gi\u00e0<\/em> abitiamo in essa. Ci\u00f2 che si rivela decisivo \u00e8 invece uno sguardo ampio, in grado di cogliere i presupposti di un tempo tanto complesso\u201d. Il percorso proposto da Benanti parte dunque dall\u2019Era digitale cos\u00ec come la viviamo, ancora prima di ogni interpretazione.<\/p>\nUn primo strumento interessante \u00e8 rappresentato dalle rappresentazioni pubblicitarie<\/strong> del mondo digitale. Il mondo della pubblicit\u00e0 ci mostra una tecnologia che consente un accesso sempre pi\u00f9 ampio alla realt\u00e0; ma come<\/em> il mondo digitale realizza questa promessa, che tocca una corda profonda del cuore umano? Il secondo strumento interessante sul piano fenomenico \u00e8 dato dal linguaggio: veloce, immediato (nel senso che non permette al soggetto una mediazione personale e riflessiva), capace di stimolare il cervello a un pensiero che si muove su pi\u00f9 livelli contemporaneamente, con tempi di attenzione sempre pi\u00f9 brevi. Come potr\u00e0 passare dalla quantit\u00e0 di informazioni all\u2019interpretazione e alla comprensione del reale, un soggetto che non ha tempo di rielaborare ci\u00f2 che sperimenta?<\/p>\nUn terzo spunto viene dalla ratio<\/em> che governa l\u2019accesso ai social network<\/strong><\/em>: in Rete circolano velocemente emozioni e desideri che spesso si discostano per opposizione alla realt\u00e0; come potr\u00e0 contribuire alla maturazione umana una tale ratio<\/em> emotiva che si dissocia rispetto al reale? Un\u2019ultima traccia interrogativa viene dall\u2019identit\u00e0<\/strong> che resta dopo il passaggio di ogni utente sulla Rete: una serie quantizzata di dati e preferenze. Ma l\u2019uomo pu\u00f2 essere ridotto ai suoi gusti e alle sue preferenze \u2013 i \u201ctatuaggi digitali\u201d – e restarvi rinchiuso come in un circolo vizioso? Per rispondere a queste domande occorre concentrare l\u2019attenzione sul linguaggio: cosa intendiamo veramente, quando parliamo di Era digitale? Il termine deriva dall\u2019inglese digit<\/em>, ovvero cifra, numero, dato.<\/p>\nDigitale, dunque, \u00e8 l\u2019Era in cui la realt\u00e0 \u00e8 ridotta a numero, a dati scambiati in enormi quantit\u00e0, a velocit\u00e0 altissime, in tutto il mondo e in tempi brevissimi. Da questo orizzonte pu\u00f2 sorgere ora la domanda antropologica<\/strong>: chi \u00e8 l\u2019uomo che vive in questo mondo digitalizzato? Le caratteristiche esistenziali dell\u2019uomo che abita questa realt\u00e0 trascritta in dati possono essere individuate in due direzioni: la capacit\u00e0 di accedere ai dati in modo solo implicito, senza giungere a qualcosa di esplicitamente conosciuto; e un uso emozionale delle strumentazioni digitali. Come si pu\u00f2 \u201ce-ducare\u201d (e-ducere<\/em>, trarre fuori) questo Adamo digitale, portandolo fuori dalla sua \u201ctenda\u201d per mostrargli il cielo stellato nel quale \u00e8 scritto lo scopo del suo cammino? L\u2019intervento educativo che si profila richiede capacit\u00e0 dinamiche e di discernimento. \u201cSenza restare fermi e in disparte – ha concluso Benanti – in attesa del disastro, occorre portare Cristo nel cuore di un\u2019epoca che rischia di concentrarsi troppo sulle singole informazioni che possiede, ma senza una consapevolezza della totalit\u00e0 del cammino, con il rischio di pericolose derive\u201d.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"La Commissione Ceu per l\u2019educazione (Cresu), presieduta da mons. Domenico Sorrentino e coordinata dalla prof.ssa Annarita Caponera, anche quest\u2019anno ha proposto una trilogia di incontri di formazione e approfondimento per interrogare propositivamente il mondo della scuola e dell\u2019educazione. 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