Che cos\u2019\u00e8 il voto di preferenza? In genere, l\u2019elettore \u00e8 chiamato a votare scegliendo una lista di candidati (una per partito); e vota facendo la crocetta sul simbolo della lista. Quando \u00e8 ammesso il voto di preferenza, l\u2019elettore pu\u00f2 – se vuole – aggiungere il nome del candidato \u201cpreferito\u201d all\u2019interno di quella lista. Il voto dato alla lista conta per stabilire quanti seggi (di deputato, di consigliere regionale o comunale) spettano a quella lista; da questo punto di vista, le preferenze non contano. Contano invece quando si tratta di stabilire a chi tocca il seggio guadagnato dalla lista. In teoria, un sistema elettorale che ammette il voto di preferenza \u00e8 migliore di uno che non lo ammette, perch\u00e9 d\u00e0 agli elettori pi\u00f9 possibilit\u00e0 di esprimersi. Ma come funziona nella pratica? Vi ricorderete Franco Fiorito, quel consigliere regionale del Lazio finito in un colossale scandalo di uso privato del finanziamento pubblico; bene, Fiorito grazie alle preferenze, era stato il primo degli eletti al Consiglio regionale. E come aveva preso tutti quei voti? Non aveva affatto ingannato gli elettori, anzi si era presentato schiettamente per quello che era: un grande distributore di favori e di raccomandazioni. Il voto di preferenza ha sempre funzionato cos\u00ec. Chi ha la mia et\u00e0 si ricorda di quando i parlamentari democristiani (che per\u00f2 erano anche politici di prim\u2019ordine) avevano, ciascuno per proprio conto, sul territorio, le loro \u201cfabbriche delle preferenze\u201d con uffici e filiali. A un certo punto, una ventina di anni fa, con un paio di referendum l\u2019elettorato decise di abolire il voto di preferenza nelle elezioni politiche. Adesso affiorano molti nostalgici, e hanno le loro ragioni. Il rimpianto del voto di preferenza deriva in gran parte dal fatto che i partiti, inventate le liste bloccate, le hanno usate per infilare in parlamento un sacco di personaggi tragicamente inadeguati. Ma come insegna la storia di Fiorito, la preferenza non \u00e8 una garanzia di qualit\u00e0. Conclusione: quello che conta non \u00e8 il sistema elettorale, ma la testa e la moralit\u00e0 di chi presenta le liste e di chi le vota. E queste non si cambiano per decreto.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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