{"id":13584,"date":"2012-10-29T22:07:11","date_gmt":"2012-10-29T20:07:11","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=13584"},"modified":"2015-07-10T12:00:07","modified_gmt":"2015-07-10T10:00:07","slug":"lesempio-di-renato-curi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/lesempio-di-renato-curi\/","title":{"rendered":"L\u2019esempio di Renato Curi"},"content":{"rendered":"

Il 30 ottobre del 1977 \u00e8 domenica, una domenica plumbea. La pioggia battente da ore continua incessante, senza sosta. Allo stadio comunale di Pian di Massiano arriva la Juventus, capolista della serie A insieme ai Grifoni. \u00c8 il giorno pi\u00f9 importante della storia del Perugia. Alle 16.30 per\u00f2, al triplice fischio finale, regna un’atmosfera strana sugli spalti, solo il rumore della pioggia sui quarantamila ombrelli si sostituisce al silenzio inusuale e ovattato. Quelle mani nei capelli dei giocatori, quella corsa troppo veloce della barella in mezzo alle pozzanghere lasciano inquieti i perugini che abbandonano lo stadio. Tra poco la voce roca di Sandro Ciotti dar\u00e0 l’annuncio alla radio, alle 16.30 Renato Curi \u00e8 morto! “Il cadavere che giace supino sul tavolo della sala settoria, indossa maglietta rossa con righe bianche e rosse al collo e ai polsi, recante sul retro il numero 8 di colore bianco e sul davanti, a sinistra, l’immagine del grifo, canottiera di cotone con maniche corte…” recita lo scarno ma significativo comunicato dei medici.<\/p>\n

Sono passati 35 anni ma il ricordo di quel giorno \u00e8 vivo ed emozionante per chi c’era e per chi ha sentito raccontare questa storia. Oggi come allora piove incessantemente sullo stadio Curi, c\u2019\u00e8 Perugia- Carrarese di lega Pro, e oggi come allora il suo nome \u00e8 scandito da migliaia di persone di ogni generazione. Cori, applausi e la Messa allo stadio la mattina non sono rituali che si ripetono per abitudine da tanti anni ma sono segni di un legame intenso sempre vivo.\u00a0 Renato \u00e8 nel cuore di tutti i tifosi del grifo nell\u2019epoca dell\u2019\u201dusa e getta\u201d che brucia velocemente i suoi miti. Lui resta e basta guardare i suoi occhi nelle foto d\u2019epoca ormai sgualcite per capire il perch\u00e9. Il suo sguardo parla di qualcosa di diverso e non rappresenta solo un semplice giocatore che \u00e8 morto con la maglia rossa sul campo.<\/p>\n

Renato era prima di tutto un ragazzo di 24 anni che inseguiva i suoi sogni; un bravo ragazzo, mai una parola fuori posto, mai un atteggiamento oltre le righe, tanto talento e una vita normale fatta di una moglie, una figlia e un altro figlio in arrivo, e tanta gavetta per emergere dalla serie C alla A, quel tipo di \u201cgiocatore\u201d che riconosci \u201cdal coraggio, dall\u2019altruismo e dalla fantasia\u201d come canta De Gregori.<\/strong> Ma soprattutto Renato rimane il simbolo di un calcio che non c’\u00e8 pi\u00f9, il calcio genuino fatto di olio canforato e di goal immaginati alla radio, un calcio fatto di passione e pochi soldi dove anche una provinciale emergente poteva battere gli squadroni, un calcio fatto di onest\u00e0 ed entusiasmo.<\/p>\n

Forse \u00e8 per questo che il\u00a0 suo cuore non si \u00e8 fermato alle 15.34 di quel 30 ottobre ma batte ancora in quello dei tifosi del Grifo. Forse \u00e8 per questo che i ragazzi della \u201cNord\u201d vorrebbero che nessuno indossasse mai pi\u00f9 quella maglia rossa numero 8.\"\"<\/a><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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