{"id":2639,"date":"2002-08-16T00:00:00","date_gmt":"2002-08-16T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=2639"},"modified":"2015-05-06T12:01:04","modified_gmt":"2015-05-06T10:01:04","slug":"restate-qui-anche-il-sindaco-di-klina-ringrazia-la-caritas","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/restate-qui-anche-il-sindaco-di-klina-ringrazia-la-caritas\/","title":{"rendered":"Restate qui! Anche il “sindaco” di Klina ringrazia la Caritas"},"content":{"rendered":"
“Non trovo parole che siano sufficienti a ringraziarvi per il lavoro che avete fatto, di sicuro vi chiedo di trovare il modo per continuare il vostro impegno”. Cos\u00ec mons. Mark Sopi, amministratore apostolico di Prizren, ha accolto i due vescovi umbri che nei giorni scorsi hanno visitato il Kosovo. Quella presso la casa di mons. Sopi \u00e8 stata la prima tappa di mons. Chiaretti e mons. Bottaccioli appena arrivati nell’ex provincia jugoslava, in segno di amicizia per il loro confratello vescovo. La stessa attenzione che nel giugno del 1999 ebbero i volontari Caritas, guidati da don Lucio Gatti e Massimo Mazzali, appena entrati nel paese devastato dalla guerra, dalla violenza etnica e dai bombardamenti americani. Fu proprio mons. Sopi a indicare loro la zona di Klina e, in particolare, la parrocchia di Zllokucane, dove il pastore – don Luch – \u00e8 un nipote del vescovo stesso. Forse era un modo per tenere d’occhio da vicino i volontari italiani o per indirizzarli in una zona particolarmente delicata del Kosovo. Dopo tre anni di lavoro e di impegno senza interruzioni da parte delle Chiese umbra e toscana, mons. Sopi teme l’ipotesi di una chiusura del campo Caritas e in questo senso ha voluto lanciare un messaggio forte ai due vescovi in visita. Lo ha ripetuto anche nel corso della solenne celebrazione con cui gli abitanti della parrocchia di Zllokucane hanno salutato la delegazione italiana. Ha voluto ringraziare di nuovo i volontari e i collaboratori della Caritas, la Chiesa umbra, i benefattori conosciuti solo dal Signore. Ma ha chiesto anche di continuare l’impegno del campo di Radulac.<\/p>\n
Chiaretti e Bottaccioli, da parte loro, non hanno nascosto la soddisfazione per il lavoro della Caritas. Della richiesta di rimanere ancora in Kosovo, sentita dalla popolazione di Klina e dintorni, si fanno interpreti anche le autorit\u00e0 civili che attualmente governano la zona. Bawol Cabiri \u00e8 amministratore municipale della cittadina per conto delle Nazioni Unite e ha un’idea ben chiara del lavoro delle organizzazioni non governative. “Di solito – afferma – penso che le Ong internazionali lavorino un po’ come la televisione Cnn: quando c’\u00e8 un evento loro si trovano subito sul posto, ma se ne vanno via poco dopo, quando ancora \u00e8 troppo presto per lasciare. La Caritas non \u00e8 certo una di queste, ma anzi \u00e8 ancora qui dopo oltre tre anni e questo \u00e8 molto importante per la municipalit\u00e0 di Klina. Si \u00e8 instaurata una forma di collaborazione sempre pi\u00f9 stretta fra la popolazione e la Caritas, che viene identificata con l’Italia stessa”. Sulla medesima lunghezza d’onda c’\u00e8 Rame Manaj, presidente kosovaro della municipalit\u00e0 di Klina dopo l’assassinio del suo predecessore. “Il contributo della Caritas \u00e8 stato ed \u00e8 molto importante – spiega – soprattutto di quella italiana che ci \u00e8 stata maggiormente vicina. Grazie a loro abbiamo un centro giovanile, una scuola primaria, scuolabus per bambini e tanto altro. Vogliamo ringraziare i volontari italiani anche per tutti i progetti di ricostruzione che hanno lasciato bellissimi ricordi tra la popolazione”. Ora spetta alle diocesi dell’Umbria e della Toscana la decisione sul futuro del campo di Radulac.<\/p>\n
Cattolici in Kosovo<\/strong><\/p>\n Il Kosovo non \u00e8 diocesi, ma l’amministratore apostolico mons. Mark Sopi dal suo vescovato di Prizren (legato alla Chiesa macedone) sta lavorando alacremente per creare una rete ecclesiale e pastorale per l’evangelizzazione della regione. I cattolici sono una minoranza albanese, al momento difficile quantificare. Nove su dieci degli oltre due milioni di kosovari sono albanesi e gran parte di loro sono di religione musulmana. I serbi (circa l’8 per cento della popolazione) sono cristiani ortodossi. I cattolici, grazie anche all’aiuto della Caritas e di altre organizzazioni ecclesiali, cercano di farsi promotori di un’evangelizzazione vicina alla gente, diversamente dalla propaganda musulmana che prima di occuparsi di case e scuole punta a costruire una moschea in ogni villaggio. Radulac: dal 1999 campo di lavoro, preghiera, festa e di paceDall’estate del 1999 ad oggi sono centinaia i giovani e meno giovani che sono passati nel campo di Radulac. Un piccolo complesso di abitazioni in muratura, servizi, tende da campo e gazebi allestito accanto alla parrocchia cattolica di Zllokucane, non lontano dalla cittadina di Klina, nella zona centrale del Kosovo. Per tre anni \u00e8 stato il cuore pulsante delle tante attivit\u00e0 sostenute dalle Caritas di Umbria e Toscana, inizialmente affiancate anche da quella della diocesi di Latina.<\/p>\n Dopo la fase iniziale della ricostruzione materiale (pi\u00f9 di 300 sono state le case edificate dai volontari grazie alla generosit\u00e0 delle comunit\u00e0 cristiane italiane), oggi si pensa anche a favorire la ricostruzione del tessuto sociale con opere e attivit\u00e0 pastorali animate dai volontari. Dal 2000 in poi, in particolare, il campo di Klina ha accolto centinaia di giovani provenienti dall’Umbria e da altre regioni italiane, offrendo loro l’esperienza di un ‘campo estivo di lavoro’ accanto ai kosovari. Nelle ultime due settimane, ad esempio, il gruppo dei volontari era composto da circa sessanta persone, oltre la met\u00e0 delle quali provenienti dalla diocesi di Gubbio. Eugubini e umbertidesi, guidati dal direttore della Caritas diocesana don Benito Cattaneo e dal parroco di Cristo Risorto di Umbertide, don Luigi Lupini, hanno voluto ripetere un’esperienza forte di volontariato e di solidariet\u00e0 gi\u00e0 vissuta negli anni scorsi. Il campo di Radulac \u00e8 coordinato da Massimo Mazzali e Cristina Giovannelli, che si trovano in Kosovo fin dal giugno del 1999, mentre la ‘guida spirituale’ \u00e8 affidata a don Lucio Gatti che vola nella ex Jugoslavia ogni volta che pu\u00f2 o deve per necessit\u00e0. La giornata dei giovani volontari inizia alle 7,30 del mattino, con la sveglia e la recita delle lodi. Preghiera e meditazione caratterizzano l’intera giornata, visto che nella piccola cappellina \u00e8 sempre esposto anche il Santissimo Sacramento. Dopo la colazione si assegnano i compiti e i lavori. Non solo la manodopera edile che ha restituito le abitazioni ai pi\u00f9 poveri, agli anziani e alle famiglie con soggetti disabili, ma anche l’animazione in mezzo a bambini e ragazzi, l’aiuto all’attivit\u00e0 pastorale della parrocchia di Zllokucane, l’assistenza sanitaria. Al termine di una giornata di lavoro, anche duro e faticoso, ci sono ancora energie per organizzare serate di animazione sotto il grande gazebo al centro del campo Caritas, dove spesso si ritrovano anche i ragazzi kosovari della zona.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" “Non trovo parole che siano sufficienti a ringraziarvi per il lavoro che avete fatto, di sicuro vi chiedo di trovare il modo per continuare il vostro impegno”. Cos\u00ec mons. Mark Sopi, amministratore apostolico di Prizren, ha accolto i due vescovi umbri che nei giorni scorsi hanno visitato il Kosovo. Quella presso la casa di mons. 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