{"id":2269,"date":"2002-03-08T00:00:00","date_gmt":"2002-03-08T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=2269"},"modified":"2002-03-08T00:00:00","modified_gmt":"2002-03-08T00:00:00","slug":"lumbria-dopo-il-terremoto-del-97-tra-memoria-storica-e-ricostruzione","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/lumbria-dopo-il-terremoto-del-97-tra-memoria-storica-e-ricostruzione\/","title":{"rendered":"L’Umbria dopo il terremoto del ’97: tra memoria storica e ricostruzione"},"content":{"rendered":"

La ricostruzione che \u00e8 avvenuta in Umbria, sistematicamente, dopo ogni distruttivo terremoto, rivoluziona l’aspetto antropico della nostra terra (installazioni di container, strumenti di lavoro, soluzioni edili d’emergenza), ma nello stesso tempo, ha assicurato e preservato una continuit\u00e0 concreta della nostra memoria storica, attraverso il riutilizzo del materiale danneggiato che \u00e8 stato accuratamente posto in relazione con nuovi innesti. Questa la tematica affrontata venerd\u00ec 1 marzo alle ore 21 presso la sala del Consiglio comunale di Bastia nel corso della conferenza “L’Umbria dopo il terremoto del ’97: un percorso tra memoria storica e ricostruzione”, tenuta dal prof. Ivo Picchiarelli, docente ed etnografo, grazie all’interessamento dell’assessorato alla Cultura, nella persona di Giuseppe Belli e dell’Universit\u00e0 Libera della terza et\u00e0. Picchiarelli, durante l’esposizione, ha infatti insistito su come i mutamenti del paesaggio umbro, paradossalmente hanno portato a contenere in s\u00e9 dati conservativi del proprio passato, registrati nelle pietre, nei muri, nelle costruzioni, non abbattuti completamente, ma portati alla continua riedificazione diventati archivio fondamentale della cultura geografica della regione, poich\u00e9 ogni tessera dell’edificio richiama alla storia dell’uomo. In questo senso, osservare come una costruzione odierna possa presentare una struttura base pi\u00f9 bassa di pietra con architetture a sesto acuto e un piano superiore in mattonato con archi a tutto sesto, porta a considerazioni che investono la sfera sociale, economica, ambientale e relazionale della persona. Pi\u00f9 specificatamente, ci\u00f2 dimostra come in un primo tempo, antecedente al 1400, l’agricoltura, prima tra le forme di sussistenza, prediligeva la fascia collinare, ricca di pietra e dove il contadino stabiliva il suo insediamento, pi\u00f9 tardi, in epoca umanistica, con lo spostamento del mezzadro verso la pianura e sua conseguente bonifica, le coltivazioni interessino la valle, ricca di argilla e materiali ferrosi, ben adatti alla produzione di mattoni. Il convivere in un edificio di due aspetti cos\u00ec differenti spiegherebbe, con la riedificazione dopo le mutilazioni del terremoto, la sovrapposizione dei materiali e l’evolversi dell’aspetto artistico (nel caso gli archi). Non esenti in questo senso il palazzo dei Priori a Perugia e il duomo di Foligno. Se nulla muore del tutto, ma continua anzi a vivere nella modernit\u00e0 pur nella frammentariet\u00e0 delle tessere “usate e riutilizzate”, dopo il sisma del ’97, da questo punto di vista la situazione si \u00e8 complicata. L’incoerenza del materiale di costruzione attuale (cementi e strutture portanti nuove e non recuperate) e il venire meno di quella fascia di contadini e muratori, abili nella commistione dei materiali e sostituiti da tecnici specializzati, hanno portato alla costruzione ex novo pi\u00f9 che ad una ricostruzione in senso classico. All’intervento \u00e8 seguito il dibattito di una discreta presenza al consueto appuntamento del ciclo delle “Serate della biblioteca” (letture, conferenze…). <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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