{"id":3420,"date":"2003-10-17T00:00:00","date_gmt":"2003-10-17T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=3420"},"modified":"2015-07-01T11:06:22","modified_gmt":"2015-07-01T09:06:22","slug":"chi-vuol-essere-il-primo-tra-voi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/chi-vuol-essere-il-primo-tra-voi\/","title":{"rendered":"“Chi vuol essere il primo tra voi”"},"content":{"rendered":"
La tentazione del potere. Cos\u00ec potremmo riassumere il tema del brano evangelico di questa ventinovesima domenica. Marco riferisce un dialogo tra Ges\u00f9 e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. Siamo ancora sulla strada verso Gerusalemme e, per la terza volta, Ges\u00f9 confida ai discepoli il destino di morte che lo aspetta al termine del cammino. I due discepoli, per nulla toccati dalle tragiche parole del maestro si fanno avanti per chiedergli i primi posti accanto a lui quando instaurer\u00e0 il regno. Dopo la confessione di Pietro a Cesarea e la discussione su chi tra loro fosse il primo, probabilmente \u00e8 cresciuto un clima di rivalit\u00e0 tra i discepoli; e questo forse spiega l’ambizione dei due fratelli nel rivendicare i primi posti.<\/p>\n
I due chiedono a Ges\u00f9: “Maestro, vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. La verit\u00e0 \u00e8 che sono davvero distanti dal pensiero e dalle preoccupazioni di Ges\u00f9, e non riescono a sintonizzarsi con lui. Ges\u00f9, rivolto ai due, chiede: “Potete bere il calice che io bevo o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?”. E cerca di spiegarglielo usando due simboli il calice e il battesimo, ben noti a chi come loro frequentavano le Sante Scritture. Ambedue i simboli sono interpretati da Ges\u00f9 in rapporto alla sua morte. Il calice \u00e8 il segno dell’ira di Dio, come scrive Isaia: “Levati su, Gerusalemme che dalla mano del Signore tracannasti il calice della sua ira, la coppa che ti ha stordita” (Is<\/em> 51,17); e Geremia dice: “Prendi dalla mia mano questa coppa colma del vino dell’ira, e fanne bere a tutti i popoli ai quali io ti mando” (Ger<\/em> 25, 15).<\/p>\n Per Ges\u00f9 \u00e8 una metafora con la quale indica che egli prende su di s\u00e9 il giudizio di Dio per il male compiuto nel mondo, anche a costo della morte. La stessa cosa vale per il simbolo del battesimo: “Tutte le tue onde e i tuoi marosi si frangono sopra di me” (Sl<\/em> 42, 8). Le due immagini mostrano che il cammino di Ges\u00f9 non \u00e8 una folgorante e oleata carriera verso il potere. Semmai \u00e8 il cammino dell’assunzione su di s\u00e9 del male degli uomini, come disse il Battista: “Ecco l’agnello di Dio che prende su di s\u00e9 il peccato del mondo”. I due discepoli probabilmente neppure ascoltano le parole del maestro e tanto meno ne comprendono il senso. Ai due apostoli, come spesso anche a noi, non importa comprendere la Parola evangelica; quel che interessa \u00e8 l’assicurazione del posto. E con sciocca semplificazione, i due rispondono: “Lo possiamo!”.<\/p>\n \u00c8\u00a0la stessa superficiale faciloneria con cui risponderanno a Ges\u00f9 al termine dell’ultima cena, mentre si avviano con lui verso l’orto degli Ulivi (Mt<\/em> 26, 35). Basta solo qualche ora, ed eccoli, assieme agli altri, abbandonare di corsa il Maestro per paura e lasciarlo nelle mani dei servi dei sommi sacerdoti. La richiesta dei due figli di Zebedeo era ovvio che scatenasse l’invidia e la gelosia degli altri discepoli (“si sdegnarono con Giacomo e Giovanni”, nota l’evangelista). Ges\u00f9 allora li chiam\u00f2 ancora una volta tutti attorno a s\u00e9 per una nuova lezione evangelica. Ogni volta che i discepoli non ascoltano le parole di Ges\u00f9 e si lasciano guidare dai loro ragionamenti, si discostano dalla via evangelica e provocano liti e dissidi al loro stesso interno.<\/p>\n \u00c8\u00a0istintiva nei discepoli come del resto in ogni persona, la tendenza a fare da maestri a se stessi, a divenire “adulti”, ossia indipendenti e autosufficienti, sino al punto da fare a meno di tutti, persino di Ges\u00f9. \u00c8\u00a0lo stile di questo mondo, che tutti conosciamo molto bene poich\u00e9 lo pratichiamo con frequenza. Per il Vangelo \u00e8 vero l’esatto contrario: il discepolo resta sempre alla scuola del maestro, rimane sempre uno che ascolta le parole evangeliche. Il discepolo di Ges\u00f9, anche se dovesse occupare posti di responsabilit\u00e0, sia nella Chiesa che nella vita civile, resta sempre figlio del Signore, ossia discepolo che sta ai piedi di Ges\u00f9. Ecco perch\u00e9 Ges\u00f9 raduna nuovamente i Dodici attorno a s\u00e9 e li ammaestra: “Sapete che coloro che sono ritenuti i capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi per\u00f2 non \u00e8 cos\u00ec”.<\/p>\n L’istinto del potere – sembra dire Ges\u00f9 – \u00e8 ben radicato nel cuore degli uomini, anche in quello di chi spergiura di non esserne sfiorato. Nessuno, neppure all’interno della comunit\u00e0 cristiana, \u00e8 immune da tale tentazione. Non importa che si tratti del “grande” o del “piccolo” potere tutti ne subiamo il fascino. \u00c8\u00a0normale fare considerazioni severe su coloro che hanno il potere politico, economico culturale; e talora \u00e8 anche necessario farlo. Forse per\u00f2 \u00e8 pi\u00f9 facile fare l’esame di coscienza agli altri che a se stessi, in genere uomini e donne dal “piccolo potere”. Non dovremmo tutti chiederci quanto spesso usiamo in modo egoistico e arrogante quella piccola fetta di potere che ci siamo ritagliati in famiglia, o a scuola o in ufficio, o dietro uno sportello, o per la strada o nelle istituzioni ecclesiali, o comunque altrove? La scarsa riflessione in questo campo \u00e8 spesso fonte di amarezze, di lotte, di invidie, di opposizioni, di crudelt\u00e0.<\/p>\n Ai suoi discepoli Ges\u00f9 continua a dire: “Tra voi non \u00e8 cos\u00ec” (forse sarebbe pi\u00f9 corretto dire: “Non sia cos\u00ec”). Non si tratta di una crociata contro il potere, per favorire un facile umilismo che pu\u00f2 anche essere solo indifferenza. Ges\u00f9 ha avuto potere (“insegnava come uno che ha autorit\u00e0”, scrive Matteo (7, 29), e lo ha concesso anche ai discepoli (“Diede loro potere sugli spiriti immondi” si legge in Mc<\/em>\u00a06, 7). Il problema \u00e8 di quale potere si parla, e comunque di come lo si esercita. \u00c8\u00a0il potere dell’amore. Ges\u00f9 lo spiega non solo con le parole quando afferma: “Chi vuole essere grande tra voi si far\u00e0 vostro servitore”, ma con la sua stessa vita. Dice di se stesso: “Non sono venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita in riscatto per molti”. Cos\u00ec deve essere per ogni suo discepolo.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La tentazione del potere. Cos\u00ec potremmo riassumere il tema del brano evangelico di questa ventinovesima domenica. Marco riferisce un dialogo tra Ges\u00f9 e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. 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