{"id":12687,"date":"2012-09-06T14:27:45","date_gmt":"2012-09-06T12:27:45","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=12687"},"modified":"2015-08-07T15:37:05","modified_gmt":"2015-08-07T13:37:05","slug":"quando-lecumenismo-smise-di-essere-tabu","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/quando-lecumenismo-smise-di-essere-tabu\/","title":{"rendered":"Quando l\u2019ecumenismo smise di essere tab\u00f9"},"content":{"rendered":"
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L\u2019incontro - il 10 marzo scorso - tra Benedetto XVI e il Primate anglicano Rowan Williams<\/figcaption><\/figure>\n

Il dialogo con il luteranesimo e l\u2019anglicanesimo \u00e8 stato al centro della riflessione che gli ex allievi di Benedetto XVI<\/strong> hanno messo a tema del loro incontro, ormai una tradizione, nel cosiddetto Ratzinger Sch\u00fclerkreis<\/em>. E proprio il dialogo ecumenico, o meglio lo \u201cscandalo della divisione\u201d, \u00e8 stato uno dei temi che pi\u00f9 hanno segnato il cammino del Vaticano II. \u201cIl ristabilimento della piena unit\u00e0 da promuoversi fra tutti i cristiani \u00e8 uno dei principali intenti del sacro Concilio Vaticano II\u201d, e la divisione \u201cnon solo contraddice apertamente la volont\u00e0 di Cristo, ma \u00e8 anche scandalo al mondo\u201d. Gi\u00e0 da queste parole, dalle prime righe del decreto Unitatis<\/em> redintegratio<\/em> si capisce l\u2019aria nuova che i Padri conciliari hanno voluto portare nei lavori dell\u2019assise. Parole scritte cinquanta anni fa e, sicuramente, ancora attualissime. Prima del Vaticano II la Chiesa cattolica guardava con grande prudenza al movimento ecumenico, e i suoi esperti ricevevano con il contagocce il permesso per partecipare agli incontri internazionali. L\u2019unit\u00e0 delle Chiese non aveva come parola-chiave il dialogo: era vista pi\u00f9 come un ritorno all\u2019ovile dei cosiddetti \u201cfratelli separati\u201d, quasi \u201cdissidenti\u201d che dovevano far ritorno nella Chiesa coprendosi il capo di cenere. Cosa succede con il Concilio? La Chiesa cattolica ammette le proprie lentezze, le proprie colpe nello scandalo della divisione, e riconosce che anch\u2019essa deve innanzitutto convertirsi per portare il proprio contributo alla restaurazione dell\u2019unit\u00e0. In questo cammino che precede, e accompagna, il Concilio ci sono uomini, storie, momenti che ne segnano i passi, perch\u00e9 la ricomposizione dell\u2019unit\u00e0 venga posta al centro delle preoccupazioni e degli obiettivi della Chiesa. Il primo nome \u00e8 sicuramente quello del card. Agostino Bea<\/strong>, il gesuita tedesco, ex confessore di Pio XII, nominato cardinale da papa Roncalli e, gi\u00e0 ottantenne, messo alla guida del Segretariato per l\u2019unione dei cristiani: \u00e8 lui il principale artefice del profondo cambiamento di mentalit\u00e0 della Chiesa cattolica sulla questione della unit\u00e0 delle Chiese.<\/p>\n

Con lui, come non ricordare<\/strong> il suo successore alla guida del dicastero vaticano, il cardinale olandese Johannes Willebrands<\/strong>, gi\u00e0 stretto collaboratore del card. Bea. \u00c8 lui, Willebrands, a fondare nel 1952 la \u201cConferenza cattolica per le questioni ecumeniche\u201d. Un lavoro oscuro, spesso ignorato se non addirittura ostacolato, fatto a livello personale e condotto senza aver ricevuto deleghe da parte vaticana, n\u00e9 riconoscimenti ufficiali; ma proprio tutto questo, quel tessere rapporti con esponenti delle Chiese ortodosse e protestanti, ha permesso il grande passo ecumenico del Vaticano II. Certo ci voleva un Papa come Roncalli<\/strong> che gi\u00e0 da Patriarca a Venezia aveva intrapreso un cammino di dialogo con le altre Confessioni; un Papa che vuole a Roma una donna, Maria Vingiani, chiamata a dare seguito, nella capitale, all\u2019attivit\u00e0 di un Segretariato per le attivit\u00e0 ecumeniche messo in piedi timidamente nella citt\u00e0 lagunare. Un Papa, ancora, che chiama come perito al Concilio il teologo francese Yves Congar<\/strong> che a met\u00e0 degli anni \u201940, per aver teorizzato un ecumenismo cattolico, \u00e8 censurato dal Sant\u2019Uffizio, sospeso dall\u2019insegnamento e mandato in \u201cesilio\u201d. E il primo capitolo di Unitatis<\/em> redintegratio<\/em> vede cambiare il titolo da \u201cPrinc\u00ecpi di un ecumenismo cattolico\u201d a \u201cPrinc\u00ecpi cattolici dell\u2019ecumenismo\u201d: una trasformazione non da poco. Giovanni XXIII chiama inoltre la Chiesa a guardare pi\u00f9 a ci\u00f2 che unisce e non a ci\u00f2 che divide, e cos\u00ec si riscopre la profondit\u00e0 dei legami con il mondo ortodosso e si rilegge quell\u2019origine apostolica che parla di fede comune, di sacramenti e del vincolo essenziale del battesimo. Verranno poi altri uomini e altri passi importanti, a cominciare da quel gesto, gennaio 1964, tra Paolo VI<\/strong> e il Patriarca di Costantinopoli Atenagora<\/strong>, che si abbracciano e pregano assieme a Gerusalemme. E questo prima ancora di un atto formale come la cancellazione delle reciproche scomuniche: verr\u00e0 successivamente e vedr\u00e0, alla conclusione del Vaticano II, Papa Montini recarsi a Istanbul nella sede del Patriarcato ecumenico.<\/p>\n

\u00c8 l\u2019inizio del dialogo<\/strong> della carit\u00e0, che porter\u00e0 Papa Wojtyla<\/strong> a compiere gesti eclatanti come la visita alla Chiesa luterana di Roma, alla Chiesa ortodossa greca ad Atene con la richiesta di perdono per le colpe commesse dai cattolici in occasione delle Crociate. Ancora i viaggi a Canterbury, la prima volta di un Papa dal Primate anglicano dopo lo scisma di Enrico VIII, al Consiglio ecumenico di Ginevra, e alla sinagoga di Roma. Gesti che Benedetto XVI, nonostante le difficolt\u00e0 di un dialogo che ha conosciuto e conosce nuovi ostacoli – una teologia legata rigidamente all\u2019idea di autocefalia propria delle Chiese ortodosse, la questione dei beni confiscati e poi, crollati i muri, richiesti dalle Chiese greco-cattoliche, legate a Roma ma che conservano il rito proprio della tradizione orientale; ancora, il conferimento del sacerdozio alle donne nella Comunione anglicana – continua a proporre alla Chiesa. E se Giovanni Paolo II ha parlato di unit\u00e0 nella verit\u00e0, sottolineando che nel processo ecumenico occorre avere pazienza, che \u201cnon significa inattivit\u00e0 o rassegnazione\u201d perch\u00e9 la Chiesa cattolica \u00e8 impegnata nel movimento ecumenico \u201ccon una decisione irrevocabile\u201d, Papa Benedetto a Erfurt, la citt\u00e0 di Lutero, nel suo discorso nell\u2019antico convento agostiniano dir\u00e0: \u201cLa cosa pi\u00f9 necessaria per l\u2019ecumenismo \u00e8 innanzitutto che, sotto la pressione della secolarizzazione, non perdiamo quasi inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in comune, che di per s\u00e9 ci rendono cristiani e che ci sono restate come dono e compito. \u00c8 stato l\u2019errore dell\u2019\u2018et\u00e0 confessionale\u2019 aver visto per lo pi\u00f9 soltanto ci\u00f2 che separa, e non aver percepito in modo esistenziale ci\u00f2 che abbiamo in comune nelle grandi direttive della sacra Scrittura e nelle professioni di fede del cristianesimo antico. \u00c8 questo per me il grande progresso ecumenico degli ultimi decenni: che ci siamo resi conto di questa comunione e, nel pregare e cantare insieme, nell\u2019impegno comune per l\u2019ethos<\/em> cristiano di fronte al mondo, nella comune testimonianza del Dio di Ges\u00f9 Cristo in questo mondo, riconosciamo tale comunione come il nostro comune fondamento imperituro\u201d.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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