{"id":1119,"date":"2001-09-07T00:00:00","date_gmt":"2001-09-06T22:00:00","guid":{"rendered":"http:\/\/www.lavoce.it\/?p=1119"},"modified":"2015-07-14T13:09:13","modified_gmt":"2015-07-14T11:09:13","slug":"riflessioni-sul-g8-al-di-la-delle-violenze","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.lavoce.it\/riflessioni-sul-g8-al-di-la-delle-violenze\/","title":{"rendered":"Riflessioni sul G8 al di l\u00e0 delle violenze"},"content":{"rendered":"

Del G8 di Genova \u00e8 rimasto solo l’eco delle inchieste e delle iniziative giudiziarie. Ma \u00e8 opportuno andare oltre i drammatici elementi di cronaca e guardare ai fatti da una prospettiva pi\u00f9 ampia. Perch\u00e9 il G8 \u00e8 stato ben altro. Con ben altre prospettive. Anche per il mondo cattolico. Il G8 \u00e8 stato un’occasione eccellente per riflettere sulla globalizzazione quale segno ambivalente e complesso dei nostri tempi. Essa, infatti, da un lato avvicina le persone e i popoli ed dall’altro esclude molti, creando una sorta di nuovo apartheid.Un’indicazione \u00e8 emersa con tutta evidenza: la globalizzazione non pu\u00f2 essere lasciata al dominio del mercato, ma va regolata e governata attraverso il rilancio della politica. Quale politica? E’ sotto gli occhi di tutti che gli scandalosi squilibri sociali ed economici esistenti a livello mondiale sono dovuti ad un deficit della politica che soffre di una carenza d’etica in chi detiene il potere. Per rimediare ci vuole una rivoluzione etica, una vera e propria conversione della politica alla solidariet\u00e0. Come indicato da Giovanni Paolo II occorre globalizzare la solidariet\u00e0. Per questo obiettivo il G8, pur con i passi in avanti registrati, da solo non basta. Non si tratta pi\u00f9 di aiutare, di venire incontro ai paesi poveri. Si tratta di fare equit\u00e0, di ridare ci\u00f2 che \u00e8 dovuto in termini di giustizia. Solo nel quadro dell’ONU potr\u00e0 realizzarsi un vasto consenso per passi reali per fronteggiare gli angosciosi problemi della miseria, delle malattie e delle diseguaglianze. La Chiesa ha fatto molto. Con l’esperienza e una storia maturata in tanti secoli di missione vissuta per e con i poveri: i missionari, le iniziative di cooperazione, i gemellaggi tra le Chiese, il condono del debito estero dei paesi poveri posto con forza da anni e specialmente in occasione del Giubileo del 2000, gli stessi viaggi del Papa in tutto il mondo. La dottrina sociale cristiana da tempo ha affrontato le problematiche relative alla mondializzazione: dai documenti conciliari alla Populorum progressio di Paolo VI, alla Sollicitudo rei socialis e alla Centesimun annus di Giovanni Paolo II. La stessa Giornata mondiale della Pace, celebrata il primo giorno dell’anno, spesso ha trattato i temi della giustizia e della fraternit\u00e0. Forti di questo ricco patrimonio i cattolici a Genova hanno fatto sentire la loro voce, in modo originale. Ben 60 associazioni hanno saputo mettersi insieme e lavorare a fianco degli altri, senza annacquarsi o mimetizzarsi, ma marcando una loro specificit\u00e0. Hanno fatto proposte di forte spessore contenutistico (un apposito documento \u00e8 stato consegnato alle autorit\u00e0) e hanno manifestato all’insegna del pi\u00f9 rigoroso rifiuto della violenza. Attestando che la fede cristiana non solo non estranea dai problemi ma pone al passo con i tempi pi\u00f9 di altri. Ora v’\u00e8 una grande responsabilit\u00e0 da esercitare: quella di non sminuire il grande valore positivo dell’iniziativa, facendo s\u00ec che la mobilitazione genovese non rimanga una fatto solitario. C’\u00e8 chi si \u00e8 chiesto se Genova non abbia rappresentato per i cattolici una nuova fase di mobilitazione culturale e politica. Magari pensando al dopo DC e alla riesumazione della presenza unitaria dei cattolici in politica. Ben altro approccio merita la questione. Io credo che l’iniziativa genovese delle tante e cos\u00ec diverse associazioni cattoliche sia segno di non poco conto di qualcosa che sta succedendo, anche se \u00e8 ancora presto per sapere bene che cosa e quali possano essere gli sviluppi. Forse questa nuova capacit\u00e0 di stare insieme (specie tra le diverse associazioni giovanili) \u00e8 frutto del Giubileo, della straordinaria Giornata mondiale della Giovent\u00f9 di Tor Vergata. Ritengo per\u00f2 che vi siano elementi di novit\u00e0. Vi sia cio\u00e8 una coscienza politica pi\u00f9 evidente di quanto si pensi. Una consapevolezza che si fa strada: l’idea che l’impegno personale o di gruppo o di associazione (nel volontariato, nella lotta alle vecchie e nuove povert\u00e0, nelle ONG che operano nel 3’mondo, nella pastorale sociale e del lavoro, nell’animazione giovanile, ecc.) non sia pi\u00f9 sufficiente se non si accompagna ad una spinta pubblica tesa a ridurre gli squilibri che producono emarginazione. Far politica, allora, come nuova frontiera d’evangelizzazione: conoscere e discernere la realt\u00e0 e organizzarsi lavorando insieme agli altri, nel dialogo e nel confronto, senza illudersi di poter fare da soli. Far politica avendo maggiore coscienza di s\u00e9, scoprendo che c’\u00e8 un’area cattolica che ha il desiderio e la capacit\u00e0 di prendere l’iniziativa, rompendo vecchi schemi e steccati, dimostrando che l’identit\u00e0 sociale e culturale cristiana pu\u00f2 essere una risorsa. Il Papa, la Gerarchia ecclesiastica stanno facendo la loro parte: sulla globalizzazione si sta riscrivendo un nuovo capitolo della DSC. Debbono essere per\u00f2 i laici in frontiera a impegnarsi per dare risposte a problematiche e interrogativi nuovi. I cattolici non perdano un’irripetibile occasione per far conoscere e affermare la loro via per una globalizzazione a misura d’uomo.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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