{"id":2888,"date":"2003-01-10T00:00:00","date_gmt":"2003-01-09T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=2888"},"modified":"2015-07-28T16:16:58","modified_gmt":"2015-07-28T14:16:58","slug":"grande-festa-per-il-decennale-di-umbria-jazz-winter-ad-orvieto","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/grande-festa-per-il-decennale-di-umbria-jazz-winter-ad-orvieto\/","title":{"rendered":"Grande festa per il decennale di Umbria jazz winter ad Orvieto"},"content":{"rendered":"

Umbria Jazz passa rapida come una cometa sul cielo invernale di questa rupe di Orvieto nel brevissimo spazio, tra un fine e inizio d’anno, lasciandosi dietro una fastosa luminosa coda di luci, di suoni e di consensi. Bisogna riconoscere che la rassegna \u00e8 divenuta un vero e proprio appuntamento annuale per gli appassionati di musica, di certa musica non assolutamente disprezzabile per i valori che reca tra le corde della sua anima e gli estenuanti virtuosismi in cui si esprime. Cos\u00ec si infrange per un po’ il silenzio ancestrale che ne perpetua il carattere e la gente, dai diversi accenti, sciama a flussi pi\u00f9 o meno intensi al richiamo battente dei vari rendez-vous in programma, fino a tarda notte, o alla ricerca, con gli occhi ansiosi, di impensate meraviglie nascoste chiss\u00e0 dove nell’inestricabile mistero dell’antica citt\u00e0 della rupe. E in questa attesa, si stampa, a precisi intervalli, nella luce di mezzogiorno o in quella del tardo pomeriggio, l’uscita per il centro storico della “Marching Band”, “The Coolbone Brass Band of New Orleans”, tutta in rigoroso nero, con colossale basso tuba e trombe e tromboncini in testa. Orvieto guarda, digerisce e si compiace. Che poi c’\u00e8 tutto il resto, in parte noto e in parte no; c’\u00e8 e come, per ogni gusto e grado, da quelli pi\u00f9 raffinati a quelli meno introdotti, dai generi pi\u00f9 semplici ai pi\u00f9 complicati, da quelli metafisici a quelli pi\u00f9 scatenati: ognuno ha avuto la possibilit\u00e0 di ascoltare ci\u00f2 che voleva e cercava, musica nera e quella bianca, dal main stream al bogie-woogie, dalla bossa nova all’italian style, dal rythm’n blues al gospel. Ma il punto culminante della intera kermesse musicale \u00e8 stata la messa in Duomo, la sera del primo dell’anno 2003, giorno dedicato a Maria, madre di Dio, e giustamente alla pace del mondo, divenuto ormai una tradizione con tutti i crismi e riconoscimenti dovuti. Un momento altamente significativo, donde con evidenza palpabile era possibile cogliere nella moltitudine e variet\u00e0 dei presenti – circa tremila e pi\u00f9 persone – l’unit\u00e0 degli intenti e la reale dimensione della festa. Il Vescovo stesso l’ha presieduta, dominando l’intera assemblea con il suo gesto pastorale e la sua illuminata parola. Dove ha ribadito il concetto che la pace \u00e8 dono di Dio, annunciato dagli angeli in volo nella notte del presepe, agli uomini che, facendo la sua volont\u00e0, sono oggetto del suo buon volere. Nelle ampie navi del Duomo, tra il mistico conflitto delle luci e delle ombre, l’enorme massa non aveva pi\u00f9 confini. Era per\u00f2 tutta orientata, con orecchi e occhi puntati suddove il linguaggio si faceva universale ora con la preghiera ed ora con il canto. Erano angeli neri a cantare, paludati con ampie orlature d’oro, alla maniera di corte o di basilica, – senza mandole e senza sistri, ma con vocipotenti e vibranti come trombe – i “Boby Jones and New Life With The Nashville Superchoir – : cantavano e inneggiavano e invocavano, pregavano insomma a loro modo, senza risparmio e senza limiti. Era il Gospel, millenaria storia di Dio e di uomini insieme. Ce n’era abbastanza perch\u00e9 sugli occhi di ognuno, in quella massa oscura che si agitava e batteva le mani, spuntasse una luce di emozione e di bont\u00e0.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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