{"id":1766,"date":"2001-08-31T00:00:00","date_gmt":"2001-08-31T00:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=1766"},"modified":"2001-08-31T00:00:00","modified_gmt":"2001-08-31T00:00:00","slug":"braccio-di-ferro-tra-regione-e-governo-sullelettrosmog","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/braccio-di-ferro-tra-regione-e-governo-sullelettrosmog\/","title":{"rendered":"Braccio di ferro tra Regione e Governo sull’elettrosmog"},"content":{"rendered":"
La legge regionale sull’elettrosmog non passa l’esame governativo. Per la seconda volta il commissario di Governo non ha accolto la versione del Consiglio regionale che sembrerebbe prevaricare le competenze nazionali. E’ partito il ricorso davanti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di illegittimit\u00e0 del provvedimento approvato dall’assemblea, in seconda istanza, il 30 luglio scorso. Torniamo indietro per un momento. L’Umbria \u00e8 una delle prime regioni italiane a legiferare sulla materia – tanto delicata per i suoi effetti sulla salute dei cittadini – dopo l’applicazione della legge quadro nazionale del febbraio 2001. Il testo normativo approvato il 21 maggio scorso dal Consiglio umbro \u00e8 stato rinviato dal commissario di governo. Con qualche modifica la legge era stata poi di nuovo votata a maggioranza alla fine di luglio. Ora c’\u00e8 l’ultimo atto. Se la Corte costituzionale boccia la legge bisogna ricominciare daccapo. E’ in atto un attacco all’autonomia delle regioni oppure si vuole “esagerare” nel non prendere in considerazione i rilievi governativi? Nel ricorso alla suprema corte dall’Avvocato dello stato si contesta l’articolo 2 che “richiede ai gestori e ai concessionari la dimostrazione delle ragioni obiettive della indispensabilit\u00e0 degli impianti ai fini della operativit\u00e0 del servizio” perch\u00e9 si osserva che “gli operatori sono imprese che operano con criteri economici e, quindi, per definizione non interessate ad eseguire opere, tra l’altro molto costose, se queste non sono necessarie per i propri fini produttivi”. Questo articolo “avrebbe potuto avere una sua funzione se poi la regione avesse potuto giudicare la indispensabilit\u00e0 degli impianti e il loro carattere obiettivo” ma la Regione – secondo il Commissario di governo – “non ha questi poteri”. L’Ente regionale – per l’organo di controllo – “\u00e8 competente ad esprimersi sulla compatibilit\u00e0 ambientale e sulla tutela della salute dei cittadini, ma non ha nessuna possibilit\u00e0 di verificare la economicit\u00e0 dell’iniziativa”. Quindi non si pu\u00f2 discutere sulle scelte dei gestori che investono. Sotto accusa anche l’articolo 5 che attribuisce alla Giunta regionale “il potere di fissare con regolamento i criteri per l’elaborazione e l’attuazione dei piani di risanamento degli impianti radioelettrici, di telefonia mobile e di radiodiffusione”. Il Governo ritiene che i piani di risanamento non siano di competenza delle regioni e che, quindi, c’\u00e8 un contrasto con la legge nazionale. Secondo il Commissario di governo “la Regione non pu\u00f2 intervenire sui pericoli da inquinamento elettromagnetico prima che lo Stato abbia fissato i livelli consentiti di emissione”. Ci vuole dunque un criterio uniforme in tutto lo Stato. Altrimenti – si rileva nel ricorso – “si arriverebbe alla conclusione che ogni regione potrebbe prevedere criteri propri, non uniformi, dando per presupposto che la struttura biologica dei propri abitanti e la loro capacit\u00e0 di resistenza siano diversi”. Secco “no” anche sull’articolo 21 che impone la procedura di Valutazione dell’impatto ambientale (Via). “Non \u00e8 prerogativa delle regioni prevedere la Via – ha sottolineato l’avvocato dello Stato – non solo manca la base normativa per le attribuzioni regionali, ma per queste c’\u00e8 un’espressa smentita normativa. Gli impianti radioelettrici e di radiodiffusione non sono tra quelli che un decreto del 1996 e la direttiva Cee del 1997 sottopongono a Via”. Le attribuzioni in materia sono dell’Autorit\u00e0 per le garanzie nelle telecomunicazioni che pu\u00f2 fissare la localizzazione degli impianti con un piano articolato sul quale le regioni possono esprimere “un loro punto di vista anche per quanto riguarda gli effetti ambientali”. Resta escluso, secondo il Governo, che ogni regione possa valutare autonomamente le determinazioni del piano “con la possibilit\u00e0 che ne possa provenire un danno anche ad altre regioni”. Le motivazioni appaiono durissime, quasi sarcastiche. La decisione del Governo di ricorrere alla Corte costituzionale ha provocato una serie di reazioni di diverso tenore. Secondo Angelo Velatta dei Verdi ecologisti, si tratta di “un atto grave e infondato” ed \u00e8 in forte contraddizione con i principi del federalismo. Pietro Laffranco ha ricordato “l’eccessiva fretta dimostrata dalla Giunta regionale e dalla maggioranza di sinistra nell’accorciare i tempi di approvazione” della normativa. Per il vicepresidente e assessore all’Ambiente della Giunta regionale dell’Umbria, Danilo Monelli, “nella riapprovazione da parte del Consiglio regionale si era tenuto conto delle osservazioni mosse dal governo, alle quali si \u00e8 specificatamente dato seguito. Non \u00e8 interesse di questa regione – ha precisato Monelli – fare leggi capestro o vessatorie, bens\u00ec esercitare un proprio diritto a favore della collettivit\u00e0”. <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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