{"id":29206,"date":"2014-11-28T15:15:01","date_gmt":"2014-11-28T13:15:01","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=29206"},"modified":"2015-06-08T12:05:41","modified_gmt":"2015-06-08T10:05:41","slug":"50-di-unitatis-redintegratio-intervento-del-card-bassetti","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/50-di-unitatis-redintegratio-intervento-del-card-bassetti\/","title":{"rendered":"50\u00b0 di \u201cUnitatis redintegratio\u201d: intervento del card. Bassetti"},"content":{"rendered":"
\"L\u2019incontro<\/a>
L\u2019incontro tra Papa Francesco e il patriarca Bartolomeo a Gerusalemme il 25 maggio 2014<\/figcaption><\/figure>\n

Il decreto sull\u2019ecumenismo Unitatis redintegratio<\/em> del Concilio Vaticano II tocca un tema importantissimo per il futuro del cristianesimo e una sfida impegnativa per l\u2019oggi. Papa Francesco<\/strong>, recentemente, ricordando il 50\u00b0 anniversario dell\u2019Unitatis redintegratio<\/em>, ha usato parole forti per sottolineare l\u2019assoluta centralit\u00e0 del dialogo ecumenico. E ha detto che, ormai, in tutto il mondo, al di l\u00e0 delle nostre intenzioni e delle nostre capacit\u00e0, esiste un \u201cecumenismo del sangue<\/strong>\u201d, cio\u00e8 la capacit\u00e0 dei cristiani di dare testimonianza fino a donare la vita. \u201cColoro che perseguitano Cristo nei suoi fedeli \u2013 ha detto Francesco \u2013 non fanno differenze di confessioni: li perseguitano semplicemente perch\u00e9 sono cristiani\u201d. Il resto del mondo, dunque, ci riconosce come cristiani, come provenienti da un\u2019unica grande storia, da un unico grande albero; e coloro che ci odiano in nome della fede ci accomunano nelle sofferenze, nelle umiliazioni, nelle persecuzioni. Le stesse persecuzioni patite di Cristo. \u00c8 un\u2019interpretazione profetica, questa di Francesco, non scontata e non dovuta, che si lega fortemente con il decreto Unitatis redintegratio<\/em> che per l\u2019appunto valorizzava la capacit\u00e0, nei fratelli e nelle sorelle di tutte le Chiese e le comunit\u00e0 cristiane, a dare testimonianza a Cristo fino al sacrificio della vita. Queste testimonianze non sono mai mancate in questi cinquant\u2019anni \u2013 basti pensare a cosa hanno patito e subito le Chiese orientali sotto i regimi comunisti \u2013 e continuano anche ai nostri giorni, in questo XXI secolo, che continua a essere un secolo di martirio.<\/p>\n

Cambia la \u201cgeografia\u201d
\n<\/strong>Tuttavia, nel ricordare il 50\u00b0 anniversario del decreto sull\u2019ecumenismo, dobbiamo prendere atto che la geografia mondiale della cristianit\u00e0 \u00e8 profondamente mutata, e con essa \u00e8 cambiata anche la situazione sociale e culturale. In un recente studio, lo storico statunitense Philip Jenkins<\/strong> \u2013 che tra l\u2019altro \u00e8 stato nostro ospite al convegno di Assisi \u201cCustodire l\u2019umanit\u00e0. Verso le periferie esistenziali\u201d del novembre 2013 \u2013 ha evidenziato come il centro e la periferia del cristianesimo stiano totalmente mutando. Quelle che una volta erano le \u201cperiferie\u201d della religione del Cristo, adesso invece stanno vivendo una fase di crescita del numero di fedeli, seppur in modalit\u00e0 totalmente diverse rispetto al passato. Mentre, al contrario, quello che fino a poco tempo fa era il cuore della cristianit\u00e0, ovvero l\u2019Europa e il cosiddetto mondo occidentale, ha ormai sub\u00ecto la marea della secolarizzazione \u2013 a cui sta seguendo anche un processo di desacralizzazione e scristianizzazione \u2013 e un abbassamento del numero di fedeli e di vocazioni al sacerdozio. Questa analisi, ovviamente, non significa che il cristianesimo cesser\u00e0 di essere vivo in Europa, ma ci costringe a interrogarci sulla nuova situazione e sulle modalit\u00e0 di dialogo ecumenico tra le varie Chiese cristiane – in un momento storico in cui, tra l\u2019altro, la laicit\u00e0 dei rapporti tra Stato e Chiesa e la difesa della libert\u00e0 religiosa, in Europa, sembra essere un dato acquisito e non soggetto a nuove rinegoziazioni. Anche se, \u00e8 bene sottolinearlo, stanno emergendo nel mondo occidentale, istanze e modelli culturali che fanno del laicismo, dell\u2019anticlericalismo e del relativismo culturale un\u2019ideologia sempre pi\u00f9 diffusa tra le classi dirigenti \u2013 e adesso anche nel popolo \u2013 che rischia di essere lesiva non solo per la Chiesa, ma per le basi stesse della societ\u00e0. Una \u201cderiva antropologica\u201d che ci esorta alla testimonianza autentica, come diceva Francesco, e alla ricerca di nuove forme di dialogo che superino alcuni impaludamenti che si sono formati nel corso degli anni.<\/p>\n

Un frutto mancato
\n<\/strong>Bisogna riconoscere, due elementi fondamentali per quel che riguarda il dialogo ecumenico. Se \u00e8 vero, infatti, che l\u2019ecumenismo \u00e8 uno dei grandi frutti del Concilio Vaticano II, attraverso il quale la Chiesa cattolica si \u00e8 impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, \u00e8 altrettanto vero, come ha recentemente evidenziato il card. Koch, che dopo 50 anni, \u201cdobbiamo riconoscere che non abbiamo raggiunto l\u2019obiettivo del dialogo ecumenico, ovvero una comunione ecclesiale vincolante e l\u2019unit\u00e0 visibile nella fede, nei sacramenti e nei ministeri ordinati\u201d. Anzi siamo costretti a riconoscere, dice sempre Koch<\/strong>, che nel corso del tempo \u201cl\u2019obiettivo del movimento ecumenico si \u00e8 fatto man mano pi\u00f9 confuso. Molti dei partner ecumenici hanno abbandonato l\u2019obiettivo originario dell\u2019unit\u00e0 visibile a favore di un mutuo riconoscimento delle diverse comunit\u00e0 ecclesiali\u201d, cosicch\u00e9 \u201cl\u2019unica Chiesa di Ges\u00f9 Cristo risulta essere una mera somma delle varie comunit\u00e0 ecclesiali esistenti\u201d. Avere questa consapevolezza \u00e8 un elemento di grande maturit\u00e0. Perch\u00e9 ci\u00f2 che \u00e8 importante non consiste nel chiudersi in una stantia auto-commiserazione, ma all\u2019opposto, \u00e8 fondamentale ripartire, cercare nuove strade, invocare il soffio creativo dello Spirito santo su un percorso comune dal quale non si pu\u00f2 tornare indietro. Come ha giustamente evidenziato Francesco, infatti, anche se \u201cdobbiamo riconoscere che tra cristiani siamo ancora divisi, e che divergenze su nuovi temi antropologici ed etici rendono pi\u00f9 complicato il nostro cammino verso l\u2019unit\u00e0\u201d, tuttavia, ha aggiunto, \u201cnon possiamo cedere allo sconforto e alla rassegnazione, ma continuare a confidare in Dio che pone nei cuori dei cristiani semi di amore e di unit\u00e0, per affrontare con slancio rinnovato le sfide ecumeniche di oggi\u201d. La sfida odierna, dunque, consiste nel trovare nuovi percorsi comuni nel \u201cmutato scenario di oggi\u201d. Una strada, in parte delineata dal Papa, potrebbe essere la comune solidariet\u00e0 verso i poveri e i bisognosi<\/strong>. Non si pu\u00f2 non notare infatti come i \u201ccristiani di diverse Chiese e comunit\u00e0 ecclesiali si adoperano insieme al servizio dell\u2019umanit\u00e0 sofferente e bisognosa, per la difesa della vita umana e della sua inalienabile dignit\u00e0, per la salvaguardia del creato e contro le ingiustizie che affliggono tanti uomini e popoli\u201d. Questi sono punti in comune di grande importanza, che vanno valorizzati, incoraggiati e incanalati in un nuovo dialogo ecumenico.<\/p>\n

Un testo da conoscere
\n<\/strong>Per i cattolici, poi, \u00e8 assolutamente importante riconoscere l\u2019importanza di questo decreto insieme all\u2019insegnamento del Concilio Vaticano II. Questo potrebbe apparire come un fattore marginale, invece \u00e8 di fondamentale importanza per il cattolicesimo. Quanti credenti conoscono il testo di questo documento? Quanti laici e consacrati cattolici riescono a comprenderne la novit\u00e0 storica, anzi la cesura, che segn\u00f2 la promulgazione di quel decreto? Questo documento non pu\u00f2 rimanere ad ammuffire in uno scaffale di libreria, ma necessita di una spiegazione, di una diffusione e di un\u2019inculturazione su grande scala. E bisogna dire in modo netto e chiaro \u2013 lo dico soprattutto per le giovani generazioni e per coloro che hanno nostalgie \u2018cesaropapiste\u2019 \u2013 che l\u2019atteggiamento dei cattolici nei confronti dei cristiani di altre Chiese e comunit\u00e0 ecclesiali cristiane non pu\u00f2 che essere quello del dialogo, della comunione e della convivenza pacifica. \u201cAppartengono ormai al passato \u2013 faccio mie, con decisione, le parole di Francesco \u2013 l\u2019ostilit\u00e0 e l\u2019indifferenza, che avevano scavato fossati apparentemente incolmabili e prodotto ferite profonde, mentre \u00e8 stato avviato un processo di guarigione che consente di accogliere l\u2019altro come fratello o sorella, nell\u2019unit\u00e0 profonda che nasce dal battesimo\u201d. Il decreto sull\u2019ecumenismo Unitatis redintegratio<\/em> su questo punto \u00e8 chiarissimo: \u201cQuelli che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la Chiesa cattolica\u201d. Come ha ribadito con efficacia il card. Walter<\/strong> Kasper<\/strong>, \u201ci cristiani non si sono allontanati principalmente a livello di discussioni e di dispute su differenti formule dogmatiche, ma si sono allontanati a livello di vita\u201d.<\/p>\n

Da dove ripartire
\n<\/strong>E proprio da qui dobbiamo ripartire. Dai piccoli gesti della quotidianit\u00e0 e, soprattutto, guardando con grande gioia ai grandi momenti che hanno segnato il dialogo ecumenico in questi 50 anni. Penso soprattutto, all\u2019incontro tenutosi cinquant\u2019anni fa a Gerusalemme tra il Patriarca Athenagoras di Costantinopoli e Paolo VI, e anche all\u2019evento commemorativo, svoltosi sempre a Gerusalemme, la scorsa primavera, tra il Patriarca ecumenico Bartolomeo e Papa Francesco. Le parole con cui Athenagoras sottoline\u00f2 l\u2019importanza dell\u2019incontro di Costantinopoli rappresentano un monito ancora oggi per tutti noi. Disse il Patriarca: \u201c\u00c8 giunta l\u2019ora del coraggio cristiano. Ci amiamo gli uni gli altri; professiamo la stessa fede comune; incamminiamoci insieme verso la gloria del sacro altare comune\u201d. Carissimi fratelli, \u00e8 giunta l\u2019ora del coraggio cristiano! \u00c8 giunta l\u2019ora della carit\u00e0 ecclesiale a cui non si pu\u00f2 rinunciare. E anche se l\u2019obiettivo principale del movimento ecumenico \u2013 ovvero il ristabilimento dell\u2019unit\u00e0 della Chiesa \u2013 non \u00e8 stato raggiunto, e richieder\u00e0 molto pi\u00f9 tempo di quanto si era immaginato al tempo del Concilio, non si pu\u00f2 assolutamente perdere la speranza! Se perdiamo la speranza, significa che perdiamo la fede nell\u2019azione dello Spirito santo. Che invece continua a soffiare, imperterrito e incessante, anche nel mutato scenario di oggi. Spetta a noi saperlo intercettare. Spetta a noi saperlo comprendere. Spetta a noi saperlo incarnare. Concludo con due modeste esortazioni. La prima per tutti i cattolici, i quali sono invitati \u2013 lo dico con amore e tenerezza, senza indulgere in alcun ruolo cattedratico \u2013 a rileggere e a comprende appieno il decreto sull\u2019ecumenismo. Perch\u00e9 da quel decreto non si pu\u00f2 tornare indietro. Eventualmente, si pu\u00f2 andare solo avanti. Ai fratelli nella fede delle Chiese cristiane, invece, vorrei esortarli \u2013 anche a loro, con la massima carit\u00e0 \u2013 a non cadere mai nella rassegnazione e, soprattutto, a prodigarsi negli sforzi per una rinnovata e costante preghiera comune. Un destino superiore, infatti, ci accomuna profondamente. Un \u201cecumenismo del sangue\u201d, come ha detto Francesco, ci tiene insieme nel dare testimonianza al mondo. Questa \u00e8 la volont\u00e0 di Dio, questa \u00e8 l\u2019unica strada per dare credibilit\u00e0 al cristianesimo nella societ\u00e0 odierna.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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