{"id":28368,"date":"2014-10-10T13:17:36","date_gmt":"2014-10-10T11:17:36","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=28368"},"modified":"2015-08-07T15:23:59","modified_gmt":"2015-08-07T13:23:59","slug":"chiesa-inclusiva-una-questione-di-metodo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/chiesa-inclusiva-una-questione-di-metodo\/","title":{"rendered":"Chiesa inclusiva, una questione di metodo"},"content":{"rendered":"

\"einstein-lavagna\"<\/a>La Evangelii gaudium<\/em> di Papa Francesco<\/strong> continua a suscitare ricchezza e a stimolare ampie prospettive nella Chiesa italiana. Stavolta tocca da vicino il nostro territorio, ispirando la lettera pastorale che il card. Bassetti<\/strong> ha voluto rivolgere ai fedeli della diocesi di Perugia – Citt\u00e0 della Pieve. La lettera, lucida e agile, sottolinea molti aspetti dell\u2019enciclica, ognuno meritevole di approfondimento. Ma alcune pagine ci colpiscono in particolar modo, poich\u00e9 sono un esempio emblematico della dimensione epistemologica e metodologica della teologia, al punto da renderla una disciplina profondamente duttile e creativa. Si tratta delle pagine dedicate a \u201cUna pastorale inclusiva\u201d (pp. 19-25), che riflettono sulla priorit\u00e0 dell\u2019accoglienza come segno reale di conversione: vi \u00e8 vera accoglienza dell\u2019altro solo se non lo si giudica e se lo si avvicina con tenerezza. Questo permette alla Chiesa di essere una realt\u00e0 non esclusiva bens\u00ec inclusiva<\/em>, capace di fare spazio reale anche ai lontani. Ma per facilitare questo, Bassetti indica tre criteri pratici: 1) solo una reale e schietta accoglienza sostiene l\u2019amore per la disciplina e per l\u2019obbedienza, che fanno procedere nel cammino di conversione; 2) la premessa dell\u2019appartenenza alla Chiesa \u00e8 l\u2019amore di Dio per noi, non l\u2019osservazione di regole morali, 3) precetti e regole morali che nel passato funzionavano efficacemente, potrebbero oggi non essere troppo adatti, e dunque andare compresi sotto una diversa prospettiva. Su questo ultimo punto sono richiamate le parole di san Tommaso d\u2019Aquino, quando sottolineava che i precetti dati da Cristo e dagli apostoli sono pochissimi, e di sant\u2019Agostino, quando ricordava che i precetti aggiunti dopo vanno esigiti con moderazione.<\/p>\n

Proprio questo<\/strong> terzo punto illumina un modo di concepire la teologia, di cui nel XX secolo fu maestro Lonergan e di cui oggi si discute nei centri di ricerca internazionali in cui si indaga il rapporto tra logica e teologia. Molto spesso infatti si pensa che la teologia sia una specie di mappa di verit\u00e0 gi\u00e0 date, che spiegano definitivamente e indiscutibilmente ogni aspetto di Dio, dell\u2019essere umano, della Chiesa e, cos\u00ec facendo, di fatto si esclude che si dia un\u2019autentica ricerca e un\u2019autentica innovazione in ambito teologico. La teologia sarebbe una specie di stantio manuale di istruzione, al quale andare a guardare solo quando qualcosa nell\u2019apparato di fede non funziona, ma che tutto sommato si pu\u00f2 lasciare tranquillamente da parte quando la pratica e l\u2019esperienza ci hanno insegnato come ottenere il risultato anche senza tante speculazioni intellettuali.<\/p>\n

La ricerca teologica<\/strong> \u00e8 decisamente altro. Non solo \u00e8 aperta continuamente verso nuovi e migliori risultati, come ogni disciplina, ma \u00e8 costantemente in dialogo con il contesto culturale in cui si trova, ponendo e rispondendo a domande nuove e imparando nuovi linguaggi per esprimere ci\u00f2 che i credenti hanno ricevuto e tramandato per venti secoli. Come \u00e8 possibile che la teologia produca risultati nuovi se l\u2019oggetto che studia \u00e8 Dio, immutabile ed eterno? Questo \u00e8 il dubbio che arrovella coloro che pretendono dalla Chiesa sempre le medesime espressioni e le medesime posizioni, altrimenti essa cederebbe alla modernit\u00e0 e all\u2019errore (basti vedere tutte le difficolt\u00e0 che si hanno nel recepire l\u2019ultimo Concilio e le tante risacche di nostalgia che abitano il sentire ecclesiale). L\u2019errore \u00e8 di metodo. La teologia non \u201cstudia\u201d Dio, perch\u00e9 non si pu\u00f2 attingere a Dio in modo diretto. La teologia studia piuttosto gli eventi e le parole in cui Dio si \u00e8 comunicato in persona (cfr. Dei Verbum<\/em>, 2), analizza questi dati a partire dalle fonti tramite le quali ci sono pervenuti – Scrittura e Tradizione -, quindi li interpreta e cerca di discernere, fra le diverse possibili interpretazioni che si sono date lungo la storia della Chiesa, quali siano le posizioni autenticamente cristiane e quali invece siano da considerarsi superate (nel momento in cui cambia il contesto, anche il contenuto pu\u00f2 necessitare di una riscrittura per non venire frainteso) o erronee (perch\u00e9 nell\u2019interpretare il dato della fede il soggetto umano \u00e8 coinvolto con le proprie risorse e le proprie miserie; pu\u00f2 quindi produrre interpretazioni non autenticamente cristiane, che vanno abbandonate). Solo un teologo che sia immerso nell\u2019esperienza cristiana pu\u00f2 fare questa opera di discernimento, perch\u00e9 proprio l\u2019esperienza cristiana vissuta \u00e8 il luogo cui attingere per elaborare categorie significative, in base alle quali valutare la tradizione ricevuta e discernere in essa ci\u00f2 che \u00e8 da credere e ci\u00f2 che \u00e8 da abbandonare. A questo punto si pu\u00f2 riscrivere e risistemare quanto ricevuto, sulla base di una quanto pi\u00f9 possibile corretta interpretazione dei dati, e proporre ai credenti ci\u00f2 che si deve credere. Si sar\u00e0 elaborata cos\u00ec una dottrina capace di rendere ragione della propria tradizione, purificata in maniera sempre maggiore dalle inautenticit\u00e0, ma anche innestata nell\u2019oggi, perch\u00e9 il teologo che elabora categorie utili a discernere e a ridire la dottrina vive oggi e ragiona dentro il contesto culturale contemporaneo.<\/p>\n

Colpisce la plausibilit\u00e0<\/strong> di questa procedura dal punto di vista formale e metodologico, soprattutto se si pensa che – con le dovute e profonde differenze – la storia della logica e della scienza \u00e8 arrivata a conclusioni analoghe. Per produrre dimostrazioni deduttive la scienza ha avuto per secoli come modello la matematica di Euclide, basata su cinque postulati. Uno di questi, quello delle rette parallele, venne negato, permettendo di inventare le geometrie non euclidee, che a loro volta fornirono gli strumenti alla teoria della relativit\u00e0 di Einstein. Da qui in poi la logica ha riflettuto ampiamente sui limiti intrinseci di un sistema, resi celebri da G\u00f6del, e quindi anche sulle propriet\u00e0 di un sistema di scienza, mostrando come con molte premesse (meglio, assiomi) si ottengono dimostrazioni forti ma molto restrittive, mentre, con poche premesse, il sistema \u00e8 molto pi\u00f9 duttile e capace di adattarsi. Da qui ancora i sistemi induttivi e le mille forme di logica che ormai pullulano il panorama filosofico attuale, insieme all\u2019idea di potersi concentrare su pochi assunti fondamentali per modellare il sistema pi\u00f9 efficace per il problema studiato. In particolare, il Novecento della scienza insegna quella grande lezione di umilt\u00e0 e creativit\u00e0 che, dopo la rivoluzione relativistica e quantistica, ha portato a intraprendere nuove vie speculative e sperimentali e a dialogare in maniera pi\u00f9 stretta con il sapere filosofico. \u00c8 fondata allora la speranza di poter sempre trovare il modo che la Rivelazione sia un dono per tutti, e non per pochi, e che alla ragione spetti il compito di aprire le strade che coniughino misericordia e conversione: laddove si stenta a intravedere queste strade, vi \u00e8 di certo una carenza di pensiero, come spesso lamentava Benedetto XVI. Ancora una volta, viene da pensare quanto il cristianesimo esalti la ragione, ritenendo che una fede capace di motivarsi e fondarsi sia una fede umanizzante, e soprattutto in grado di parlare cattolicamente, come l\u2019etimo katholikos<\/em> (universale) suggerisce chiaramente.<\/p>\n

Flavia Marcacci – Simona Segoloni, docenti Ita<\/strong><\/p>\n

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Perch\u00e9 questa nuova rubrica su La Voce<\/h3>\n

Con questo intervento di Flavia Marcacci e Simona Segoloni iniziamo una rubrica intitolata \u201cApprofondimenti\u201d che offriamo ai nostri lettori, quelli in particolare che desiderano andare a fondo su alcuni aspetti della vita di fede, tenendo conto della condizione del pluralismo culturale e religioso in cui oggi ci troviamo. Offriamo pertanto uno spazio a quei teologi, filosofi, storici, specialisti e cultori di discipline che abbiano attinenza in maniera diretta o indiretta con il pensare cristiano.<\/em><\/p>\n

Coloro che lo riterranno utile, e forse anche necessario per arricchire l\u2019esperienza religiosa della nostra comunit\u00e0 di credenti, e considerano opportuno il loro intervento per suscitare domande e reazioni da parte di non credenti, potranno avere uno spazio, sia pure entro i limiti di un settimanale. Flavia Marcacci e Simona Segoloni, a loro insaputa, si trovano a fare da apripista e in qualche modo anche da \u201ccavia\u201d, prestandosi a ulteriori commenti e riflessioni sul tema da loro trattato a partire da un\u2019indicazione contenuta nella lettera pastorale del card.<\/em> Gualtiero Bassetti Missione e conversione pastorale – Alla luce della Evangelii gaudium per l\u2019avvio del processo di discernimento, purificazione e riforma.<\/p>\n

I nostri lettori sanno bene che un pensiero forte e autorevole \u00e8 presente gi\u00e0 da molti anni, in ogni numero del nostro settimanale, scritto dai nostri Vescovi, non solo nelle pagine gestite dalle singole diocesi secondo le occasioni legate alla vita delle loro comunit\u00e0, ma in una rubrica fissa nella quale a turno hanno l\u2019opportunit\u00e0 di inviare un messaggio al popolo di Dio e a tutta la comunit\u00e0 regionale. Questo spazio dona a<\/em> La Voce un supplemento di autorevolezza e una carica di incisivit\u00e0, come spesso ci chiedono i lettori.<\/em><\/p>\n

L\u2019aggiunta in una pagina di riflessioni offerte da teologi, maestri e dottori, soprattutto coloro che insegnano nelle nostre scuole di formazione teologica, si pone su un livello diverso, in qualche modo complementare e con caratteristiche proprie, che consentono anche una problematizzazione delle questioni, in un dialogo aperto con Pastori, fedeli e mondo esterno, compresi i cosiddetti \u201clontani\u201d, seguendo quell\u2019invito di Papa Francesco ai Padri riuniti in questi giorni per il Sinodo sulla famiglia, ai quali ha rivolto un chiaro e coraggioso invito a \u201cdire tutto con parres\u00eca e ad ascoltare tutti con umilt\u00e0\u201d.<\/em><\/p>\n

Naturalmente una rubrica come questa non pu\u00f2 non prevedere lettere di chiarimento e di critica, e un dialogo aperto secondo la regola di sant\u2019Agostino: \u201cCerchiamo come chi sa di trovare, troviamo come chi sa di cercare\u201d, che ci spinge a cercare sempre senza posa il volto di Dio.<\/em><\/p>\n

Elio Bromuri<\/strong><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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