{"id":1403,"date":"2001-02-16T00:00:00","date_gmt":"2001-02-15T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=1403"},"modified":"2015-07-13T17:13:28","modified_gmt":"2015-07-13T15:13:28","slug":"canto-liturgico-si-deve-fare-di-piu-e-meglio-ma-come","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/canto-liturgico-si-deve-fare-di-piu-e-meglio-ma-come\/","title":{"rendered":"Canto liturgico: si deve fare di pi\u00f9 e meglio.Ma come?"},"content":{"rendered":"
Qual \u00e8 il livello del canto liturgico nelle celebrazioni della nostra verde Umbria, spesso ricordata come la mistica terra di numerosi santi? Non \u00e8 facile neppure per i responsabili dei vari uffici e centri liturgici delle nostre diocesi avere un quadro chiaro e reale della situazione, ma viene fuori comunque la necessit\u00e0 di migliorare la qualit\u00e0 del canto nella liturgia, oltre che migliorarne l’organizzazione nelle assemblee dei fedeli (si pensi alle prove all’inizio delle celebrazioni, alla scelta dei canti…).”Se la domanda \u00e8: si pu\u00f2 fare di pi\u00f9? \u00e8 normale che la risposta sia: certo che si pu\u00f2 fare di pi\u00f9”, dice don Mirco Orsini, responsabile dell’Ufficio liturgico della diocesi di Gubbio. “Sembra che a volte il canto sia trascurato – continua – sia nella scelta, considerando le letture che propone la Liturgia della Parola, sia nella qualit\u00e0. Ma in alcune parrocchie va bene: alcune realt\u00e0 sono soddisfacenti. Va usato bene ci\u00f2 che c’\u00e8, anche se si tratta solo della chitarra”. E don Giorgio Barbetta, parroco di Scheggia, nella diocesi eugubina, ha proprio usato bene ci\u00f2 che aveva, almeno per Natale. “E’ vero, \u00e8 da tempo che non si cura pi\u00f9 il canto liturgico – afferma don Giorgio – ci sono difficolt\u00e0 storiche. Ci si adegua alla corale: tanto c’\u00e8 la corale… e questo \u00e8 un problema della gente. Ma \u00e8 anche un problema del parroco: ci sono tante messe, non si possono fare le prove, gli impegni crescono sempre di pi\u00f9. Anche qui nella mia parrocchia c’\u00e8 poco canto – continua il parroco – ma per Natale abbiamo fatto qualcosa. C’\u00e8 stata una collaborazione tra persone che suonano strumenti, anche se in maniera dilettantistica; ma si sono proposti e si sono messi insieme per formare un coretto di giovani e adulti. Il desiderio di fare di pi\u00f9 c’\u00e8”. Anche a Perugia ci si adegua con quello che si ha, ma non per questo ne viene meno la qualit\u00e0. Nella parrocchia di San Barnaba, ormai da tempo, il canto durante la Messa \u00e8 animato dal coro dei bambini del catechismo che, grazie all’aiuto di alcuni giovani, studenti di musica e non, riescono a fare bene e a far partecipare l’assemblea. “Siamo sicuramente entro i limiti dei canoni dettati dalla liturgia – dichiara il parroco don Nello Palloni -, cerchiamo di fare bene e ci riusciamo. La gente partecipa perch\u00e9 c’\u00e8 un repertorio conosciuto in parrocchia e raccolto in un libretto che viene usato. Certo, ho sentito di peggio – continua don Nello -: ci sono situazioni in cui non si \u00e8 affatto attenti alle necessit\u00e0 della liturgia. Tuttavia, preparare bene persone competenti e che sappiano curare il canto liturgico \u00e8 impegnativo, perch\u00e9 c’\u00e8 bisogno di tempo, e oggi i nostri giovani sono impegnati in tante, forse troppe, attivit\u00e0”.”Al termine del Sinodo diocesano – dice don Stefano Puri, responsabile dell’Ufficio liturgico di Orvieto-Todi – si \u00e8 detto di potenziare la cura degli animatori del canto ed ora in diocesi siamo orientati verso questo progetto. Qualcosa \u00e8 gi\u00e0 stato fatto – prosegue don Stefano – come, per esempio, il repertorio comune dei canti curato da don Mario Venturi, che \u00e8 anche docente al Conservatorio di Perugia. Per il Giubileo \u00e8 stata fondata anche una corale giovanile che si \u00e8 impegnata nell’animazione delle liturgie in varie parrocchie, e soprattutto in cattedrale durante gli incontri giovanili diocesani”. In generale, don Puri \u00e8 soddisfatto, anche se – dice – “\u00e8 difficile avere una panoramica certa e sicura della situazione in tutte le parrocchie”. E’ un po’ pi\u00f9 sobrio, quanto a soddisfazione, don Luciano Avenati, responsabile dell’Ufficio liturgico della diocesi di Assisi-Nocera-Gualdo, tra l’altro a lungo responsabile anche a livello regionale. “Indubbiamente c’\u00e8 stato un periodo molto fecondo, circa venti anni fa – ci ha detto il sacerdote – quando \u00e8 circolato ogni tipo di canto, anche non liturgico; ma c’era un notevole desiderio di partecipazione da parte di tutta l’assemblea, e questo fino agli anni ’80. Ora, per\u00f2, c’\u00e8 un calo, si tende a lasciar fare al coro, dove c’\u00e8, oppure al solista, o al gruppo dei giovani”. Qualche proposta da fare ci sarebbe anche, ma – afferma don Luciano – “a livello di singole diocesi non pu\u00f2 reggere un progetto. C’\u00e8 bisogno di un progetto regionale, di formazione nelle parrocchie, di formazione nei Seminari; manca, invece, la preparazione nelle scuole e nelle parrocchie”. Prima di tutto, insomma, ritrovare il coinvolgimento dell’assemblea “e il coro – prosegue continua don Luciano – laddove esiste, deve tornare a servizio dell’assemblea, non a fare esibizioni o spettacoli”. Sulla mancanza di insegnamento della musica nelle scuole non \u00e8 molto d’accordo il prof. Michele Rossetti, insegnante di musica impegnato anche nell’animazione liturgica. “Nelle scuole elementari con i moduli \u00e8 prevista la materia musicale. Anche nelle scuole medie c’\u00e8 ancora attenzione, perch\u00e9 le scuole, almeno la maggior parte, fanno contratti con esperti per insegnare la musica”. L’educazione musicale non manca, ritiene dunque il prof. Rossetti; quello che manca \u00e8, semmai, una certa educazione liturgica. “C’\u00e8 poca attenzione, sia da parte del sacerdote che delle famiglie, a educare a far rispondere durante la Messa. Se si risponde alla celebrazione si canta anche”. La musica non \u00e8 pi\u00f9 materia di studio, invece, al Seminario regionale umbro. “Quando la formazione culturale era strettamente seminaristica – spiega mons. Piergiorgio Brodoloni, rettore del Seminario – il ruolo del canto sacro \u00e8 stato molto rilevante e faceva parte dei programmi scolastici. Ma ora che l’Istituto teologico \u00e8 aggregato ad una Universit\u00e0 pontificia l’insegnamento della musica \u00e8 venuto a mancare, e questa mancanza \u00e8 stata sentita. Per sopperire, in Seminario facciamo formazione settimanale sia a livello teorico, per comprendere il significato del canto liturgico, sia pratico, con particolare attenzione ai canti che usano la Parola di Dio e i testi della liturgia”. Anche in Seminario hanno usufruito dell’accompagnamento dell'”infaticabile” don Mario Venturi il quale ha ceduto quest’anno il servizio ad un giovane seminarista del terzo anno, che \u00e8 anche studente di direzione di coro al Conservatorio. Il tutto – dice ancora il Rettore – “perch\u00e9 la liturgia sia davvero una adorazione di Dio plasmata dalla Parola; e la musica deve servire a questo”. Lancia una proposta mons. Brodoloni: “Ci sarebbe bisogno di scuole diocesane di formazione: come ce ne sono per altri ministeri, cos\u00ec dovrebbero esserci per il canto liturgico”.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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