{"id":13963,"date":"2012-11-22T14:56:55","date_gmt":"2012-11-22T12:56:55","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=13963"},"modified":"2015-06-15T12:40:19","modified_gmt":"2015-06-15T10:40:19","slug":"13963","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/13963\/","title":{"rendered":"Re e testimone della Verit\u00e0"},"content":{"rendered":"
La liturgia di questa ultima settimana dell\u2019anno liturgico si apre con una visione estatica del profeta Daniele: una liturgia celeste (prima lettura); poi entreremo in un tribunale, dove \u00e8 in corso un processo (Vangelo); tra i due momenti ascolteremo l\u2019incipit di una lettera, che san Giovanni scrive ad alcune chiese dell\u2019Asia Minore. Nella prima lettura il profeta Daniele racconta una visione avuta in sogno. Vedeva un re molto anziano che indossava vesti bianchissime e bianchissimi erano i suoi capelli e la barba; era seduto su un trono rosso come il fuoco e attorno a lui si muoveva una corte sterminata.<\/p>\n
Poi vide arrivare fino al trono, con le nubi del cielo, una figura umana, che egli chiama \u201cfiglio d\u2019uomo\u201d. I cortigiani lo presentarono al re, che lo invest\u00ec del potere regale. Il profeta aggiunge che tale potere non finir\u00e0 mai, perch\u00e9 non potr\u00e0 essere distrutto. Quando Ges\u00f9 chiama se stesso \u201cFiglio dell\u2019uomo\u201d intende riferirsi a questa figura descritta dal profeta Daniele. Anche noi ci riferiamo a questa scena profetica, quando nel Credo proclamiamo: \u201cSal\u00ec al cielo e siede alla destra di Dio Padre\u201d.<\/p>\n
La seconda lettura<\/strong>, presa dal libro dell\u2019Apocalisse<\/em>, riporta l\u2019incipit di una lettera che san Giovanni scrisse ad alcune chiese dell\u2019Asia Minore. Come era uso nello stile epistolare dell\u2019epoca, l\u2019autore inizia con l\u2019augurio di \u201cgrazia e pace\u2026 da parte di Ges\u00f9 Cristo\u201d, al quale d\u00e0 tre titoli, vera sintesi della la fede cristiana: \u201cTestimone fedele\u201d, vale a dire: colui che ha reso testimonianza alla Verit\u00e0 a prezzo della propria vita; \u201cprimogenito dei morti\u201d, ossia egli \u00e8 il Risorto, il primo di tutti noi, che a somiglianza di lui, saremo risuscitati dal Padre; \u201csovrano dei re della terra\u201d, vuol dire che il suo potere \u00e8 al di sopra di ogni altro potere politico, economico o culturale. Pi\u00f9 avanti aggiunge che verr\u00e0 con le nubi del cielo e tutti lo vedranno, anche quelli che lo uccisero, perch\u00e9 \u00e8 l\u2019Onnipotente, inizio e fine di tutte le cose. Parole molto vicine a quelle ascoltate nella prima lettura, sebbene siano state scritte in tempi e in contesti storici diversi.<\/p>\n La lettura evangelica<\/strong> ci porta nel mezzo del dialogo tra Ges\u00f9 e Ponzio Pilato. In precedenza c\u2019era stata una seduta del Sinedrio in cui era sta decisa la condanna di Ges\u00f9. Decisione politica, in realt\u00e0 gi\u00e0 assunta da alcune settimane, quando Caifa aveva detto che conveniva far morire un uomo solo piuttosto che assistere alla distruzione di tutto il popolo da parte dei Romani (Gv<\/em> 11,50). Ma siccome solo l\u2019autorit\u00e0 di occupazione aveva facolt\u00e0 di eseguire le condanne a morte, lo condussero dal governatore romano. Pilato vuol sapere da loro di che si tratta. I giudei rispondono genericamente che glielo hanno consegnato perch\u00e9 \u00e8 un malfattore, che merita la morte. All\u2019interno del pretorio si svolge uno strano dialogo fra Ges\u00f9 e Pilato, il quale viene subito al dunque: \u201cTu sei il re dei giudei?\u201d.<\/p>\n Ges\u00f9 risponde con una contro-domanda, che sembra innervosire il governatore: \u201cDici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?\u201d. Parlano due linguaggi diversi. Il governatore si muove in un\u2019ottica politica: l\u2019accusato potrebbe essere un pericoloso cospiratore, nemico dell\u2019imperatore di Roma. Inoltre deve difendere la sua posizione e la sua carriera. Ges\u00f9 non ha nulla da difendere, perch\u00e9 ha gi\u00e0 consegnato tutto e il suo regno \u00e8 di tutt\u2019altra natura: \u201cIl mio regno non \u00e8 di quaggi\u00f9\u201d; se lo fosse, i suoi lo avrebbero difeso. Pilato incalza: \u201cDunque tu sei re?\u201d. Ges\u00f9 risponde affermativamente, precisando che proprio per questo \u00e8 venuto nel mondo: \u201cPer rendere testimonianza alla Verit\u00e0\u201d. Pilato sembra non avere tempo da perdere con quella che riteneva una questione filosofica e torna fuori a parlare agli accusatori.<\/p>\n Mettendo insieme<\/strong> ci\u00f2 che le tre letture affermano di Ges\u00f9 Cristo, possiamo capire il vero significato del titolo di questa domenica: \u201cSolennit\u00e0 di nostro Signore Ges\u00f9 Cristo re dell\u2019universo\u201d. Solitamente lo abbreviamo in \u201cCristo Re\u201d, senza accorgerci della tautologia. Cristo infatti \u00e8 la forma italiana della parola greca Christ\u00f2s<\/em>, che vuol dire \u201cUnto\u201d. L\u2019Unto per antonomasia infatti \u00e8 il Messia, discendente di Davide e dunque Re. Il titolo completo rende ragione della nostra fede in Ges\u00f9 \u201cFiglio dell\u2019uomo\u201d, come il personaggio del profeta Daniele; \u201ctestimone fedele, primogenito dei morti\u201d come nell\u2019Apocalisse<\/em>; giudice che verr\u00e0 glorioso alla fine dei tempi per radunare gli eletti nel suo regno. Con questi appellativi, noi oggi lo riconosciamo nostro Re. Ci gloriamo di appartenere al suo Regno, che \u00e8 il regno della verit\u00e0, perch\u00e9 Egli \u00e8 la Verit\u00e0. Nessuno di noi pu\u00f2 pretendere di possedere la verit\u00e0, perch\u00e9 essa \u00e8 pi\u00f9 grande di tutti noi. Chi riconosce che Ges\u00f9 \u00e8 il Signore, \u00e8 posseduto dalla Verit\u00e0 e abita in essa.<\/p>\n <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":" La liturgia di questa ultima settimana dell\u2019anno liturgico si apre con una visione estatica del profeta Daniele: una liturgia celeste (prima lettura); poi entreremo in un tribunale, dove \u00e8 in corso un processo (Vangelo); tra i due momenti ascolteremo l\u2019incipit di una lettera, che san Giovanni scrive ad alcune chiese dell\u2019Asia Minore. 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