{"id":3175,"date":"2003-06-06T00:00:00","date_gmt":"2003-06-06T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=3175"},"modified":"2015-07-01T15:15:24","modified_gmt":"2015-07-01T13:15:24","slug":"commento-al-vangelo-a-cura-di-mons-vincenzo-paglia-vescovo-di-terni-narni-amelia-8","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/commento-al-vangelo-a-cura-di-mons-vincenzo-paglia-vescovo-di-terni-narni-amelia-8\/","title":{"rendered":"Lo Spirito mi render\u00e0 testimonianza"},"content":{"rendered":"
“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At<\/em> 2, 1). Erano passati cinquanta giorni dalla Pasqua e centoventi seguaci di Ges\u00f9 (i Dodici con il gruppo dei discepoli assieme a Maria e alle altre donne) stavano radunati, come ormai abitualmente facevano, nel cenacolo. Quel giorno di Pentecoste fu decisivo per i discepoli a motivo degli eventi che accaddero sia dentro il cenacolo che fuori.<\/p>\n Narrano gli Atti degli Apostol<\/em>i che, nel pomeriggio, “venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatteva gagliardo” sulla casa dove si trovavano i discepoli; fu una sorta di terremoto che si ud\u00ec in tutta Gerusalemme, tanto da richiamare molta gente davanti a quella porta per vedere cosa stesse accadendo. Apparve subito che non si trattava di un normale terremoto. C’era stata una grande scossa, ma non era crollato nulla. Fuori non si vedevano i ‘crolli’ che stavano avvenendo dentro. All’interno del cenacolo, infatti, i discepoli sperimentarono un vero e proprio terremoto, che pur essendo fondamentalmente interiore, coinvolse visibilmente tutti loro e lo stesso ambiente.<\/p>\n Videro delle “lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono sul capo di ciascuno di loro, ed essi furono pieni di Spirito santo e cominciarono a parlare in altre lingue”. Fu per tutti loro – dagli apostoli, ai discepoli, alle donne – un’esperienza che cambi\u00f2 profondamente la loro vita. Forse ricordarono che Ges\u00f9 aveva detto loro nel giorno dell’Ascensione: “Voi restate in citt\u00e0, finch\u00e9 non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc<\/em> 24, 49); e compresero le parole che Ges\u00f9 aveva detto loro: “\u00c8 meglio per voi che io me ne vada; poich\u00e9 se non me ne vado il Consolatore non verr\u00e0 a voi” (Gv<\/em> 16, 7).<\/p>\n Quella comunit\u00e0 aveva bisogno della Pentecoste, ossia di un evento che sconvolgesse profondamente il cuore di ciascuno, appunto come un terremoto. In effetti una forte energia li avvolse e una specie di fuoco li divorava nel profondo, la paura croll\u00f2 e cedette passo al coraggio, l’indifferenza lasci\u00f2 il campo alla compassione, la chiusura fu sciolta dal calore, l’egoismo fu soppiantato dall’amore. Era la prima Pentecoste. La Chiesa iniziava il suo cammino nella storia degli uomini. Il terremoto interiore che aveva cambiato il cuore e la vita dei discepoli non poteva non avere riflessi anche al di fuori del cenacolo. Quella porta tenuta sbarrata per cinquanta giorni ‘per paura dei giudei’ finalmente viene spalancata e i discepoli, non pi\u00f9 piegati su se stessi, non pi\u00f9 concentrati sulla loro vita, iniziano a parlare alla numerosa folla sopraggiunta. La lunga e dettagliata elencazione di popoli fatta dall’autore degli Atti<\/em> sta a significare la presenza del mondo intero davanti a quella porta: sono ebrei venuti per la festa di Pentecoste da tutti i luoghi della diaspora, dall’Asia, dall’Africa, da Roma; assieme ci sono anche dei proseliti, ossia pagani avvicinatisi alla Legge di Mos\u00e8.<\/p>\n Ebbene, mentre i discepoli di Ges\u00f9 parlano, tutti costoro li intendono nella propria lingua: “Li sentiamo annunciare ciascuno nelle nostre lingue le grandi cose che Dio ha fatto”, dicono stupiti. Si potrebbe dire che questo \u00e8 il secondo miracolo della Pentecoste. Da quel giorno lo Spirito del Signore ha iniziato a superare limiti che sembravano invalicabili; sono quei limiti che legano pesantemente ogni uomo e ogni donna al luogo, alla famiglia, al piccolo contesto in cui si \u00e8 nati e vissuti. E soprattutto terminava il dominio incontrastato di Babele sulla vita degli uomini. La dispersione della Torre di Babele \u00e8 un racconto antico; ma in esso si descrive la vita ordinaria dei popoli sulla terra, spesso divisi tra loro e in lotta, tesi a sottolineare quel che divide piuttosto che quello che li unisce. Ciascuno \u00e8 rivolto solo ai propri interessi, senza badare al bene comune. La Pentecoste pone termine a questa Babele di uomini in lotta solo per se stessi.<\/p>\n Lo Spirito santo effuso nel cuore dei discepoli d\u00e0 inizio ad un tempo nuovo, il tempo della comunione e della fraternit\u00e0. \u00c8\u00a0un tempo che non nasce dagli uomini, sebbene li coinvolga; e neppure sgorga dai loro sforzi, pur richiedendoli. \u00c8\u00a0il tempo che viene dall’alto, da Dio. Dal cielo – narrano gli Atti – scese una pioggia come di lingue di fuoco le quali si posarono sul capo di ciascuno dei presenti: era la fiamma dell’amore che brucia ogni asperit\u00e0 e lontananza; era la lingua del Vangelo che varca i confini stabiliti dagli uomini e tocca i loro cuori perch\u00e9 si commuovano. Il miracolo della comunione inizia proprio a Pentecoste, dentro il cenacolo e davanti alla sua porta.<\/p>\n \u00c8\u00a0qui – tra il cenacolo e la piazza del mondo – che inizia la Chiesa: i discepoli, pieni di Spirito santo, vincono la loro paura e iniziano a predicare. Ges\u00f9 aveva detto loro: “Quando verr\u00e0 lo Spirito di verit\u00e0, egli vi guider\u00e0 alla verit\u00e0 tutta intera” (Gv<\/em> 15, 13). Lo Spirito venuto, e da quel giorno continua a guidare i discepoli per le vie del mondo. La solitudine e la guerra, la confusione e l’incomprensione, l’orfananza e la lotta fratricida, non sono pi\u00f9 ineluttabili nella vita degli uomini, perch\u00e9 lo Spirito \u00e8 venuto a “rinnovare la faccia della terra” (Sal<\/em> 103, 30).<\/p>\n L’apostolo Paolo nella Lettera ai Galati<\/em>, esorta i credenti a camminare “secondo lo Spirito per non essere portati a soddisfare i desideri della carne… Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurit\u00e0, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (Gal<\/em> 5, 19-21). E aggiunge: “Il frutto dello Spirito invece \u00e8 amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bont\u00e0, fedelt\u00e0, mitezza, dominio di s\u00e9” (Gal<\/em> 5, 22).<\/p>\n Di questi frutti ha bisogno il mondo intero. La Pentecoste \u00e8 l’inizio della Chiesa, ma anche l’inizio di un nuovo mondo. Ebbene, anche in questo inizio del millennio il mondo sta alle porte in attesa di una nuova Pentecoste. Lo Spirito santo, come quel giorno di Pentecoste, \u00e8 effuso anche su di noi perch\u00e9 usciamo dalle nostre grettezze e dalle nostre chiusure e comunichiamo al mondo l’amore del Signore. Anche a noi \u00e8 data in dono la “lingua” del Vangelo e il “fuoco” dello Spirito, perch\u00e9 mentre comunichiamo il Vangelo al mondo scaldiamo il cuore dei popoli perch\u00e9 si raccolgano attorno al Signore.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" “Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (At 2, 1). 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