{"id":3382,"date":"2003-10-03T00:00:00","date_gmt":"2003-10-03T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=3382"},"modified":"2003-10-03T00:00:00","modified_gmt":"2003-10-03T00:00:00","slug":"europa-cristiana-una-identita-necessaria-anche-a-chi-la-contesta","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/europa-cristiana-una-identita-necessaria-anche-a-chi-la-contesta\/","title":{"rendered":"Europa cristiana: una identit\u00e0 necessaria anche a chi la contesta"},"content":{"rendered":"

Nell’intenzione di entrare in questo dibattito aperto da La Voce e nel redigere queste righe ho ripreso tra le mani un capolavoro partorito nell’ambito di quella cultura romantica che ben conosceva le vie della secolarizzazione, della rivoluzione, della libert\u00e0 del pensiero, ma anche della nostalgia e del confronto polemico, della ricerca e del ripensamento, a volte anche troppo ingenuo, della dimensione spirituale. Si tratta del piccolo ma meraviglioso libretto di Novalis: Die Christenheit oder Europea. Un frammento del 1799 (data piena di senso) dal titolo significativo: Cristianesimo ovvero europea. Il grande tedesco aveva di fronte a s\u00e9 gli sconvolgimenti del suo tempo; guardava ai sogni di pace perpetua interrotti dalla ventata rivoluzionaria e napoleonica; e scosso dallo sconvolgimento storico ed ideologico di quel finire del XVIII secolo, restava fermo a osservare e presentire le ombre che si addensavano all’aprirsi del nuovo secolo. Di certo vedeva con sguardo poetico, ma non meno acuto di quello filosofico, il terribile, possibile tramonto della fiducia razionalistica dell’ultima modernit\u00e0, e cos\u00ec il poeta suggeriva con rispetto il ritorno ad un’identit\u00e0, e suggeriva questo ritorno non a tutta l’umanit\u00e0, ma alla sua gente, ai popoli del suo ‘continente’. E cos\u00ec ancora una volta, a due secoli di distanza, in altro tempo, ma ad una medesima porzione di umanit\u00e0, non meno sconvolta dalla storia e non meno lacerata dalle ideologie, ci si trova a riparlare di identit\u00e0 d’Europa; il che non vuol dire parlare di dottrine, di fedi e convinzioni da imporre o contrapporre. Vuol dire fare lo sforzo per comprendere insieme le basi per una comune maturazione di ‘genti’ che vogliono divenire protagoniste di una cittadinanza, vuol dire prima di tutto ritrovarsi e condividere una storia, vivere in una dimensione di tradizione, di realt\u00e0, che si fa modo di vivere, cultura, scienza e valori, i quali sono chiamati a farsi progetto appunto su un condiviso modo d’essere. Ci\u00f2 non comporta assolutamente uniformit\u00e0 e concordia; ma anzi opposizione, ricerca, pathos, a volte anche rinuncia, abbandono. Ma tutte le rinunce e tutti gli abbandoni vogliono che ci si riferisca e che si conosca bene quello che si abbandona e quello che si ripudia. Identit\u00e0 nella storia non vuol dire certo approdo, ma progetto e rinnovamento. E ci\u00f2 che si offre nella storia della civilt\u00e0, ampiamente intesa, non \u00e8 destinato a perdersi e mai nulla \u00e8 fermo, anzi tutto \u00e8 chiamato a rendersi nuovo in un tentativo che rende sempre pi\u00f9 ricchi. Questa identit\u00e0, questa casa comune, qual \u00e8 per l’Europa? Certo il mondo classico, certo l’et\u00e0 dei lumi, ma ancor pi\u00f9 \u00e8 quella che poneva Novalis: ‘Cristianesimo ovvero Europa’. S\u00ec perch\u00e9 questa nostra terra, che geograficamente \u00e8 una propagine dell’Asia, ha assunto il carattere e il privilegio di essere un continente per questa sua identit\u00e0, per questo suo progettarsi dentro un ripensamento nuovo dell’antico, dentro un modo di essere che \u00e8 quello del Cristianesimo. E se un dibattito sul preambolo della bozza della costituzione europea deve essere fatto, deve certo tenere conto dei risultati storico politici e del rispetto che si deve ad ogni individuale adesione ad una fede, ma non deve farci dimenticare che il cristianesimo non \u00e8 solo una forma politica e non \u00e8 solo una fede individualmente accoglibile, ma per tutti \u00e8 un modo d’essere. Mi pare quasi ridicolo ricordare che, pi\u00f9 che di radici, a proposito di Europa e di Cristianesimo, si dovrebbe parlare di fronde. Giacch\u00e9 come si pu\u00f2 dimenticare che questo modo d’essere cristiano \u00e8 divenuto una matrice, un tessuto, un terreno di confronto, una casa per tutti? N. Frye e P. Ricoeur ricordano che tutta la civilt\u00e0 occidentale ha un solo grande cifrario: la Bibbia. Questa raccolta di libri, assumendo la lingua greca dei Settanta e poi il latino di Gerolamo, divenne un termine di confronto, un codice, una lente di ingrandimento con cui guardare a ci\u00f2 che precedeva e per sostanziare ogni sguardo futuro. Quel libro \u00e8 divenuto tradizione, non del solo popolo ebraico, ma di tutta una porzione di umanit\u00e0 chiamata a crescere nei suoi valori, sia nell’accettarli, sia nel contrastarli e ripudiarli. Questa capacit\u00e0 storica e sovrastorica ad un tempo del codice cristiano biblico di prevedere in s\u00e9 sia i vicini che i lontani, deve tranquillizzare tutti, credenti e non credenti; non deve generare timori o paure, poich\u00e9 non ci si trova di fronte ad un’ideologia da difendere, ma di fronte ad una cornice, ad una casa che, piaccia o no, \u00e8 nostra casa. E come in tutte le case ci sono stanze e luoghi diversi ma essenziali ognuno al modo di vivere, al bisogno, alle esigenze vitali dell’individuo. Parlare di casa vuol dire parlare di tutto l’ambiente non solo delle fondamenta e del ripostiglio. Ecco: in quelle pagine poco acute del preambolo mi \u00e8 sembrato limitativo parlare solo di alcune ‘stanze’, solo di alcune matrici culturali europee senza citare altro e specie senza citare l’idea stessa di quell’abitare. Non penso che sia oggi il momento di stracciarsi le vesti, ma penso che per i credenti e i non credenti sia giunto il momento di pensare anche un’Europa diversa da quella del mercato e dei cittadini, un’Europa consapevole di s\u00e9, del suo volto e delle sue contraddizioni. Questa consapevolezza deve muovere e suscitare dibattito ma sulla linea di quella domanda che riguarda tutti e che riformulava Roberto Gatti nel numero precedente come questione essenziale: ‘Europa da dove vieni e dove vuoi andare veramente?’<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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