{"id":19512,"date":"2013-10-03T16:35:33","date_gmt":"2013-10-03T14:35:33","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=19512"},"modified":"2013-10-03T16:35:33","modified_gmt":"2013-10-03T14:35:33","slug":"san-francesco-e-lunita-ditalia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/san-francesco-e-lunita-ditalia\/","title":{"rendered":"San Francesco e l\u2019Unit\u00e0 d\u2019Italia"},"content":{"rendered":"
<\/a>Nell\u2019intenso anno celebrativo dei 150 anni dell\u2019Unit\u00e0 d\u2019Italia (1861-2011) non \u00e8 stato trascurato il ruolo di san Francesco e dei Francescani in quel frangente della storia. Infatti a Rieti si \u00e8 svolto un interessante convegno dal titolo \u201cSan Francesco d\u2019Italia. Santit\u00e0 e identit\u00e0 nazionale\u201d, mentre a Firenze la giornata di studio \u201cI Francescani e l\u2019Unit\u00e0 d\u2019Italia\u201d. Come si pu\u00f2 vedere dagli Atti dei due incontri, la frase per cui san Francesco \u00e8 \u201cil pi\u00f9 santo degli italiani e il pi\u00f9 italiano dei santi\u201d tanto \u00e8 famosa quanto inflazionata e forse sopravvalutata.<\/p>\n Cos\u00ec come gli studi di Paul Sabatier, essa esprime di un\u2019attenzione crescente alla vicenda dell\u2019Assisiate, in un certo senso una vera e propria riscoperta, iniziata nell\u2019et\u00e0 romantica e positivistica. E questo avvenne per diversi motivi, ad esempio l\u2019aspetto letterario per cui si esalt\u00f2 san Francesco autore del Cantico di frate sole<\/em> oppure la ricerca delle comuni origini da parte delle famiglie francescane \u2013 Osservanti, Riformati, Recolletti e Alcantarini \u2013 onde superare la conflittualit\u00e0 emersa dopo l\u2019unione decretata da papa Leone XIII<\/strong> mediante la bolla Felicitate quadam<\/em> del 4 ottobre 1897. In tutto ci\u00f2 si inser\u00ec anche l\u2019unificazione dell\u2019Italia con tutte gli aspetti connessi, non ultimo la cosiddetta \u201cquestione romana\u201d definitivamente chiusa con il riconoscimento dello Stato della Citt\u00e0 del Vaticano mediante i Patti lateranensi siglati l\u201911 febbraio 1929. Proprio in quel giorno Pio XI<\/strong> paragon\u00f2 l\u2019ampiezza del nuovo Stato al corpo del Santo d\u2019Assisi: \u201cPare di vedere le cose al punto in cui erano in san Francesco benedetto: quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l\u2019anima\u201d. Senza quel corpo, per quanto piccolo, il Papa non avrebbe goduto di un\u2019effettiva libert\u00e0, mentre proprio quella sovranit\u00e0 territoriale gliela consent\u00ec, come venne dimostrato nei giorni dell\u2019occupazione nazista di Roma: l\u2019intangibilit\u00e0 extraterritoriale della Santa Sede permise al Papa di salvare tanti membri della futura Repubblica italiana, a partire dallo statista Pietro Nenni, e soprattutto di mediare fra le parti belligeranti perch\u00e9 non si combattesse in Roma. Se il Pontefice fosse stato, come voleva Giosu\u00e8 Carducci, il \u201ccittadino Mastai\u201d, questo non sarebbe stato possibile. Sempre Pio XI precedentemente, in occasione del settimo centenario della morte di san Francesco (1226), rimarc\u00f2 la differenza tra un \u201cgiusto amor di patria\u201d e un \u201cimmoderato nazionalismo\u201d, mettendo in guardia da uno \u201csmoderato amor di patria\u201d. Tale messaggio fu ripreso dal legato pontificio, card. Raffaele Merry del Val<\/strong>, ad Assisi il 4 ottobre durante un ricevimento in suo onore nel palazzo comunale alla presenza dell\u2019onorevole Fedele, ministro della Pubblica istruzione e rappresentante del Governo. Infatti, \u201cnel discorso di ringraziamento il card. Legato, ricordando gli onori tributati a Francesco dai Sommi Pontefici, da Innocenzo ed Onorio che ne confermarono la missione sublime, a Pio XI che richiamandone gli esempi di santit\u00e0 a lui aveva rivolto tutti i fedeli, rivendic\u00f2 alla Chiesa cattolica, di cui \u00e8 gloria purissima, questo Santo. Ci\u00f2 per\u00f2 non toglie che sia pure una gloria speciale di Assisi, dell\u2019Umbria, dell\u2019Italia\u201d. A questo proposito risulta interessante quanto espresso da Giuseppe Buffon<\/strong>, professore di storia della Chiesa presso la pontificia universit\u00e0 Antonianum: \u201cDa non dimenticare, inoltre, come nello stesso periodo (o forse in una fase appena successiva) venga messa in atto anche una campagna a sostegno di una rivendicazione cattolica di Francesco.<\/p>\n L\u2019impegno fu assunto in prima persona da Pio XI, con la lettera enciclica Rite espiatis<\/em>, emanata in occasione delle celebrazioni per il centenario della morte del santo (1926). Nella sua redazione, in che misura gioc\u00f2 l\u2019amicizia tra il Papa e il francescano rettore dell\u2019Universit\u00e0 Cattolica del Sacro Cuore, istituzione incaricata, a sua volta, di promuovere una rivendicazione cattolica della cultura nazionale? Perch\u00e9 Francesco non \u00e8 soltanto patrimonio dei minori, n\u00e9 dei cattolici e, bisogna dire, neppure dell\u2019Italia\u201d. Nonostante il plauso generale alle parole di Mussolini, costante fu la rivendicazione che san Francesco era e restava il santo della Chiesa cattolica. Ci\u00f2 non imped\u00ec ad Arnaldo Fortini<\/strong>, podest\u00e0 di Assisi, di riconoscere nel maggio 1939 che il centenario francescano fu il clima storico nel quale fior\u00ec la Conciliazione. Importante fu il ruolo anche di padre Agostino Gemelli<\/strong>, fondatore dell\u2019Universit\u00e0 Cattolica, ben conosciuto dallo stesso papa Pio XI che precedentemente fu arcivescovo di Milano. Come ha evidenziato in uno dei suddetti convegni Maria Bocci<\/strong>, una delle maggiori studiose del pensiero e dell\u2019opera del fondatore della Cattolica, \u201cribaltando la prospettiva mussoliniana, che poco dopo la Conciliazione aveva definito il cristianesimo una setta orientale universalizzata dall\u2019incontro con la romanit\u00e0 imperiale, Gemelli sosteneva che era la romanit\u00e0 ad aver bisogno del cristianesimo, e per farlo ricorreva ai protagonisti della storia cristiana che avevano dato lustro anche a quella italiana, a cominciare naturalmente da san Francesco\u201d. Da tutto ci\u00f2 si evince che, in riferimento all\u2019immagine di san Francesco e alle figure a lui correlate, vi fu una sottile ma importante tensione tra identit\u00e0 nazionale \u2013 in fattispecie del regime fascista \u2013 e rivendicazione dell\u2019universalit\u00e0 cattolica della Chiesa. Come ebbe a dire sempre Giuseppe Buffon: \u201cFrancesco d\u2019Italia\u201d: una rivendicazione nazionale del santo, in fondo, non era nemmeno necessaria. Una tale appartenenza non solo non gli \u00e8 mai stata contestata, bens\u00ec fu perfino ambita dai suoi tanti ammiratori, compresi gli stranieri, che in lui e tramite lui pare cercassero una determinata dimensione ambientale, culturale, artistica, sociale, paesaggistica e addirittura climatica. La designazione di \u201cFrancesco nazionale\u201d \u00e8 indubbiamente frutto di una costruzione storiografica e ideologica. Risultando per\u00f2 un\u2019operazione ben riuscita, sembra non abbisognasse di ulteriori particolari rivendicazioni; essa, fornendo anzi quella base di univocit\u00e0 o equivocit\u00e0, che divenne la leva per una conciliazione tra fronti diversi e opposti, giunse a produrre una ibridazione che perdura fino ad oggi quale pericoloso e fortunato \u201cequivoco\u201d.<\/p>\n Alla tomba di Francesco arde la lampada votiva alimentata dall\u2019olio che i Comuni d\u2019Italia offrono annualmente tramite quella Regione che a turno li rappresenta in occasione della festa del Santo. La prima volta fu accesa il 4 ottobre 1939 quando Pio XII<\/strong> proclam\u00f2 Francesco d\u2019Assisi patrono primario d\u2019Italia. I Comuni della nazione offrirono al Patrono l\u2019artistica lampada affidando all\u2019architetto Ugo Tarchi<\/strong> il compito di disegnarla. Nel settembre 1937, Tarchi invi\u00f2 al Padre generale il disegno della lampada, con una dettagliata descrizione: \u201cLa lampada votiva, di m 1,20 di altezza, \u00e8 tutta in bronzo lucido ed argento. L\u2019asse centrale, forgiato a croce, s\u2019innalza dal centro della tazza che, nella sua forma semisferica, simboleggia il mondo. In alto, la turrita corona d\u2019Italia reca, nei quattro scudetti, lo stemma di Casa Savoia, il fascio littorio, la lupa romana e lo stemma della citt\u00e0 di Assisi. Sull\u2019orlo della coppa staccano contro il fondo luminoso dell\u2019alabastro le parole del verso dantesco: \u2018Altro non \u00e8 che di suo lume un raggio\u2019 (Par<\/em>. XXVI, 33). Al di sotto della coppa la frase dedicatoria: \u2018I Comuni d\u2019Italia al Santo\u2019. Al di sopra della tazza, tre colombe d\u2019argento sostengono col becco una corona di ulivo, sovrano e universale simbolo di pace\u201d.<\/p>\n <\/p>\n<\/a>L’olio delle regioni: la lampada votiva<\/h3>\n