<\/a>“Ma cosa vi \u00e8 passato per la testa?\u201d \u00e8 una delle reazioni che sente una coppia quando annuncia di essere in attesa di un bambino. Diventare pap\u00e0 e mamma \u00e8 arduo, semplice forse non \u00e8 mai stato. Oggi per\u00f2 il contesto \u00e8 meno incoraggiante. Il clima \u00e8 tale che raccogliere la sfida della genitorialit\u00e0 sembra quasi testimoniare l\u2019ostinazione di pochi. Per osservare il panorama, \u00e8 sufficiente indirizzare lo sguardo sui dati presentati dall\u2019ultimo rapporto Istat su \u201cNatalit\u00e0 e fecondit\u00e0 in Italia\u201d, nel quale si testimonia il forte calo dei nuovi nati: poco sopra i 514mila bambini. Si certifica che in un anno i neonati sono diminuiti quasi di 20mila unit\u00e0.<\/p>\nLa descrizione della struttura demografica del nostro Paese \u00e8 impietosa: una parte del declino delle nascite \u00e8 certamente dovuto al progressivo invecchiamento degli italiani, che riduce anche il numero delle donne in et\u00e0 feconda, quelle tra i 15 e i 49 anni; un\u2019altra parte si pu\u00f2 attribuire alla posticipazione dell\u2019et\u00e0 al parto, oggi l\u2019et\u00e0 media \u00e8 di 31,5 anni; si consideri poi che un nato su 8 ha una mamma oltre i 40 anni. Infine c\u2019\u00e8 un basso numero di figli per donna, dato che il tasso di fecondit\u00e0 \u00e8 dell\u20191,39 figli. Lo scenario in cui ci muoviamo non nasce dal nulla, ha radici socio-culturali precise. Alcune sono indicate nello stesso Rapporto: in primo luogo sul calo incide la diminuzione dei matrimoni; in secondo luogo la riduzione delle nascite \u00e8 dovuta alla minore presenza nel paese dei cittadini immigrati che hanno tassi di fecondit\u00e0 pi\u00f9 alti di quelli italiani, ancora oggi il 20% dei nuovi bimbi sono figli di immigrati. Si possono per\u00f2 aggiungere ulteriori elementi. Innanzitutto c\u2019\u00e8 la questione della condizione giovanile: tra i 18 e i 30 anni degli italiani oltre il 70% vive con i genitori, oltre alla difficolt\u00e0 di inserimento lavorativo che porta a un\u2019instabilit\u00e0 diffusa che mina le aspirazioni alla genitorialit\u00e0.<\/p>\n
Il mondo del lavoro poi \u00e8 poco accogliente verso i genitori. Dietro le dichiarazioni di principio, che apprezzano l\u2019adozione di politiche che conciliano famiglia e lavoro, nell\u2019ambiente quotidiano si sperimenta l\u2019astio e la chiusura verso chi esercita il diritto di usufruire dei congedi di maternit\u00e0 o paternit\u00e0, la scarsa disponibilit\u00e0 a concedere il telelavoro o il part-time, senza considerare l\u2019emarginazione non dichiarata dal mercato del lavoro delle donne che hanno pi\u00f9 di un figlio. C\u2019\u00e8 infine un sostrato culturale di derivazione sessantottina che propugna una libert\u00e0 senza vincoli per privilegiare le proprie opportunit\u00e0 e soddisfare i desideri possibili: un atteggiamento favorito del rimando ad altri tempi della genitorialit\u00e0. Nel clima scoraggiante quei genitori che scelgono la vita sono proprio ostinati. Un\u2019ostinazione che nasce da due sorgenti: uno \u00e8 l\u2019orologio biologico che nella maturit\u00e0 della vita richiede l\u2019assunzione di responsabilit\u00e0 verso l\u2019altro, quando ce ne accorgiamo la logica cede il passo all\u2019affidamento per i credenti, all\u2019irrazionalit\u00e0 per gli altri; la seconda \u00e8 la speranza nella vita che si nutre del sorriso di ogni nuovo bimbo.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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