e9 tutti quelli che credono in lui abbiano la vita eterna (cfr. Gv<\/em> 3,14-15); \u00e8 il dono dell'”acqua viva” dato alla Samaritana, acqua che zampilla “per la vita eterna” (4,14); \u00e8 il frutto dell’ascolto della parola di Ges\u00f9 e della fede nel Padre che lo ha mandato (cfr. 5,24), e anche del mangiare il suo corpo e il suo sangue (cfr. 6,54), e cos\u00ec via… Nella sacramentaria cristiana, \u00e8 data col Battesimo. Si veda l’attuale Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, nel dialogo tra il celebrante e il candidato: “Che cosa domandi alla Chiesa di Dio? – La fede. – E la fede cosa ti dona? – La vita eterna”. Ma quanto \u00e8 difficile parlare di vita eterna, oggi.<\/p>\n Nella nostra cultura centrata sull’effimero, su quello che consumisticamente dura poco tempo e poi viene buttato via per essere subito dopo rimpiazzato. Facciamo fatica a pensare ad un domani, figuriamoci all’eterno. In questo tempo pasquale, il tema della vita eterna \u00e8 importante perch\u00e9 richiama il senso ultimo della morte e risurrezione di Ges\u00f9 Cristo ed apre gli orizzonti altrimenti angusti del nostro vivere. Nel nostro mondo che cambia, cos\u00ec difficile, noi cristiani sappiamo dove andare. Perch\u00e9 abbiamo il pastore grande delle pecore – scrive la lettera agli Ebrei – che ha “fatto il Messia” dando la sua vita per noi ed \u00e8 stato risuscitato dal “Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il pastore grande delle pecore, in virt\u00f9 del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Ges\u00f9…” (Eb<\/em> 13,20). Chi vuole rapire le pecore? Non \u00e8 detto nel nostro brano. Ma nel linguaggio sapienziale di Giovanni sappiamo che \u00e8 come immaginata una lotta tra luce e tenebre (si veda gi\u00e0 il suo Prologo) che interpreta la nostra realt\u00e0. Nelle brevi parole di questi versetti si nasconde quindi un dramma che ci vede tutti protagonisti. Le azioni di questo dramma si riducono a due possibilit\u00e0 essenziali. O ci si lascia afferrare da Cristo (cfr. Fil<\/em> 3,12), ascoltando la sua voce, o si \u00e8 rapiti da altri.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" Solo quattro versetti del Vangelo di Giovanni, ma ricchi di significati, per questa domenica di Pasqua. Rileggendo il quarto Vangelo si scopre che l’occasione per cui Ges\u00f9 si definisce pastore \u00e8 data da una polemica con quei giudei che si affollavano intorno a lui domandandogli di rivelarsi o meno come il Messia. 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