{"id":18042,"date":"2013-07-11T14:43:43","date_gmt":"2013-07-11T12:43:43","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=18042"},"modified":"2021-03-26T16:51:59","modified_gmt":"2021-03-26T14:51:59","slug":"sprovincializziamoci","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/sprovincializziamoci\/","title":{"rendered":"Sprovincializziamoci!"},"content":{"rendered":"

\"taglio-province\"<\/a>Si riparla dell\u2019abolizione delle Province. Questione complessa, che presenta (almeno) due aspetti, tra loro collegati ma anche contraddittori. Da un lato c\u2019\u00e8 la necessit\u00e0 di tagliare costi e apparati della politica, su cui molto si \u00e8 detto ma poco si \u00e8 fatto. Dall\u2019altro c\u2019\u00e8 il tema, non meno importante e, in prospettiva, ancora pi\u00f9 strategico, dell\u2019articolazione delle forme di rappresentanza e dei livelli amministrativi, in sintesi degli \u201corizzonti di cittadinanza\u201d e dell\u2019organizzazione del territorio. L\u2019idea di abolire le Province, come enti locali dotati di rappresentanza elettiva, era stata nientemeno che dei Costituenti. La prima stesura della nostra Carta<\/em>, formalizzata nel maggio 1947, non ne faceva menzione. Istituire le Regioni comportava – si disse – abolire le Province. Di fronte alle tante proteste, l\u2019Assemblea costituente torn\u00f2 sulla decisione nel testo finale, approvato nel dicembre 1947. Da allora il numero delle Province aumenta progressivamente, anche per ragioni identitarie. Per questo \u00e8 molto difficile razionalizzarne numero e dimensioni, come prov\u00f2 senza successo il governo Monti<\/strong>. Forse pi\u00f9 facile abolirle tout court, come si \u00e8 impegnato a fare il governo Letta<\/strong>, che ha appena approvato uno \u201cschema di disegno di legge costituzionale per l\u2019abolizione delle Province, che sar\u00e0 sottoposto al parere della Conferenza unificata\u201d. Di conseguenza, \u201csulla base di criteri e requisiti definiti con legge dello Stato sono individuate dallo Stato e dalle Regioni le forme e le modalit\u00e0 di esercizio delle relative funzioni\u201d. I tempi non saranno brevi ed \u00e8 difficile fare previsioni. In ogni caso, al di l\u00e0 del dibattito Province s\u00ec – Province no, la posta in gioco che \u00e8 nell\u2019agenda Europa 2020<\/em> (cio\u00e8 rappresenta uno dei grandi temi strutturali su cui \u00e8 impegnata anche l\u2019Unione europea) \u00e8 la definizione dei livelli di aggregazione territoriale. Si tratta di una posta tanto pi\u00f9 importante in quanto ormai la visione non \u00e8 pi\u00f9 quella di una gerarchia di enti, ma di una governabilit\u00e0 multi-livello, attraverso l\u2019interazione tra i diversi piani, comunale, sovra-comunale, ovvero di \u201carea vasta\u201d, e regionale, oltre che evidentemente statale e comunitario. \u00c8 ormai del tutto anacronistico vedere la gestione territoriale come dualistica, il locale e il centrale. Eppure prima o poi bisogner\u00e0 trovare il coraggio di attuare un ridisegno funzionale, superando vecchie incrostazioni e condizionamenti: non fosse altro, appunto, che per le sempre pi\u00f9 impellenti ragioni di economia e di efficienza. Questo per\u00f2 comporta creare una vera occasione costituente: fare esprimere il territorio, gli interessi, le esigenze, le risorse, i giacimenti culturali e identitari, connettendoli con i livelli nazionale e comunitario. Guardando al futuro e non solo al passato. E decidere. Intervenire sulla Province perci\u00f2 necessariamente significa intervenire sulle Regioni e sui Comuni, sulla loro taglia, sulle loro competenze, ragionare insomma sul territorio, la sua articolazione e la sua rappresentanza. Una grande risorsa dell\u2019Italia, da maneggiare con cura, ma anche con coraggio e creativit\u00e0.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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