{"id":3340,"date":"2003-09-12T00:00:00","date_gmt":"2003-09-12T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=3340"},"modified":"2015-07-01T11:15:12","modified_gmt":"2015-07-01T09:15:12","slug":"commento-al-vangelo-a-cura-di-mons-vincenzo-paglia-vescovo-di-terni-narni-amelia-17","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/commento-al-vangelo-a-cura-di-mons-vincenzo-paglia-vescovo-di-terni-narni-amelia-17\/","title":{"rendered":"Chiunque crede in lui ha la vita eterna"},"content":{"rendered":"
La liturgia di questa domenica accoglie la memoria dell’Esaltazione della Santa Croce. Il 14 settembre del 335 – quasi mille e settecento anni fa – una folla numerosa di fedeli si raccolse a Gerusalemme per la celebrazione della dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro restaurata da Costantino; e in quella occasione si ricord\u00f2 anche il ritrovamento del legno della santa Croce. Da quel giorno, a Gerusalemme, viene celebrata ogni anno questa memoria. La Santa Liturgia prevede ancora oggi che il sacerdote celebrante alzi la croce e la diriga verso i quattro punti cardinali per indicare l’universalit\u00e0 della salvezza.<\/p>\n
Questa celebrazione, di cos\u00ec alto significato spirituale, non si ferm\u00f2 a Gerusalemme, e ben presto si estese alle varie Chiese, in quelle d’Oriente prima iniziando da Costantinopoli, e in quelle d’Occidente poi, a partire da Roma. Il libro dei Numeri<\/em> ci ricorda la vicenda accorsa ad Israele mentre era nel deserto quando molti morirono per il morso di serpenti velenosi. In tale narrazione possiamo vedere la situazione di tanti popoli che ancora oggi sono morsi dalla piaga di innumerevoli “serpenti velenosi”. Se ne aggirano molti anche nel nostro mondo, magari nascondendosi nelle sembianze di uomini o di istituzioni. L’elenco sarebbe davvero lungo: basti pensare alla fame e alla sete; oppure al dramma dell’aborto e dell’eutanasia; oppure a malattie come l’Aids che soprattutto in Africa continuano a mietere vittime; o anche ai conflitti e alle guerre che non cessano di creare morti mentre la maggioranza \u00e8 indifferente, prima ancora che impotente. Mos\u00e8, ispirato da Dio, innalz\u00f2 per quel popolo un serpente di bronzo: chi lo avrebbe guardato non sarebbe morto.<\/p>\n Tutto ci\u00f2 Mos\u00e8 lo fece in figura; il suo gesto era una prefigurazione della croce. L’evangelista Giovanni lo scrive esplicitamente: “Come Mos\u00e8 innalz\u00f2 il serpente nel deserto, cos\u00ec bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv<\/em> 3,14), e pi\u00f9 avanti, quasi a ricalcare la scena biblica, aggiunge: “Volgeranno gli occhi a colui che hanno trafitto” (Gv<\/em> 19,37). C’\u00e8 bisogno ancora oggi di esaltare la Croce, di metterla in alto perch\u00e9 tutti la vedano e chi a lei si rivolge venga salvato. Potremmo dire, anche a chi non crede, o a chi vorrebbe fosse tolta, che questa croce non \u00e8 contro nessuno. Al contrario, \u00e8 bene metterla in mostra perch\u00e9 essa rende buoni i cristiani, li spinge a voler bene a tutti, li costringe ad allargare i confini del cuore perch\u00e9 nessuno resti escluso dall’amore che in quella croce parla in modo cos\u00ec mirabile. E comunque a tutti la croce parla solo di amore e di perdono. Toglierla provocherebbe un abbassamento di amore, un allentamento della tolleranza e una diminuzione di rispetto. Certo, qualcuno potrebbe dire: com’\u00e8 possibile esaltare uno strumento di supplizio cos\u00ec abominevole e atroce? E non \u00e8 insensato riservargli persino un giorno di festa? In un certo senso ha ragione. Sarebbe come se oggi noi festeggiassimo la sedia elettrica e ne ponessimo immagini ovunque e la portassimo anche appesa al collo. Saremmo certamente presi per stravaganti se non peggio.<\/p>\n Purtroppo, c’\u00e8 da dire che l’abitudine all’immagine della croce pu\u00f2 aver fatto perdere quel senso di crudelt\u00e0 che essa rappresentava: non si pensa pi\u00f9 che la croce era tra gli strumenti di supplizio pi\u00f9 duri e crudeli. Ma se ne perdiamo il senso di crudelt\u00e0 e di supplizio non ne comprendiamo pi\u00f9 neppure la santit\u00e0. Com’\u00e8 possibile, del resto, afferrare la santit\u00e0 della Croce se non si comprende l’amore che essa manifesta? La Chiesa con la festa dell’esaltazione della Santa Croce vuole mostrare a tutti l’indicibile amore di Ges\u00f9 per gli uomini e per ciascuno di noi. Non cesseremo mai di ringraziare il Signore per il dono della santa Croce! Il prefazio della messa ci fa cantare: “Nell’albero della Croce tu, o Dio, hai stabilito la salvezza dell’uomo, perch\u00e9 donde sorgeva la morte di la risorgesse la vita”.<\/p>\n \u00c8\u00a0giusto esaltare la Croce: su quel legno \u00e8 stato sconfitto una volta per sempre l’amore per se stessi e trionfa definitivamente l’amore per gli altri. La Croce \u00e8 come la sintesi, il culmine dell’amore di Ges\u00f9 per il Padre e per gli uomini. Anzi, potremmo dire che la Croce \u00e8 presente sin dall’inizio nella decisione di Ges\u00f9 di venire in mezzo agli uomini. Egli, potremmo dire con l’apostolo Paolo, inizi\u00f2 il suo cammino verso la croce sin da quando “non consider\u00f2 un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio”. Per amore, infatti, e solo per amore, “spogli\u00f2 se stesso assumendo la condizione di servo”, per amore “umili\u00f2 se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.<\/p>\n Il Padre stesso si \u00e8 commosso per un amore cos\u00ec sconfinato del Figlio al punto che ‘lo ha esaltato e gli ha dato il nome che \u00e8 al di sopra di ogni altro nome’. La Croce \u00e8 il momento in cui morte e vita si scontrano per l’ultima, definitiva battaglia. Essa si combatte nel corpo stesso di Ges\u00f9. Un dramma di cui riusciamo a cogliere forse solo qualche scheggia quando udiamo Ges\u00f9 rivolgere al Padre le drammatiche parole del salmo: “Dio mio, Dio mio, perch\u00e9 mi hai abbandonato?”. Ma subito, come a mostrare il verso della vittoria, Ges\u00f9 termina la sua vita dicendo al Padre: “Nelle tue mani affido il mio spirito”. Ges\u00f9 muore, \u00e8 vero, ma su quella croce ha sconfitto definitivamente anche l’amore per se stessi, quell’egocentrismo che sin dalle origini tiene saldamente schiavi gli uomini. Di fronte a quella croce, tutti gridavano a Ges\u00f9, tra l’ironia e lo scherno: “Salva te stesso”.<\/p>\n \u00c8\u00a0il “vangelo” del mondo: salvare se stessi, a qualsiasi costo. Ma non \u00e8, e non pu\u00f2 essere il Vangelo di Ges\u00f9. Come poteva salvare se stesso Colui che mai aveva vissuto per s\u00e9? Ges\u00f9 diceva di s\u00e9: “Non sono venuto per essere servito, ma per servire” (Mt<\/em> 20, 28); potremmo tradurre: “non sono venuto per salvare me stesso, ma gli altri”. Morendo come \u00e8 morto, Ges\u00f9 ha mostrato la vittoria dell’amore. Se ne accorse il centurione il quale guardando come Ges\u00f9 moriva, ascoltando le sue parole di abbandono al Padre, sentendolo perdonare coloro che lo crocifiggevano, comprese che quell’uomo era davvero il Figlio di Dio.<\/p>\n Quel militare romano, che non faceva neppure parte del popolo d’Israele, abituato alla durezza e alla crudelt\u00e0 della violenza e delle uccisioni, vide in Ges\u00f9 uno che amava gli altri pi\u00f9 di se stesso, uno disposto a dare tutta la sua vita per gli altri, fino a perderla. La festa di questo giorno invita tutti noi ad avere gli occhi di quel centurione perch\u00e9 anche noi li rivolgiamo alla croce e soprattutto a quel crocifisso; anche noi saremo toccati nel cuore e cambieremo la nostra vita. L’apostolo Paolo ci fa comprendere ancor pi\u00f9 questo mistero d’amore: “Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto, forse ci pu\u00f2 essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perch\u00e9, mentre eravamo ancora peccatori Cristo \u00e8 morto per noi” (Rm<\/em> 5, 7).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La liturgia di questa domenica accoglie la memoria dell’Esaltazione della Santa Croce. 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