{"id":31760,"date":"2015-04-24T09:56:06","date_gmt":"2015-04-24T07:56:06","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=31760"},"modified":"2015-07-06T14:56:17","modified_gmt":"2015-07-06T12:56:17","slug":"i-cattolici-e-la-grande-guerra","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/i-cattolici-e-la-grande-guerra\/","title":{"rendered":"I cattolici e la Grande guerra"},"content":{"rendered":"
\"Da<\/a>
Da sinistra don Bruno Bignami, Alessandro Campi, Giuliano Masciarri<\/figcaption><\/figure>\n

Il 1 agosto 1917<\/strong> Papa Benedetto XV in una Nota ai capi dei popoli belligeranti<\/em> defin\u00ec la \u201cl\u2019inutile strage\u201d. A tre anni dall\u2019inizio del conflitto aveva tentato di esortare i capi dei paesi in guerra a cercare una pace giusta e duratura. \u00c8 partito da qui, dall\u2019appello del Papa, l\u2019incontro tenuto da don Bruno Bignami<\/strong>, presidente della Fondazione \u201cDon Primo Mazzolari\u201d, docente di teologia e sacerdote della diocesi di Cremona, alla sala delle Colonne della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia – il cui tema era \u201cLa Chiesa in trincea. I cattolici e la Grande guerra\u201d.<\/p>\n

Un incontro, il quinto, che si inserisce nella serie di appuntamenti di approfondimento promossi dalla Fondazione Cariperugia Arte a corredo della mostra in corso a Palazzo Baldeschi a Perugia su \u201cLa prima Guerra mondiale e l\u2019Umbria\u201d. Erano presenti il segretario della Fondazione Cassa di risparmio di Perugia Giuliano Masciarri e Alessandro Campi, Universit\u00e0 di Perugia.<\/p>\n

Sul tema al centro dell\u2019incontro don Bignami ha scritto di recente un volume dal titolo La Chiesa in trincea. I preti nella grande guerra<\/em> (Salerno editore). \u201cIl rapporto tra i cattolici e la guerra fu molto complesso – ha spiegato don Bignami – e bisogna leggerlo nel contesto di quei tempi, in un momento in cui c\u2019era una Chiesa che combatteva contro la modernit\u00e0, in un mondo che stava cambiando\u201d. La guerra distrugge, uccide, divide gli uomini tra loro e perfino gli uomini credenti. Si usano armi dalle conseguenze terribili, \u201cma in molti uomini di fede – ha proseguito don Bignami – s\u2019insinu\u00f2 l\u2019idea secondo cui per difendere la patria la guerra fosse il giusto mezzo, che fosse giusta a determinate condizioni, per cui la Chiesa si alline\u00f2 per senso del dovere con lo Stato italiano\u201d.<\/p>\n

Ed \u00e8 in questo contesto che si inserisce la Nota<\/em> di Benedetto XV, una nota inascoltata, come le precedenti, sia da parte dei Governi belligeranti, che della Chiesa e dei vescovi degli Stati. \u201cFu un appello che suscit\u00f2 grande nervosismo e una \u2018tempesta d\u2019ire\u2019 – prosegue don Bignami- \u2018il Papa si \u00e8 messo contro di noi\u2019 fu una delle reazioni che si lessero nei giornali\u201d. La guerra stava segnando anche la vita della Chiesa, che in quegli anni stava vivendo un travaglio burrascoso in particolare su due fronti: \u201cil fallimento del teorema della guerra giusta – spiega Bignami – e la crisi di molti ecclesiastici che parteciparono alla guerra mettendo in discussione il rapporto tra la Chiesa e il mondo.<\/p>\n

In un contesto di nazionalismo diffuso e di ideologia della patria, tipico della modernit\u00e0, ogni Chiesa nazionale leggeva la realt\u00e0 con gli occhi della sua parte, per cui finiva cos\u00ec per giustificare qualsiasi ricorso alle armi per difendere il proprio popolo\u201d. I preti in parrocchia perlopi\u00f9 erano allineati con Benedetto XV, \u201cperch\u00e9 vedevano la sofferenza delle famiglie, la fame, mentre la presenza dei preti in mezzo all\u2019esercito testimoniavano la fedelt\u00e0 della Chiesa alla patria\u201d. Partirono per la guerra 24 mila ecclesiastici (tra preti, seminaristi e religiosi), 2500 furono i cappellani militari. Un ruolo, quest\u2019ultimo reintrodotto dal generale Cadorna. Furono perlopi\u00f9 impiegati nei reparti sanitari o negli ospedali da campo. \u201cMolti di loro erano novizi, chierici o seminaristi che non avevano mai visto il Nord e le Alpi, chiusi all\u2019interno dei loro seminari per cui – ha proseguito – davanti a loro si apriva un mondo del tutto nuovo\u201d.<\/p>\n

Don Bignami ha poi fatto una carrellata di sacerdoti che sono partiti per il fronte come don Annibale Carletti, il prete che si distinse per la conquista del passo Buole, don Achille Beltrame, don Piantelli, don Costantini (poi cardinale) e il futuro Papa Roncalli. Anche don Primo Mazzolari (cappellano) pass\u00f2 da un\u2019iniziale idea interventista al pacifismo. Don Bignami ha ricordato anche i tanti che, conclusa la guerra, non ripresero il ministero. Eclatante il caso della citt\u00e0 di Messina dove nessun seminarista dopo il conflitto volle continuare gli studi. Molti compresero che erano in atto trasformazioni irreversibili nel rapporto tra la Chiesa e il mondo. Il Concilio Vaticano II far\u00e0 maturare definitivamente questa riflessione nella celebre costituzione Gaudium et spes<\/em>.<\/p>\n

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