{"id":18355,"date":"2013-07-25T16:03:21","date_gmt":"2013-07-25T14:03:21","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=18355"},"modified":"2015-07-31T13:11:23","modified_gmt":"2015-07-31T11:11:23","slug":"metti-abat-jour-2","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/metti-abat-jour-2\/","title":{"rendered":"Chiss\u00e0 se"},"content":{"rendered":"

\"DON<\/a>Anch\u2019io ho lavorato a lungo, come G\u00e8remek, non alla storia della povert\u00e0, ma alla storia del rapporto fra Chiesa e poveri. L\u2019ho fatto durante i dieci anni (1999-2009) nel corso dei quali ho insegnato Teologia II nella Didattica decentrata della Lumsa a Gubbio, sul tema \u201cChiesa e poveri nella storia\u201d, e ho continuato a lavorarci anche dopo; forgiando anch\u2019io per il mio futuribile parto mentale un titolo che non ha nulla da invidiare (ma – ahim\u00e8! – solo nel titolo) a quello cesellato da G\u00e8remek: Un amore lungo e problematico<\/em>, questo il titolo del mio potenziale libro sul secolare rapporto tra Chiesa e poveri.<\/p>\n

Che storia, ragazzi miei!, quella del rapporto fra Chiesa e poveri, che storia!<\/p>\n

Ma come fanno, i cristiani, a chiamare \u201cgrande storia della Chiesa\u201d quella dei piccoli conflitti di potere tra Imperatore e Papa, angosciante riprova di come il potere troppo a lungo e troppo dannosamente abbia indebitamente intasato la vera storia della Chiesa; o la storia delle dispute teologiche che in realt\u00e0 erano solo coperture ideologiche di interessi inconfessati, che puntavano – come fece l\u2019antico Giacobbe nei confronti di quel trombone di suo fratello Esa\u00f9 – a rubarsi questa o quella primogenitura che agli occhi di Dio non valeva nulla? E come fanno gli uomini a chiamare \u201cgrande storia\u201d quella della beghe di confine tra nazione e nazione, i cui paletti, come diceva don Milani nella Lettera ai giudici<\/strong>, sono stati sempre in viaggio?<\/p>\n

Bah! Anch\u2019io, nel seguire il pi\u00f9 fedelmente che mi era possibile l\u2019evolversi delle relazioni fra la Comunit\u00e0 dei discepoli e quei soggetti deboli che il Signore aveva loro affidato come il tesoro pi\u00f9 prezioso, insieme con l\u2019eucaristia, mi sono chiesto se esisteva una legge che stringesse o allentasse quel legame, e mi sono piaciuti i termini nei quali l\u2019ha individuata il gesuita Gonzalez Ruiz: quando nella teologia e nella prassi cristiana \u00e8 vivo e appassionante il tema dell\u2019umanit\u00e0 di Cristo, i poveri sono sul piedistallo, quando invece la teologia devia verso le indagini \u201cscientifiche\u201d sul sesso degli angeli e i cristiani devoti corrono dietro alle apparizioni di san Pisterno da Roccacannucia, i poveri vengono o dimenticati oppure conservati nel retrocucina.<\/p>\n

Mi piacerebbe che quel libro venisse pubblicato. E che qualcuno lo leggesse. E che tra quelli che l\u2019avranno letto ce ne fosse almeno uno che si esprimesse come si espresse il prof. Giuseppe Calzoni, allora magnifico rettore dall\u2019Universit\u00e0 di Perugia, quel giorno che, a Prevalle, Lina e Carlo Colaiacovo, ex vicepresidente del \u201cmio\u201d Movimento studenti eugubino, vollero che celebrassi la messa del loro 25\u00b0 di matrimonio. Al termine della messa il Prof mi chiam\u00f2 da una parte, si gratt\u00f2 la barbicchia, comment\u00f2 favorevolmente l\u2019omelia che avevo tenuto e concluse: \u201cV\u2019avessi da di\u2019, \u2019n me pare proprio che sete \u2019n cojone!\u201d.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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